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Rassegna del 6 Settembre 2018
    

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Nessuna privativa comunale per i rifiuti che le imprese avviano al riciclo


Nessuna privativa comunale per i rifiuti che le imprese avviano al riciclo

Le imprese possono avviare al riciclo i rifiuti, anche se il Comune li ha assimilati agli urbani, tramite operatori privati autorizzati diversi dal concessionario pubblico del servizio pubblico di raccolta. Questo comportamento non solo non è vietato ma incrementa la resa delle attività di recupero - i rifiuti sono selezionati all’origine per tipologia, omogenei e con minori quantità di materiali estranei – e riduce i costi che l’amministrazione pubblica deve sopportare. Per questo motivo, da molti anni, è prevista una riduzione della tassa rifiuti.

Di Paolo Pipere, consulente giuridico ambientale e segretario associazione italiana esperti ambientali (ASSIEA)


La questione può sembrare controversa, perché molti regolamenti comunali non prevedono ancora la riduzione della tassa rifiuti (TARI) per gli scarti “assimilati agli urbani” avviati al riciclo con operatori privati. La legge, alla quale i regolamenti devono necessariamente dare completa attuazione, la prescrive in modo chiaro e fornisce l’indicazione metodologica per calcolare la riduzione, pertanto i regolamenti non conformi devono essere aggiornati.

La riduzione della tassa per i rifiuti avviati al riciclo
La legge istitutiva della TARI, Legge 147/2013 (legge di stabilità 2014), all’Art. 1, comma 649, prevede che:
«649. Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati».
Le imprese e gli enti possono quindi avviare autonomamente al riciclo i rifiuti speciali, anche se questi ultimi sono stati assimilati agli urbani. Tale comportamento non solo è ammesso, ma è incentivato tramite la riduzione della componente variabile della tassa, in quanto tale scelta non fa gravare ulteriori costi sull’amministrazione comunale tenuta a garantire la raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati agli urbani.
A ulteriore conferma di questa specifica intenzione del legislatore, deve essere ricordato che in una prima versione della medesima norma il comma 661, oggi abrogato, stabiliva che: «Il tributo non è dovuto in relazione alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero».
Pertanto, come disposto dal comma 649 della legge istitutiva della TARI, è possibile ottenere la riduzione della tassa per i rifiuti assimilati agli urbani che le imprese scelgono di avviare autonomamente al riciclo (non allo smaltimento) servendosi degli operatori privati autorizzati.

Le conferme della magistratura
Anche in passato, come confermato dalla giurisprudenza, i rifiuti assimilati agli urbani avviati autonomamente al recupero dal produttore erano sottratti al regime della privativa comunale.

La Corte di Cassazione Civile, Sez. 5, con sentenza n. 15832 del 15/06/2018, ha chiarito che:
«L'esonero dalla privativa comunale, previsto appunto in caso di detto comprovato avviamento al recupero dall'art. 21, comma 7, del decreto Ronchi, determina, quindi, come già evidenziato, non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal d.lgs. n. 507 del 1993, citato art. 62, comma 3, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto, a consuntivo, in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal d.lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2, e poi, più specificamente, dall'art. 49, comma 14, del decreto Ronchi e dal d.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2, il quale, nell'approvare il "metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani", può, nella fase transitoria, essere applicato dai Comuni anche ai fini della TARSU). Se anche non dovesse trovare applicazione alla fattispecie l'art. 49, comma 14, d.lgs. n. 22 del 1999, riferibile alla TIA e non alla TARSU, l'art. 7 del d.P.R. n. 158 del 1999 prevede non già l'esenzione dall'imposta, ma soltanto una sua riduzione nel caso in cui i rifiuti speciali assimilati a quelli urbani (come quelli in esame) vengano avviati a recupero direttamente dal produttore,purché il servizio sia istituito e sussista la possibilità dell'utilizzazione».

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9731 del 2015, ha affermato i seguenti principi:
«In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), l'esonero della privativa comunale, previsto dall'art. 21, comma 7, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. decreto Ronchi), in caso di avviamento a recupero dei rifiuti speciali assimilabili a quelli urbani direttamente da parte del produttore, determina non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dall'art. 62, comma 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, per il solo caso di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto, a consuntivo, in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero, ponendosi a carico dei produttori di rifiuti assimilati l'onere della prova dell'avviamento al recupero dei rifiuti stessi».

Nel caso di inadempienza del Comune tale coefficiente di riduzione, in presenza dei presupposti indicati dalla norma, può essere individuato dal giudice tributario, “non potendosi far ricadere sul contribuente inadempienze ascrivibili al Comune” (Cass. n. 6358/2016).

Il TAR della Puglia con recente sentenza n. 351 del 01/03/2018 ha precisato che:
«Invero, in tema di avviamento al recupero dei rifiuti speciali assimilati (e assimilabili), l'operatore economico ha l'onere di dimostrare l'effettivo e corretto avviamento al recupero attraverso valida documentazione comprovante il conferimento dei rifiuti, innanzitutto, a soggetti autorizzati a detta attività in base alle norme del D.Lgs n. 22 del 1997 (ora d.lgs.152/2006) e i quali poi abbiano rilasciato il prescritto formulario di identificazione o, in caso di mancata ricezione di questo, altra idonea attestazione.
 
In secondo luogo, l'esonero dalla privativa comunale, previsto appunto in caso di detto comprovato avviamento al recupero, determina non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, citato art. 62, comma 3 per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto - a consuntivo - in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero (in virtù di quanto previsto, in generale, già dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2 e poi, più specificamente, dall'art. 49, comma 14, del decreto Ronchi e dal D.P.R. n. 158 del 1999, art. 7, comma 2, il quale, nell'approvare il "metodo normalizzato per la determinazione della tariffa di riferimento per la gestione dei rifiuti urbani", può, nella fase transitoria, essere applicato dai Comuni anche ai fini TARSU)».

Tale impostazione, peraltro, è stata confermata anche dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che già con delibera AS879 del 15 settembre 2011 ha osservato come, sin dal Decreto Ronchi, “il legislatore abbia stabilito che i Comuni dispongono di una privativa generale per la gestione dei rifiuti solidi urbani e assimilati (Rsu), ma che tale privativa non si estende anche alle attività di recupero di tali rifiuti. In sostanza, la normativa dell’epoca ha disposto una privativa comunale per le attività di raccolta, trasporto e smaltimento dei Rsu, aprendo però alla libera concorrenza le altre attività di trattamento e recupero/riciclaggio degli stessi. Il successivo Decreto Legislativo n. 152/06 (cosiddetto Testo unico ambientale o TUA) ha mantenuto tale impostazione, tuttora vigente”.

Nessuna privativa e riduzione della TARI
È appurato che i rifiuti speciali assimilati avviati a recupero non ricadano nella privativa comunale. L’impresa o l’ente che li ha prodotti può quindi legittimamente  decidere di affidarli a un soggetto privato autorizzato, al di fuori del circuito pubblico di raccolta dei rifiuti urbani e assimilati. La prova dell’avvenuto avvio a riciclo è condizione essenziale per la riduzione della tassa rifiuti e non per la riduzione della superficie aziendale tassabile.

 

Di Paolo Pipere, consulente giuridico ambientale e segretario associazione italiana esperti ambientali (ASSIEA)




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