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Agricoltura + big data = più produzione e meno impatto ambientale


Monitorare la sostenibilità del suolo agricolo attraverso sensori digitali, rendere nota la provenienza di un prodotto in maniera immediata grazie ai barcode e ai Big Data. Dai droni alla logistica controllata, dallo smart packaging alle etichette intelligenti, sono oltre 300 le applicazioni dell’agricoltura 4.0 diffuse in Italia su tutta la filiera dell’agroalimentare, uno dei settori strategici per l’economia del nostro Paese.

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Secondo i risultati della ricerca dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia, l’agricoltura 4.0 ha un mercato in Italia di circa 100 milioni di euro, il 2,5 per cento di quello globale.

“La grande novità di queste tecnologie è la capacità di connettere e gestire dati. E’ così possibile aumentare le rese e la competitività della produzione agroalimentare italiana, migliorando l’efficienza operativa, riducendo l’impatto ambientale, aumentando la rapidità e la trasparenza della filiera. Un grande vantaggio considerando che stiamo assistendo a un aumento della popolazione mondiale e a una contemporanea diminuzione della superficie coltivabile” spiega a Business Insider Filippo Renga, Condirettore dell’Osservatorio Smart AgriFood.

Per esempio, l’agricoltura 4.0 permette di stabilire l’esatta quantità di acqua e nutrimenti necessari alle coltivazioni (consentendo quindi di diminuire gli sprechi e aumentare la produttività) o di tracciare e certificare prodotti dal campo fino all’industria di trasformazione (abbattendo così i costi e i tempi di verifica e garantendo maggior trasparenza).

Ad oggi però in Italia meno dell’1 per cento della superficie coltivata complessiva è gestito con questi sistemi.

“Queste ultime tecnologie sono innovazioni recenti, è naturale che la loro acquisizione richieda tempo e preparazione” commenta Renga.

Intanto sono varie le imprese in Italia che si stanno attivando in questo senso (ad esempio Auricchio, Barilla, Berlucchi, Coop, Finiper, Gruppo Italiano Vini, Latteria Plac Cremona, Latteria Soresina, Mutti, Oleificio Zucchi, Res Uvae), e un contributo importante è dato dalle startup. Secondo i dati dell’Osservatorio, sono 182 le startup internazionali Smart Agrifood nate dal 2011 ad oggi che operano nella filiera e hanno raccolto finanziamenti per 637 milioni di dollari. Fra queste, ben l’11 per cento è italiano, a dimostrazione che il nostro Paese non ha affatto un ruolo marginale, anche se il finanziamento medio ricevuto (0,7 milioni di dollari, 14 milioni complessivi) è circa sei volte inferiore alla media mondiale.

Lo Smart Agrifood trova anche un posto nel Piano Industriale 4.0 presentato da Renzi e dai ministri Calenda e Padoan e che prevede incentivi per l’acquisto di nuove tecnologie nel settore agricolo e agroalimentare, con l’obiettivo di raggiungere il 10 per cento dell’agricoltura di precisione entro tre anni.

“Il problema però è che spesso le piccole aziende agricole, a differenza dell’industria, non hanno accesso a questi incentivi perché non fanno bilancio (essendo tassate sul reddito agrario). La direzione è giusta, ma servirebbe cercare uno strumento di maggior efficacia” conclude Renga.

Tra gli esempi virtuosi di aziende che hanno deciso di investire nell’agricoltura 4.0 ci sono Bonifiche Ferraresi Spa, la più grande società agricola italiana, quotata in Borsa e con un valore della produzione che nel 2017 si è attestato a 14,3 milioni di euro.

“Usare queste tecnologie significa trovare un equilibro con l’ambiente e trasformare questo valore in un vantaggio economico” racconta Francesco Pugliese, Direttore Area Ricerca e Sviluppo di B.F. Spa. “Per esempio, eseguiamo una mappatura digitale fisica e chimica dei terreni, che ci consente di sapere in maniera esatta quanti e quali prodotti agricoli possiamo coltivare in quel lotto di terreno senza inaridirlo o senza sprecare risorse. L’anno scorso abbiamo avuto una riduzione dell’uso di concime del 15-20 per cento rispetto al 2016 e un’analoga diminuzione del passaggio di trattori e mezzi agricoli sui campi”.

Per promuovere la diffusione su larga scala dell’agricoltura 4.0, Bonifiche Ferraresi ha avviato nel 2017 una partnership con la società pubblico-privata Ismea, ente finanziatore del Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, con un investimento complessivo di 12 milioni di euro. Fondamentali per raggiungere questo obiettivo, sostiene Pugliesi, sono gli incentivi economici e una nuova cultura imprenditoriale.

“Sarebbe probabilmente più efficace se gli incentivi spingessero ad assumere comportamenti virtuosi: dovrebbero essere elargiti a quelle aziende che, utilizzando tecniche di agricoltura 4.0, dimostrano di ridurre al minimo l’impatto ambientale, a parità di prodotto” dice Pugliese.

Contemporaneamente, con l’evoluzione del mondo agricolo si crea la necessità di nuove figure professionali e di conseguenza anche di un percorso di formazione specifico.

“A Jolanda di Savoia abbiamo un campus universitario all’interno dell’azienda che mette in contatto studenti e imprese per la condivisione di know how. In Toscana abbiamo creato, in sinergia con le istituzioni locali, scuole agrarie post diploma dedicate all’agricoltura di precisione. Abbiamo inoltre messo a diposizione Bonifiche Ferraresi per lo svolgimento di una parte di un Master sull’agricoltura di precisione dell’Università di Teramo. Contribuire alla condivisione di saperi e competenze ci consente così anche di attingere a nuove risorse professionali, oggi ancora carenti sul mercato” conclude Pugliese.

 

Fonte: BUSINESS INSIDER, 7 marzo 2018




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