La Newsletter di ESO
ISSUE 330

Invece di accelerare le rinnovabili, in Italia c’è chi vuole tornare alle centrali nucleari

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Invece di accelerare le rinnovabili, in Italia c’è chi vuole tornare alle centrali nucleari

L’on Maurizio Lupi, che nel 2010 aveva già fatto parte di un “Comitato guida” per la riapertura del nucleare in Italia, in collaborazione anche con l’EDF francese, (Il nucleare per l’economia, l’ambiente e lo sviluppo, agosto 2010), ha presentato alla Camera dei deputati una mozione per proporre, di nuovo, un ritorno, improbabile e poco credibile, a costruire centrali nucleari in Italia, ovviamente di nuovo tipo: quelle di 4^ generazione che sarebbero ormai sicure, anzi green.

 

Non ricordo di aver mai sentito dire dai sostenitori delle centrali nucleari che la 1^, la 2^ o la 3^ generazione fossero insicure. Anzi per ogni nuova generazione di centrali nucleari, i costruttori hanno sempre dichiarato di aver risolto i problemi di sicurezza con miglioramenti tecnologici. Nella citata pubblicazione del 2010 c’è un intero capitolo dedicato al “Perché il nucleare è una fonte sicura”, compreso un paragrafo dedicato alla loro sicurezza ”da calamità naturali”. Peccato che in Giappone non l’abbiano letto e che l’anno successivo vi sia stato il disastro nucleare di Fukushima.

 

Stanno studiando e sperimentando almeno 6 famiglie di prototipi differenti – alcuni termici, altri veloci – di centrali nucleari definite di 4^ generazione. Non sappiamo quale dei numerosi progetti allo studio entrerà realmente in funzione. Per valutare seriamente i livelli di sicurezza, dei rischi, degli impatti e dei costi – non quelli dichiarati o di progetto, ma reali – si dovrebbe disporre delle analisi di almeno un impianto in condizioni di reale funzionamento, e per qualche anno.

 

Un fatto relativo ai reattori nucleari di 4^ generazione però è già certo: continuerebbero a funzionare utilizzando sempre la fissione dell’uranio che genera radioattività e rifiuti radioattivi, oltre che pericolosi, difficili da custodire in sicurezza e con costi elevati di gestione. In Italia, pur avendo pochi rifiuti radioattivi ad alta attività, non siamo ancora riusciti a stoccarli in un sito sicuro: dopo decenni di iniziative e discussioni, non è ancora stato costruito, anzi nemmeno localizzato.

 

I nostri nostalgici ci dicono che i reattori nucleari di 4^ generazione saranno più piccoli di quelli precedenti. In passato veniva detto che i reattori nucleari servivano grandi perché così occupavano meno siti e perché le economie di scala consentivano costi di produzione più bassi e di adottare misure di sicurezza più costose e più efficaci. Per arrivare a un contributo significativo dei  consumi elettrici italiani, occorrerebbe installare almeno un terzo della potenza nucleare già installata in Francia (63 mila megawatt). Con impianti più piccoli, servirebbero 100 reattori di 4^ generazione da 200 megawatt per arrivare a 20 mila megawatt. Che bellezza: un reattore nucleare in ogni provincia italiana!

 

Le previsioni indicano che fino al 2030 non vi sarà alcuna centrale nucleare di 4^ generazione funzionante. Nel prossimo decennio, quello decisivo per ridurre le emissioni di gas serra, non potranno dare quindi alcun contributo alla decarbonizzazione. E anche nel decennio successivo, dal 2030 al 2040 – visti i precedenti dei tempi lunghi e delle grandi difficoltà per localizzare, realizzare e finanziare questi impianti, dati i loro alti costi – il loro contributo alla decarbonizzazione sarà modesto, per non dire ininfluente.

 

Teniamo presente che il nucleare è una tecnologia in declino: nel 2020 le centrali nucleari hanno generato il 10% dell’elettricità mondiale, meno del 2010, quando ne generavano il 12,8%, mentre, sempre nel 2020, con le fonti rinnovabili è stato generato il 28% dell’elettricità mondiale, con una  crescita dell’80% rispetto al 2010, quando ne generavano il 19,7% (IEA ,WEO 2021).

 

Quanto costerà l’elettricità generata con le centrali nucleari di 4^ generazione? Il costo energetico livellato (LCOE) – un metro di misura che consente di confrontare il costo medio dell’energia prodotta dai diversi tipi di impianto – nell’Unione Europea nel 2020 per gli impianti fotovoltaici è stato di 55 dollari per MWh, per quelli eolici di 50 dollari per MWh, per quelli a gas di 110 dollari per MWh, mentre per le centrali nucleari è stato di 150 dollari per MWh  (IEA,WEO 2021).

 

Il nucleare è la tecnologia più cara per produrre elettricità: ritorno al nucleare significa anche bollette elettriche più care. Il 7 dicembre del 2020 il quotidiano francese “Le Monde” scriveva: ”L’ENEL prende la rivincita sui suoi concorrenti nucleari“. L’articolo proseguiva riconoscendo che l’azienda elettrica italiana, anticipando tempestivamente la transizione energetica, è diventata una super major delle energie rinnovabili, raddoppiando la sua capitalizzazione in borsa, giunta a 84 miliardi, con un piano di investimenti decennali di ben 160 miliardi, in Europa, Stati Uniti e America Latina.

 

Mentre l’EDF, la società francese che gestisce le centrali nucleari, è ormai un peso per il sistema elettrico francese: fortemente indebitata, impegnata, con aiuti pubblici consistenti nella ristrutturazione di 56 reattori nucleari e con poche risorse disponibili per investire nell’energia del futuro: le fonti rinnovabili. E i nostri nostalgici insistono: dovremmo fare come i francesi! Nel frattempo le rinnovabili in Italia sono rallentate e non riprendono il passo.

 

Nel 2011, benché i favorevoli al nucleare abbiano provato a boicottare il referendum invitando a disertare le urne, il 57% degli italiani andò a votare e il 94,6% di loro respinse il tentativo di ritornare a costruire centrali nucleari, dopo che un precedente referendum, nel 1987, ne aveva deciso l’arresto. Le opinioni dei favorevoli al nucleare sono ovviamente rispettabili, ma in un Paese democratico decente, dopo ben 2 referendum popolari, la via del ritorno alle centrali nucleari dovrebbe essere considerata, da tutti, preclusa.

 

Edo Ronchi

 

 

Photo: Qube`s Pictures

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