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ISSUE 306

Smartphone ricondizionati, un bene per l’ambiente: spiegato il motivo

Gli smartphone ricondizionati sarebbero un ottimo alleato nei confronti della tutela dell’ambiente: in che modo e quanto farebbero risparmiare.

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Smartphone ricondizionati, un bene per l’ambiente: spiegato il motivo

Se posto a confronto dell’acquisto di un telefono nuovo, quello di uno smartphone ricondizionato non solo  sarebbe meno oneroso per le tasche dei consumatori ma ridurrebbe drasticamente il cosiddetto debito ambientale. Stando a quanto riportato dalla redazione de La Repubblica, infatti, si tratterebbe di un modo per evitare la sovrabbondanza di metalli e rifiuti speciali che si creano durante la produzione dei device nuovi. Con l’utilizzo di dispositivi ricondizionati, non vi sarebbe produzione di tali materiali, nonché problemi poi per il loro smaltimento.

 

Smartphone ricondizionati, un bene non solo per i portafogli ma anche per l’ambiente: i dati

 

Un’attenta analisi quella svolta da La Repubblica sul tema degli smartphone ricondizionati. Questi ultimi sono praticamente cellulari usati che vengono reimmessi sul mercato dopo un’attenta valutazione sulle loro condizioni ed il loro funzionamento. A prescindere da chi li effettui, tratto comune è l’esame totale di tutti i suoi componenti dall’hardware al software che ne consento poi una sicura rivendita. Il mercato del second-hand dei dispositivi mobili è in costante aumento: una notizia positiva soprattutto per l’ambiente che ne trarrebbe diversi vantaggi.

 

Per valutarne i benefici basta lanciare uno sguardo a quelli che sono i dati sullo smaltimento dei vari rifiuti che li compongono. La Repubblica cita il rapporto “The Global E-waste Monitor 2020” secondo cui nel 2019 sono stati prodotti ben 53,6 milioni di tonnellate di Raee (Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche). Di questi ben 4,7 milioni di tonnellate ricollegati a prodotti informatici, tra cui appunto gli smartphone. Il dato allarmante è che di tale ingente mole solo poco meno di 10 milioni di tonnellate sarebbero stati reimpiegati, mentre la restante parte sarebbe finita nelle mani delle mafie.

 

I cellulari ricondizionati si piazzano all’interno di un meccanismo saturo di sperpero. A ritmi frenetici, infatti, le case produttrici sono costrette a proporre dei modelli sempre più tecnologici per non rimanere indietro e farsi superare, in termini di vendite dai competitor. Eppure acquistando uno smartphone di seconda mano i benefici che ne trarrebbe l’ambiente sarebbero inestimabili. Si stima, riporta La Repubblica, che con un cellulare ricondizionato si andrebbero a risparmiare ben 185 grammi di rifiuti tecnologici. Dato che si traduce in un taglio dell’84% di anidride carbonica rispetto a quando si decide di comprare un cellulare nuovo. A riconferma un altro studio del Refurbed che parla del 70% di emissioni di gas serra in meno se viene scelto un ricondizionato poiché si eviterebbe l’emissione di 5,13 chili di anidride carbonica.

 

Non solo, si eviterebbe altresì l’estrazione di 200 chili di materiali rocciosi che poi vengono utilizzati per la produzione di pezzi nuovi per cui spesso si impiega manovalanza sfruttata dal comparto criminale. Si pensi all’oro in Congo, riferisce La Repubblica, per il cui recupero si impiegano anche i bambini.

 

A non poco rileva anche la tipologia dei materiali utili per la produzione dei cellulari. Il cobalto ad esempio, divenuto sempre più raro in natura e per la cui estrazione si ingaggiano vere e proprie guerre. Ma anche per lo zinco, l’argento, il nickel, il discorso non cambia essendo le milizie armate a dettarne il controllo ed impiegare gli utili per acquistare materiale bellico. A questi si aggiungono le “Terre Rare” si tratta di diciassette elementi che vengono utilizzati per ottimizzare le prestazioni di numerose parti degli smartphone.

 

Tutti materiali altamente inquinanti che, come riportato in premessa, richiedono operazioni di smaltimento ben precise nel cui processo spesso si inseriscono le ecomafie. Tramutandoli in normali scarti, infatti, non si conosce poi la modalità del loro stoccaggio.

 

Marco Spartà

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