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Rifiuti, un problema tanto sul pianeta quanto intorno ad esso. E di rifiuti spaziali si torna a parlare dopo che la settimana scorsa la Russia ha effettuato un test missilistico mandando in frantumi un suo vecchio satellite (Cosmos 1408). Altri detriti, insomma, che aggravano ancor più il pericolo per la Stazione spaziale internazionale (Iss), per le telecomunicazioni e per le future missioni spaziali. Rischiamo, avvertono gli esperti, l’effetto Kessler, cioè uno scenario in cui da una collisione se ne generano altre a cascata che aumentano progressivamente il numero di detriti saturando la bassa orbita terrestre.
Gli scienziati di tutto il mondo, però, sono da tempo all’opera per ideare modi per risolvere il problema dei rifiuti spaziali. Un’idea, forse ancora un po’ futurista, è quella di riciclarli per convertirli in carburante solido per veicoli spaziali. Dall’Australia agli Stati Uniti, passando per il Giappone, diverse aziende hanno raccolto la sfida e, grazie a finanziamenti della Nasa, stanno sviluppando tecnologie per realizzare quella che potremmo definire una “stazione di servizio” suborbitale.
Rifiuti ad alta velocità
Da quando nel 1957 fu lanciato il primo satellite (Sputnik) nella bassa orbita terrestre si sono via via accumulati detriti di ogni tipo: satelliti dismessi o rotti, parti più o meno grandi di veicoli spaziali, persino gocce congelate di carburante. Milioni di detriti, centinaia di migliaia (forse 300mila) più grandi di 1 centimetro, con un’enorme energia cinetica : viaggiano attorno ai 10 chilometri al secondo, cioè 36mila chilometri orari. A questa velocità, secondo i calcoli della Nasa, basterebbe un oggetto di 1 centimetro di diametro per trapassare la cabina di un veicolo spaziale. Un pericolo che ormai è più che reale, tant’è che le passeggiate spaziali degli astronauti e delle astronaute si sono ridotte al minimo indispensabile.
Raccogliere, tagliare, fondere
Se da una parte si stanno sviluppando tecnologie per mandare fuori orbita i detriti che girano intorno alla Terra (promuovendo quindi la loro dispersione nelle profondità dello Spazio o il loro rientro nell’atmosfera terrestre, dove bruciano) e sistemi di sorveglianza sempre più sofisticati, ci sono realtà che sono andate oltre e che pensano a modi per riciclare i rifiuti spaziali.
Per farlo, prima di tutto bisogna recuperarli. E a questo sta lavorando la startup giapponese Astroscale, che ha già dato dimostrazione di come possono essere utilizzati i satelliti per catturare i detriti spaziali.
Negli Stati Uniti Nanoracks sta sviluppando un sistema robotico avanzato per passare allo step successivo cioè il taglio e l’immagazzinamento, mentre la connazionale Cislunar ha l’obiettivo di creare una sorta di “fonderia” orbitante in cui i rifiuti vengano convertiti in barre di metallo.
Carburante solido
L’ultimo tassello della catena è quello aggiunto dall'australiana Neumann Space che ha sviluppato un propulsore ionico, una tecnologia che converte con l’elettricità le barre di metallo solido conduttivo in plasma e produce una spinta. “In molti stanno investendo capitali nei detriti”, ha dichiarato al Guardian Herve Astier della Neumann Space. “Spesso è per portarli nell'atmosfera e bruciarli. Ma se sono lì e li puoi catturare e riutilizzare, ha senso farlo [...]. È come sviluppare una stazione di servizio nello Spazio".
Photo: Pete Linforth
Rassegna del 26 Novembre, 2021 |
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