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ISSUE 331

Cop26: la Carta per l’azione climatica dell’industria della moda punta alla decarbonizzazione Cop26: la Carta per l’azione climatica dell’industria della moda punta alla decarbonizzazione

Anche l'industria della moda attraverso i suoi noti brand si impegna per la lotta alla crisi climatica.

nonsoloambiente.it

Cop26: la Carta per l’azione climatica dell’industria della moda punta alla decarbonizzazione Cop26: la Carta per l’azione climatica dell’industria della moda punta alla decarbonizzazione

Da Burberry a H&M Group, da Chanel a Nike e PUMA: sono 130 le aziende e 41 i fornitori che hanno firmato la Carta della moda per l'azione climatica, presentata lo scorso novembre alla Cop26 di Glasgow.

 

L’obiettivo della Carta per L’Azione Climatica dell’Industria della Moda- Fashion Industry Charter for Climate Action è chiaro e preciso: far sì che i paesi partecipanti diano effettivo seguito agli impegni assunti nel 2015 alla conferenza di Parigi sul clima, e, in particolare, evitare che le temperature globali aumentino di oltre l’1,5 gradi negli anni a venire. Anche la moda raccoglie il messaggio e aderisce formalmente con la firma dell’impegno che include anche l’eliminazione graduale del carbone dalla catena di fornitura entro il 2030, l’approvvigionamento del 100% dell’elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030 e di materie prime ecocompatibili. La Carta per L’Azione Climatica dell’Industria della Moda, stipulata nel 2018, offre linee guida dettagliate in tema di decarbonizzazione e riduzione delle emissioni Co2 dell'industria della moda. Fondamentale è dunque adattare i nuovi target analizzando la situazione attuale del mondo fashion alla situazione di emergenza climatica globale.

 

La Carta ha ottenuto adesioni prestigiose, come Stella McCartney, Burberry e il gruppo Kering, ma è rivolta a tutti gli addetti ai lavori della filiera tessile, dai fornitori alle compagnie di shipping. Anche il settore moda, in particolare la produzione tessile, ha le sue ripercussioni sulla deforestazione e la perdita di biodiversità: si stima infatti che oltre 150 milioni di alberi siano tagliati e trasformati in tessuto ogni anno. Anche nella moda occorre investire su sistemi rigenerativi: non basta evitare di inquinare, con sostanze chimiche e pesticidi, i terreni destinati alla produzione di tessili, ma è necessario implementare strategie capaci di alimentare e rafforzare il suolo, attraverso una maggiore biodiversità. Un suolo che torna ad essere ricco dal punto di vista minerale e microbiologico è infatti in grado di attivare cicli naturali essenziali e di sequestrare i gas serra come l’anidride carbonica, che altrimenti rimarrebbero nell’atmosfera. La transizione verso un settore moda più responsabile passa dalla incentivazione di sistemi di agricoltura rigenerativa e di pratiche di riutilizzo e circolarità dei prodotti di abbigliamento, nonché da politiche rivolte all’utilizzo di energie rinnovabili e ad una più efficiente gestione delle catene di fornitura, a cominciare dal trasporto, settore che rappresenta il 3% delle emissioni globali di gas serra.

 

Gaia di Giorgio

 

 

Photo: Ahmad Ardity

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