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Restituire alla natura metà del pianeta per ridurre la fame nel mondo
Restituire alla natura il 50% del pianeta permetterà di rispettare i bisogni di altre specie senza perdere produttività in agricoltura. Ecco come
Ogni giorno sulla Terra arrivano circa 386 mila nuove bocche da sfamare. Nelle stesse 24 ore, fino a 100 specie animali possono estinguersi. Per affrontare la crisi della biodiversità, ma anche la fame nel mondo – scrivono alcuni studiosi sulla rivista The Conversation – è necessario trovare un modo per dare alla natura più spazio. “La perdita dell’habitat è un fattore chiave alla base di queste estinzioni”, dicono. Eppure cedere terreno potrebbe ridurre le nostre scorte alimentari, in un pianeta la cui popolazione crescerà molto nei prossimi anni.
Una nuova ricerca pubblicata su Nature Sustainability , tuttavia, ha scoperto che dare maggior spazio alla natura, ripensando il modello di agricoltura attuale, potrebbe giovare all’uomo e alla biodiversità. L’agricoltura e gli insediamenti umani coprono già il 37% delle terre emerse (escluse le calotte glaciali), quindi è difficile pensare a come possiamo evitare di colonizzare ben metà del pianeta (questo è ciò che suggerisce la ricerca pubblicata su Nature) per rispettare i bisogni di altre specie, senza perdere terreno arabile.
Ma le perdite possono essere ridotte al minimo, anche al solo 3%, a seconda di come destiniamo alla conservazione questa terra. Se le persone gestissero il paesaggio in modo da integrare attività agricole e di conservazione della natura, i risultati potrebbero essere molto efficaci, evitando perdite nella disponibilità di cibo.
Il trucco sta nel rendere i nostri paesaggi agricoli meno ostili ad altre forme di vita. Su scala nazionale, lo studio ha individuato luoghi in cui le perdite sarebbero consistenti: tra essi l’India (22%) e la Cina (12%), due tra i paesi con il maggior numero di persone malnutrite sul pianeta, rispettivamente 195 milioni e 134 milioni.
Tuttavia, ha anche dimostrato che restituire metà del pianeta alla natura potrebbe aumentare la copertura di foreste temperate e tropicali dal 30 al 40%, il che contribuirebbe a contrastare i cambiamenti climatici e quindi a ridurre le perdite agricole da eventi estremi.
Inoltre, fare un passo indietro in favore della biodiversità, potrebbe causare una nuova crescita degli impollinatori, aumentando la quantità di cibo che possiamo produrre in una determinata area e aiutando a compensare alcune delle perdite che potrebbero derivare dalla conservazione. Fonte: nuova ecologia, 15 agosto 2018
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