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ISSUE 311

Antropocene, il film sulla devastazione della Terra che mi ha segnato per sempre

Il film Antropocene e l’epoca dell’uomo

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Antropocene, il film sulla devastazione della Terra che mi ha segnato per sempre

Ci sono momenti segnanti nella vita di ciascuno di noi, ricordiamo vividamente ciò che è accaduto nell’istante in cui tutto è cambiato. Mi trovavo al MAST, il Museo Bolognese della Fondazione Seragnoli, in visita alla Mostra “Antropocene”, una serie di fotografie e di installazioni sull’epoca dell’uomo, così definita. L’epoca, cioè, in cui l’impatto della nostra specie è diventato così forte da cambiare il corso di quattro miliardi di vita della terra. Ed è successo tutto in soli duecento anni.

 

Entriamo in sala per la proiezione di “Antropocene”, il film era collegato alla mostra. Quello è stato un momento segnante della mia vita. Dopo la proiezione mi sono alzato in lacrime e mi sono fatto sostenere da una amica fino all’uscita. Mi sono sentito spezzato in due. E quella sensazione non è più passata. La violenza subita in quelle immagini ha cambiato il corso della mia vita. Entrato nella mia auto non ho potuto fare a meno di vergognarmi profondamente, per me, per la mia specie, per il lusso di quella automobile, metallo, plastica, petrolio, un vero e proprio stupro al pianeta terra, e tutto per cosa? Ma cosa è successo durante quella proiezione? Quali sono le immagini, la storia del film “Antropocene?” Perché la potenza di quello che ho visto è stata così deflagrante non solo da aprirmi gli occhi, ma di segnarli per sempre?

 

Dalla rivoluzione industriale ad oggi, la popolazione è passata da un miliardo circa a sette miliardi e mezzo, l’impatto dei nostri consumi così forte da ridurre, o esaurire, alcune delle risorse della terra, devastare la specie animale al punto da dimezzare le specie viventi oltre la nostra. Tutto questo è cominciato a metà circa del cinquecento. I primi conquistadores distrussero l’ecosistema americano, alcune specie, come il “Dodo”, Raphus cucullatus, un gentile e dolce uccello gigante senza ali delle Mauritius, si estinse per la nostra crudeltà. Lo attiravamo, poi lo uccidevamo. Oppure disboscavamo il terreno dove viveva. Il barone Von Rotschild, a metà dell’ottocento, da solo cancellò alcune delle specie più preziose ed esotiche di uccelli. Di alcune razze sparava a un esemplare, aspettava che gli altri corressero a vedere cosa era successo al loro simile, e uccideva anche loro. Per cosa? Li imbalsamava.

 

Poi siamo diventati tanti, troppi, e i nostri orrori hanno cominciato a tornarci indietro sotto forma di malattie. Ebola, Dengue, HIV. A riguardo è illuminante il libro di David Quammen “Spillover”, che ci spiega in parole povere come il contatto troppo stretto tra noi e gli animali selvatici porti morte e malattie, per noi e per loro. È provato che Sars Cov-2 sia dovuto all’interazione tra uomo e pipistrello, ed è stato provato pochi giorni fa che sia stato il cambiamento climatico, prodotto dall’uomo, a fare esplodere la pandemia complice la maggior proliferazione di pipistrelli.

 

Facciamoci caso, nelle piccole abitudini quotidiane, nei beni di consumo. Un paio di mesi fa sono uscite le nuove console, Playstation 5 e Xbox X series. Per la prima volta nella storia del capitalismo, queste console sono introvabili. E non per scelta di marketing. La carenza di semiconduttori è diventata un problema grave per tutti i settori. Semplicemente, il mondo non ce la fa più. Molti artisti avevano già suonato le campane a morto, dai Muse dell’album “Supremacy” al documentario, bellissimo, Earthlings, narrato da Joaquin Phoenix. Se pensavamo che ordinare una confezione di grissini su Amazon e vedercela arrivare lo stesso pomeriggio con un corriere in un furgoncino non avesse conseguenze, beh, ecco le conseguenze.

 

Il film Antropocene non ha trama, è una galleria di luoghi in cui l’intervento dell’uomo è diventato talmente invasivo da risultare carcinoma terminale. Alcune scene, potentissime, come quelle girate nella discarica di Gazhipur in India, o quella atroce sulle cave di marmo a Carrara, sono qualcosa di memorabile, una cura sugli orrori dell’uomo talmente deflagrante che a tratti risulta insostenibile. Eppure, paradossalmente, sono soltanto riprese di insediamenti industriali o umani.

 

La verità è che nessuno di noi vuole rinunciare alle batterie del suo telecomando, alla sua auto, al riscaldamento, e nessuno vuole aprire gli occhi sul fatto che le auto elettriche non siano la risposta, semmai acuire un problema. Secondo il presidente della Toyota, quindi una personalità di livello, “Più veicoli elettrici produciamo, più salgono le emissioni di anidride carbonica” ha detto infatti Toyota spiegando che considerando la produzione delle batterie le emissioni totali di CO2 di un’auto elettrica sono quasi il doppio rispetto a quelle generate per la fabbricazione di un’auto termica o ibrida. Curiosamente Antropocene è praticamente introvabile in televisione, si può noleggiare soltanto dopo una procedura piuttosto complicata sul sito della Cecchi Gori.

 

Preferiamo probabilmente vivere nell’ignoranza e non renderci conto che l’unico modo di superare questa pandemia è cambiare completamente il nostro stile di vita. Non è soltanto il distanziamento, non è soltanto la mascherina, anzi, i miliardi di mascherine prodotte che finiscono inesorabilmente negli inceneritori o disperse in mare. Quel pomeriggio io ho visto il futuro, e quel futuro segna non solo la nostra fine, ma la fine del pianeta. Ed è un futuro prossimo. Con molta sfortuna potremmo anche vederlo con i nostri occhi.

 

Il capitalismo si è rivelato, nel corso della storia recente dell’uomo, l’unica possibile forma di mercato logica e accettabile. Quello che non ci è stato detto, è che stiamo parlando anche dell’unica forma di mercato che ci porterà alla fine. Perché di certo nessun uomo si fermerà mai davanti al guadagno o davanti alla possibilità di sfruttare una risorsa della terra e trarne profitto.

 

Come uscirne? Eliminate, da oggi, la carne, le auto private, abbassate quanto possibile il riscaldamento, e cercate di evitare a ogni costo la plastica. Se non lo facciamo noi, chi comanda non lo farà di certo. Fino a trent’anni fa un tramonto era un tramonto, la natura era la natura. Dopo aver visto Antropocene ho la terribile sensazione che questa bellezza, questa perfezione, sia condannata. L’unica lotta che dobbiamo davvero intraprendere è quella per il clima. O prepariamoci ad altre pandemie, ad altre devastazioni, e a una fine probabile. A soli duecento anni dalla scoperta del petrolio.

 

Matteo Vicino

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