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Rassegna del 4 ottobre 2018
    

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Caccia, pesca e rispetto per l’ambiente: una convivenza possibile?


Da un lato le località alpine predicano l’amore per la natura e il turismo “slow”, dall’altro incentivano attività crudeli verso gli animali. Un’apparente incoerenza che fa discutere

D’estate trekking, mountain-bike e sport all’aria aperta. In autunno in montagna i ritmi rallentano, e sembra di assistere a un documentario del National Geographic. I boschi si accendono di mille colori e lungo tutto l’arco alpino le attività da adrenaliniche si fanno via via più bucoliche: birdwatching, workshop fotografici nella natura, passeggiate a piedi nudi nel bosco per catturare le sfumature del “foliage”, escursioni notturne per ascoltare il bramito dei cervi in amore e assistere al rito di corteggiamento delle femmine da parte del signore delle foreste.

Foliage, birdwatching e tiro al camoscio

Tutto molto green e naturale, insomma. Settembre è però anche il mese in cui si apre la stagione della caccia, uno sport che di sportivo, apparentemente, ha ben poco. A meno naturalmente di considerare etico far soffrire per divertimento degli esseri viventi (e senzienti), come lo sono appunto lepri e camosci.

Lungi da noi voler demonizzare l’attività venatoria, in quota o in pianura che sia. Il punto è un altro: come fanno località e amministrazioni alpine a conciliare il rispetto dell’ambiente, di cui ne fanno una bandiera anche in chiave turistica, con la promozione di pratiche ludiche crudeli verso gli animali come caccia e pesca?

«Sulla questione etica di caccia e pesca lascio a ciascuno valutare secondo i propri valori e la propria coscienza - spiega Maurizio Zanin, dirigente del Servizio Foreste e Fauna della provincia autonoma di Trento, territorio da sempre all’avanguardia a livello di conservazione della natura -. Da un punto di vista tecnico posso però dire che da noi vige un principio fondamentale: e cioè che qualsiasi intervento deve prevedere prima la conoscenza del patrimonio e poi una pianificazione faunistica sempre calibrata in ottica di ecosostenibilità ambientale e salvaguardia del territorio».

La gestione venatoria è dunque una parte di quella faunistica, che comprende ovviamente anche specie non cacciabili come orsi, lupi o linci. «L’entità degli abbattimenti è decisa sulla base della consistenza della popolazione selvatica, che va contenuta anche a fini di sicurezza stradale e di tutela dell’agricoltura».

E i cervi, di cui prima s’invitano i turisti ad ascoltare il romantico bramito e poi a ottobre si autorizza l’abbattimento da parte dei cacciatori? 

Caccia proibita durante la stagione degli amori

«Sempre in ottica di conservazione e rinnovamento delle specie, in Trentino la caccia è proibita durante il periodo riproduttivo: dei cervi così come dei caprioli. Solo per il camoscio non c’è interruzione dell’attività venatoria durante la stagione dell’amore. Ma il carico degli ungulati dev’essere equilibrato. Oggi nella sola provincia di Trento se ne contano circa 75 mila esemplari: non sono pochi».

Dalla caccia alla pesca, la questione non cambia. Un articolo pubblicato quest’estate su La Stampa sull’eticità o meno della pesca sportiva aveva suscitato la strenua difesa dei pescatori in nome dell’ecosostenibilità della cosiddetta pratica “no kill”, ovvero con rilascio in acqua di trote e temoli dopo la cattura. «Se si osservano i dovuti accorgimenti - amo senza ardiglione, esca artificiale, utilizzo di guadino gommato, mani bagnate, slamamento rapido in acqua, ndr - i danni agli animali risultano limitati e nella maggior parte dei casi sopravvivono», avevano fatto osservare i pescatori “responsabili”. Già, «se». 

Pescatori “responsabili” e turisti della domenica

Gli stessi pescatori avevano sottolineato anche la loro importanza nella tutela ambientale, nella vigilanza contro l’inquinamento, nella prevenzione contro il bracconaggio e nel ripopolamento delle acque. Vero. Il fatto è che d’estate sulle Alpi gran parte dei pescatori sono turisti fai-da-te, non pescatori esperti che praticano la pesca “catch&release” con le necessarie precauzioni. 

Si fanno un selfie stringendo in mano il trofeo boccheggiante, lo lasciano agonizzare in un sacchetto di plastica e poi la sera se lo cucinano al cartoccio. Gli stessi pescatori della domenica che poi magari a Pasqua si indignano sui social per la strage degli agnelli innocenti.

«In Trentino la pesca sportiva è un fiore all’occhiello della gestione faunistica – aggiunge Maurizio Zanin. L’habitat idrico è più delicato di quello forestale perché ha molte più interferenze che possono danneggiarlo: per questo oltre alla vigilanza compiuta da pescatori e guardapesca è importante effettuare una reintroduzione controllata, attenta anche alla conservazione di specie pregiate come la trota marmorata e il salmerino alpino». In attesa dell’orda di turisti-pescatori la prossima estate.

 

Fonte: LA STAMPA, 25 settembre 2018




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