La newsletter di ESO
Twitter facebook Youtube Linkedin


Rassegna del 25 Gennaio 2018
    

GoGreen Newsletter

Economia circolare: il giro si chiude (anche) con la moda


Dalla plastica ai tessuti, tutto si può rigenerare. L’ex velista lo ha capito circumnavigando in solitaria la Terra. È nata una Fondazione che spinge le industrie a cambiare modo di produrre. Guadagnandoci

di Maria Silvia Sacchi

Quando la città più vicina è a molte miglia da te e ciò che hai in barca deve permetterti di arrivarci sano e salvo, ecco che allora che capisci «il concetto di finito». Perché se non stai attento a come consumi ciò di cui disponi, la terraferma non la toccherai mai. Ellen MacArthur è giunta proprio così a pensare alla teoria dell’economia circolare e alle sue opportunità economiche che stanno prendendo sempre più consistenza: andando in barca. Quella che desiderava da bambina a soli 4 anni, per cui ha messo da parte i risparmi di ragazzina e con cui ha vinto molte sfide, fino a essere (tra l’altro) la velista più veloce a fare il giro del mondo in solitaria.È stato mentre andava per mare che ha cominciato a scrivere le prime riflessioni su come utilizzare al meglio le risorse del pianeta. Perché un pianeta, come una barca, è un sistema chiuso con risorse limitate, con l’aggravante che il pianeta non può fermarsi a fare rifornimento.
«Non c’è stato un momento preciso, direi che arrivare all’economia circolare è stato come un viaggio — racconta MacArthur incontrata a Londra a margine dell’incontro annuale di Business of fashion —. Ho iniziato inconsciamente, prima che pensassi anche lontanamente a fare qualcosa diverso dalla vela. Credevo ci fossero molte materie prime, ma se si va a guardare non è vero. Il petrolio non durerà per sempre. Pensavo ci fossero soluzioni a questo problema. Ma quando le ho guardate, ho capito che comprendevano tutte il fatto di usare meno materiali ed energia. È ovvio, se hai materiali finiti sei cauto nel modo di utilizzarli, ma questo ti fa solo guadagnare del tempo. Ero molto frustrata perché cercavo una soluzione e non la trovavo. Fino a quando, a un certo punto, girando in barca intorno alla terra, ho capito che l’idea del cerchio poteva funzionare. Era una grande opportunità».

Lungo periodo

Lasciata la vela nel 2005, MacArthur ha creato nel 2010 la MacArthur Foundation che si dedica a valutare in termini di business e di denaro l’applicazione di una teoria che sintetizza — come sottolinea la stessa Fondazione — diverse importanti scuole di pensiero (da Walter Stahel a Cradle a William McDonough e Michael Braungart; da Janine Benyus a Reid Lifset e Thomas Graedel; da Amory e Hunter Lovins e Paul Hawken a Gunter Pauli).
L’economia lineare che usiamo oggi – spiega Ellen – prende qualcosa, lo trasforma e poi lo butta; mentre l’economia circolare disegna delle cose per cui le materie prime finiscano per tornare nel cerchio, non perdano il proprio valore durante il processo. È una economia in cui non esistono rifiuti perché tutto è già pensato per essere materia prima per un prodotto nuovo secondo un concetto, appunto, di circolarità.
Tradotto in numeri, «per esempio nella sola moda adottare l’economia circolare rappresenta un business da 500 miliardi di dollari». Basta fare una moltiplicazione per capire il potenziale che esiste applicando il concetto all’intera industria. Per questo Ellen MacArthur è molto fiduciosa. «Da quando abbiamo iniziato la nostra attività produciamo report su diverse industrie, settori, territori e tutti ci fanno vedere quanti sono i benefit per le aziende — dice la Ceo della Fondazione —. E questa è una delle ragioni per cui sempre più imprese si interessano all’economia circolare. Ma ci sono anche industrie che stanno capendo che non si può più continuare a lavorare come si è fatto finora. Nella moda abbiamo lavorato insieme a Stella McCartney ed è molto interessante quello che abbiamo imparato — prosegue —. Negli ultimi 15 anni si è prodotto il doppio degli articoli, ma questi stessi articoli vengono indossati un terzo di meno. Allo stesso tempo, le previsioni di abbigliamento per la Cina ci dicono che ci sarà un raddoppio nei prossimi 10 anni: non è sostenibile: la maggior parte dei prodotti è basata su materie prime finite, il 60% contiene plastica… Siamo di fronte a un grosso cambiamento globale, sta mutando il modo di pensare, anche di molte industrie manifatturiere, rispetto a solo cinque anni fa. Guardiamo a come si è modificata l’industria del turismo con Airbnb, quale rottura del sistema abbia prodotto la sharing economy… Il futuro sarà diverso e le aziende lo hanno capito. Stiamo lavorando nell’alimentare sugli imballaggi, facendo studi sui tessuti, sulle città, sulle auto e le banche…»

La spinta

Quali sono i Paesi più interessati? L’Italia lo è davvero? «Abbiamo visto un interesse importante da parte del vostro Paese, sia lavorando con le aziende sia anche con il governo, di cui abbiamo incontrato alcuni membri. Abbiamo avuto conversazioni fantastiche non solo in Italia, ma anche in Spagna, in America, nel Regno Unito, in Brasile, Cina, India… Davvero — sottolinea con entusiasmo MacArthur — c’è tanto interesse e stiamo già vedendo il cambiamento: In America è nato Rent the Runway (permette di affittare – invece di acquistarli – abbigliamento, accessori, oggetti di design, ndr) che dopo otto anni vale 1 miliardo di dollari», in Cina stanno crescendo iniziative analoghe.
«Certamente è più facile per un’azienda che nasca già basata sul principio dell’economia circolare che non per una esistente che deve modificare il proprio modello dei business. L’idea — dice — è semplice, più difficile metterla in pratica perché non bisogna pensare solo al design e ai materiali, ma anche a come quei materiali torneranno nel sistema».
A spingere sono, soprattutto, i giovani e i giovanissimi. «Lavoriamo moltissimo con gli studenti, dai 14 anni fino all’università — racconta MacArthur —. Abbiamo un network di università come Berkley, Mit, Stanford e altre e vediamo che gli studenti capiscono benissimo l’economia circolare perché si parla di lavori, di innovazione, del futuro». Per MacArthur, però, la vera sfida è che a capirlo siano le industrie. «Bisogna cambiare il sistema e questo non può essere solo una richiesta dei consumatori, anche se aiuta. Abbiamo dato uno schema di cos’è l’economia circolare e di come funziona, ora tocca alle aziende decidere. Capire se vogliono sbloccare o meno i miliardi di dollari possibili».

 

Fonte: CORRIERE DELLA SERA, 15 gennaio 2018




Torna alle notizie GOGREEN




Rassegna del 25 Gennaio 2018
 
8 di 24 della rassegna...
    
L’Economia Circolare a BICI ACADEMY con il progetto esoport bike


MUD 2018: nuovo modulo, vecchi problemi


La nuova Strategia di Sviluppo Sostenibile dell'Italia e le opportunità per la Green Economy


Ecco i paesi più green del mondo


8 aprile 2018, l’Associazione GOGREEN – onlus corre la Milano Marathon


UNI ISO 26000: le buone pratiche di CSR italiane diventano internazionali
Fonte: nonsoloambiente, 17 gennaio 2018

Adottata dalla UE una strategia anti plastica
Fonte: INFOBUILD, 24 gennaio

Ecco come la plastica finisce negli Oceani
Fonte: WISE SOCIETY, 17 gennaio 2018

 
 
Privacy   |   Supporto

www.eso.it - info@eso.it