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Rassegna del 8 Febbraio 2018
    

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Simona Bonafè: ora possiamo partire per una transizione verso l’economia circolare


Simona Bonafè: ora possiamo partire per una transizione verso l’economia circolare

Il 2 febbraio a Roma, nel corso del convegno “Circular Economy, le direttive europee approvate”, sono state presentate in anteprima le novità contenute nel Nuovo Pacchetto di Direttive Europee sui rifiuti e sulla circular economy approvate dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento europeo.

Il convegno è il primo di una serie di iniziative che si svolgeranno quest’anno in occasione dei 10 anni della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Hanno partecipato: il Ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, la relatrice del provvedimento al parlamento Ue, Simona Bonafè, il Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi e i rappresentanti delle organizzazioni e delle filiere dei rifiuti e della circular economy.

ESO era presente e ha partecipato al live tweeting dell’evento trasmettendo i passaggi più significativi (ripercorrilo dalla nostra pagina Twitter #CircularEconomy).

Particolarmente rilevante l’intervento di Simona Bonafè, la relatrice del provvedimento al parlamento Ue, la quale nel parlare dell’accordo ha affermato con emozione e soddisfazione che possiamo finalmente partire per una transizione verso l’economia circolare.

Sono stati rispettati i tempi, benché non fosse facile e scontato dopo un iter travagliato e un negoziato complesso. L’accordo è stato difficile perché è stato necessario trovare un punto di equilibrio tra esigenze e istanze molto divergenti.

«Si tratta di una Direttiva Quadro Europea che ha coinvolto 28 stati membri in cui ci sono delle gestioni dei rifiuti molto differenti» ha affermato Simona Bonafè. «Infatti, si sono formati due blocchi contrapposti: un blocco di stati con sovracapacità di termovalorizzazione che era anche più disponibile a bassi target di conferimento in discarica, ma non sempre ci ha supportato nei target di riciclaggio ambiziosi. L’altro blocco di stati che aveva meno flessibilità sulle discariche e difficoltà a sostenere i target di riciclaggio proposti dal Parlamento. Cito i dati delle due Presidenze con cui ho negoziato: estone e bulgara. Gli estoni hanno il 10% di conferimento in discarica e il 28% di riciclaggio, quindi quando gli si è posto l’obiettivo di raggiungere il 65% di riciclaggio, qualche problema c’è stato. La Presidenza bulgara conferisce il 64% in discarica e ricicla un po’ di più degli estoni, quindi imporgli l’obiettivo del 10% in discarica ha creato delle difficoltà. Il punto di caduta è stato complesso, ma sono soddisfatta perché il punto di caduta è stato ambizioso e non era scontato. È stato ambizioso perché non abbiamo rinunciato alla sfida della prima proposta della commissione, anche se è stato spostato il raggiungimento dei target di riciclaggio a 5 anni dopo rispetto a quanto previsto inizialmente.»

I target di riciclaggio

Nell’accordo finale è stato previsto che entro il 2025 si raggiunga il 55% di riciclaggio, entro il 2030 il 60% e nel 2035 il 65% con delle deroghe che verranno concesse, non in bianco come era stato previsto ma bensì sulla base di presupposti ben definiti.

«L’altro dato che mi rende particolarmente soddisfatta è il dato sul conferimento in discarica. Se vogliamo andare verso un sistema di economia circolare, il conferimento in discarica deve essere davvero l’ultima ratio e comunque in discarica non va più conferito niente che sia riciclabile e riutilizzabile. Il Parlamento aveva chiesto il 5% di conferimento massimo, siamo andati al 10% e anche qui con qualche deroga. Abbiamo rispettato i tempi e di rispetto dei tempi c’era un gran bisogno, perché qui noi oggi non finiamo un percorso, noi iniziamo un percorso che richiede anche investimenti, e per fare investimenti c’è bisogno di normative chiare che non cambino da qui ai prossimi due anni e che diano la traiettoria della strada che vogliamo percorrere. Queste normative oggi le abbiamo e le abbiamo nei tempi che abbiamo previsto per cui possiamo partire per questa transizione verso l’economia circolare.»

Gerarchia dei rifiuti

È stato previsto un obbligo degli Stati Membri di rafforzare la gerarchia dei rifiuti, anche con l’introduzione di strumenti fiscali adeguati: la tariffa puntuale, la fiscalità agevolata per favorire il riciclo e il riuso, l’aumento della tassazione per il conferimento in discarica (tutte misure previste all’interno del pacchetto, ma che spetta poi agli stati membri valutare se e come inserirle).

La prevenzione

Quando si parla di gerarchia dei rifiuti non si può non parlare di prevenzione. L’apporto del Parlamento su questo punto in particolare è stato fondamentale perché la proposta iniziale su cui si è svolta la discussione non andava così a fondo, e invece la prevenzione rappresenta il tasso di misurazione della transizione verso l’economia circolare. Perché se si previene la generazione dei rifiuti significa che a monte sono state messe in atto tutta una serie di pratiche virtuose che portano a produrre meno rifiuti, a eliminare gli scarti, a fare prodotti che siano più riparabili e più riciclabili. Se si previene la generazione dei rifiuti vuol dire che ci sono modelli di business che vanno nell’ottica di razionalizzare l’uso dei prodotti e di tenere più a lungo possibile in atto il ciclo di vita di un prodotto in atto.

Le misure di prevenzione a carico degli Stati: l’incoraggiamento alla produzione di prodotti che siano più ecosostenibili; la promozione di sistemi specifici che riguardano il riuso (ad es. il vuoto a rendere e la possibilità di avere sul mercato prodotti pensati in modo che abbiano componenti sostituibili con facilità). Fra le misure di prevenzione abbiamo considerato anche la responsabilità estesa del produttore, come mezzo per incentivare la produzione di prodotti e di componenti maggiormente efficienti ed ecosostenibili. Se io devo pagare per lo smaltimento di un prodotto, tenderò a fare un prodotto che mi costi meno e quindi che abbia delle componenti che siano riciclabili e sostenibili. Sempre all’interno delle misure di prevenzione, è stata inserita tutta la parte che riguarda lo spreco alimentare, parte su cui l’Italia ha giocato un ruolo di primo piano.

«La sensibilità di ridurre lo spreco alimentare che non riguarda solo la gestione dei rifiuti, ma è anche etica, l’abbiamo avanzata a EXPO come Italia e abbiamo continuato a lavorarci con grande serietà, tanto che oggi abbiamo una delle normative più avanzate d’Europa, insieme alla Francia. Abbiamo inserito per la prima volta nella Normativa Europea il riferimento allo spreco alimentare: e non è stato facile farlo, soprattutto perché la nostra intenzione era anche quella di inserire dei target di raggiungimento obbligatorio nella riduzione dello spreco alimentare, con la difficoltà che oggi c’è nel misurarne la riduzione. Per il momento siamo arrivati a target indicativi che ci portano, però, a realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite che prevedono di ridurre lo spreco alimentare al 50% da qui al 2030. E abbiamo obbligato la Commissione Europea a mettere in campo una metodologia che permetta di misurare la riduzione dello spreco alimentare in tutta Europa da qui ai prossimi anni.»

La raccolta differenziata

È stata prevista la cancellazione di tutte le deroghe in bianco: la raccolta differenziata si fa in tutti gli Stati e si fa per bene. Sono stati introdotti nuovi obblighi di raccolta differenziata, come quello dell’organico da qui al 2023. In Italia c’è, ma non è così in tutta Europa. Oltre all’organico, è stata inserita anche la raccolta di rifiuti che abbiano caratteristiche di biocompostabilità e di biodegradabilità.

È stato rafforzato l’obbligo di raccolta separata degli oli usati, per i quali è stato previsto che ci sia la priorità di rigenerazione rispetto a tutti gli altri trattamenti. L’Italia vanta il primato assoluto rispetto alla rigenerazione degli oli usati.

Metodo di calcolo

Fino ad oggi ci sono state 4 diverse metodologie per calcolare il riciclaggio. Con il nuovo pacchetto di regole è stato previsto un unico metodo di calcolo, con due punti di misurazione che però portano allo stesso effetto.

«D’ora in poi in Europa ci misureremo tutti allo stesso modo. Magari scopriremo che in Italia siamo ancora più virtuosi di quanto pensavamo, di quanto abbiamo dimostrato fino a qui.»

L’End of Waste e i sottoprodotti

«Abbiamo cercato di sburocratizzare, di rendere più facili possibile le pratiche. Perché oggi la transizione verso un’economia circolare si gioca anche sulla capacità di definire cos’è un End of Waste e cos’è un sottoprodotto. Perché l’incertezza crea anche distorsione competitiva: se un prodotto è considerato rifiuto in un paese e in un altro no, questo ha certamente un impatto sull’economia circolare.»

Il mercato delle materie prime secondarie

Se non siamo in grado di supportare il mercato delle materie prime secondarie, l’economia circolare arriva fino a un certo punto.

«Qui purtroppo l’Europa si è fermata, perché servono incentivi e fiscalità di vantaggio che sono di competenza degli Stati Membri, per cui quello che abbiamo potuto fare è semplicemente evidenziare che c’è questo tema all’ordine del giorno. Che se si vuole parlare di Economia Circolare si deve anche parlare di un mercato di materie prime secondarie: abbiamo chiesto agli stati membri uno sforzo per creare in una prima fase un mercato di materie prime secondarie che possa avere in un futuro gambe proprie e che non risenta però della competizione del costo delle commodities.»

Simona Bonafè conclude affermando che ora abbiamo delle regole e non abbiamo più scuse.

«Siamo davvero in una fase in cui anche le norme ci obbligano ad andare verso l’economia circolare. Abbandoniamo la società del riciclo dove il rifiuto è un problema, e facciamo un passo verso una società circolare dove il rifiuto non solo non è un problema, ma diventa risorsa, un elemento della competitività del nostro sistema, grazie anche all’innovazione tecnologica. Oggi non possiamo più pensare di essere competitivi sul costo del lavoro, oggi possiamo pensare di essere più competitivi sul costo delle risorse. E ora abbiamo un framework normativo che ci indica chiaramente la direzione da prendere.»

 

Nunzia Vallozzi

Ufficio Stampa Web - ESO




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