La Newsletter di ESO
ISSUE 326

I rischi finanziari del clima

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I rischi finanziari del clima

Secondo il teorico canadese della comunicazione Marshall McLuhan, la natura del messaggero è più importante del contenuto del messaggio. Negli ultimi anni diversi messaggeri hanno sottolineato l’urgenza della lotta alla crisi climatica, con i risultati che conosciamo: la presa di coscienza è arrivata, ma senza azioni adeguate.

 

Il fatto che la Banca centrale europea (Bce) abbia affrontato il problema dà una dimensione nuova al messaggio.

 

Il 22 settembre la Bce ha reso pubblici i risultati dei vari scenari presi in esame per misurare gli effetti del cambiamento climatico sull’economia europea. La banca analizza regolarmente ipotesi di crisi finanziarie per valutare la resistenza del settore bancario.

 

L’idea di questi stress test è ipotizzare il peggio per prevenirlo meglio. Inserire l’ambiente tra i fattori di rischio per l’economia aiuta a capire la gravità della crisi climatica.

 

L’assenza di misure per decarbonizzare l’economia potrebbe provocare una riduzione del 10 per cento del pil dell’Unione europea entro il 2100.

 

La Bce evoca una crescita dell’insolvenza sui prestiti concessi ai progetti più esposti ai rischi climatici. Continuare a finanziarli mentre i regolamenti a favore dell’ambiente li renderanno obsoleti diventerà sempre più rischioso.

 

L’allarme non è solo teorico.

 

Anche se i protagonisti della finanza dicono di voler aiutare a decarbonizzare l’economia, la realtà è meno idilliaca. L’aumento delle perforazioni di giacimenti di petrolio e gas nell’estremo nord è significativo. Grazie a regole farraginose, le istituzioni finanziarie aggirano le restrizioni che dovrebbero proteggere l’Artico, una regione che contribuisce a regolare il clima del pianeta.

 

Le energie fossili rappresentano l’80 per cento delle emissioni mondiali di CO2, causa principale del riscaldamento. La finanza è uno strumento fondamentale per contenere il fenomeno, ma la normativa attuale è permissiva e accorda facilmente finanziamenti bancari a progetti che ritardano il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi.

 

La Banca centrale europea fa bene a lanciare l’allarme, ma deve anche interpretare il ruolo di regolatore. È già pronta a selezionare, anche in base a criteri climatici, i titoli che è disposta a comprare nei suoi programmi d’acquisto, ma l’efficacia della misura dipenderà da come questi saranno definiti nel 2022. Continuare a estrarre energie fossili al ritmo attuale è un suicidio sul piano ambientale. Bisogna prendere coscienza che lo è anche sul piano economico.

 

 as - Le Monde

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