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ISSUE 331

Inquinamento da Internet: quanto pesa e come ridurlo

economiacircolare.com

Inquinamento da Internet: quanto pesa e come ridurlo

Il web è un elemento essenziale delle nostre vite, specie in epoca Covid. Ma raramente ci chiediamo se il suo uso ha un impatto ambientale. Ecco perché la settimana europea per la riduzione dei rifiuti, che si terrà dal 21 al 29 novembre, si occuperà dei rifiuti invisibili. Si può fare molto con pochi accorgimenti.

 

Internet è ormai divenuto un elemento essenziale del nostro quotidiano: lo abbiamo quasi sempre in tasca grazie allo smartphone, in auto ci fornisce indicazioni tramite le mappe digitali, a casa ci suggerisce ricette e, anche se non lo tocchiamo, nessuno ha dubbi sul fatto che esista. “Ha un impatto ambientale?” A questa domanda, invece, più di una persona attenderebbe qualche minuto prima di rispondere.

 

C’è chi risponderebbe che, essendo una realtà virtuale che spesso consente di rendere immateriali molte attività, l’inquinamento correlato a internet potrebbe essere nullo o quasi. Purtroppo, la realtà è ben diversa. Partiamo dall’assunto che la fruizione di internet richiede l’utilizzo di molta energia elettrica che, ahinoi, è lontana dal derivare esclusivamente da fonti rinnovabili. Dal consumo energetico discendono indirettamente emissioni di CO2 e gas climalteranti.

 

Internet dematerializzato ma non troppo

 

L’edizione 2020 della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti (in inglese EWWR, ovvero European Week for Waste Reduction) che si terrà dal 21 al 29 novembre prossimi si occuperà dei rifiuti invisibili.

 

Una delle azioni proposte nell’edizione 2020 è proprio quella di accrescere fra le persone la consapevolezza dell’impatto ambientale dell’infrastruttura fisica di internet costituita da data center, server, reti di cavi e alimentata da energia. Quindi, da un lato, vi è l’impatto legato alla fabbricazione (e al trasporto) di tutte queste parti hardware, a cui si sommano anche i dispositivi che noi usiamo per usufruire dei servizi come smartphone e computer mentre, dall’altro, vi è la richiesta di energia per alimentare (e raffreddare) tutte le infrastrutture e i device.

 

Un esempio? Uno smartphone – che pesa 200 grammi e che giunge nelle nostre case in una piccola confezione di cartone – secondo quanto riportato nella documentazione della EWWR, lascia alle sue spalle ben 86 chili di rifiuti.

 

Quanto impatta la tua impronta invisibile

 

Anche se è invisibile, la footprint lasciata dall’uso di mail, cloud, motori di ricerca e di internet in generale, può essere pesante. La buona notizia è che è possibile ridurre la nostra impronta di carbonio utilizzando in maniera più consapevole gli strumenti digitali di cui usufruiamo tutti i giorni. Ecco alcuni esempi.

 

Secondo i dati diffusi per la SERR 2020, l’impatto di una mail da un megabyte è pari a quello di una lampada da 60 watt accesa per 25 minuti. Partendo da questa informazione, provate ad accedere alla casella della vostra posta elettronica e controllate quanti mega vi siete scambiati nelle ultime 24 ore via mail. Secondo una stima, l’invio di 20 e-mail al giorno per 365 giorni l’anno corrisponde a 1000 km di emissioni emesse da un’automobile, e considerate che in un’ora vengono inviati oltre dodici miliardi di e-mail!

 

Una ricerca su un motore online ha un costo per il Pianeta che va da 0,2 a 7 grammi di CO2 e quotidianamente vengono effettuate circa 3,5 miliardi di ricerche.

 

Siete fan dei video on demand (quelli in streaming!)? Secondo i dati EWWR 10 ore di film ad alta definizione possono equivalere al consumo di byte prodotto per tutti gli articoli in lingua inglese pubblicati su Wikipedia (!). Complessivamente, secondo le stime, il traffico video online 2018 è stato responsabile di oltre 300 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti alle emissioni prodotte in un anno da un Paese delle dimensioni della Spagna.

 

Ecco come ridurre la nostra impronta invisibile

 

Quanti di noi archiviano contenuti online? Le e-mail sono sempre a disposizione (e non più scaricate sul computer), continuiamo ad espandere le memorie dei cloud per inserire file che spesso dimentichiamo di possedere. Questa nostra abitudine causa il cosiddetto “inquinamento dormiente” del digitale: per salvare e rendere accessibile questi dati è necessario mantenere in funzione, alimentare e raffreddare milioni di server in data center che funzionano senza sosta.  Secondo gli esperti tale fenomeno non cesserà, ma anci porterà a raddoppiare il volume dei dati archiviati ogni due anni.

 

È arrivato il momento, quindi, di attuare un po’ di digital decluttering.

 

Ecco alcuni esempi pratici che si possono attuare fin da subito:

 

Alleggeriamo le e-mail: possiamo comprimere i documenti, inviare versioni di allegati più leggere e possibilmente utilizzare collegamenti ipertestuali (link) anziché gli allegati;

 

Semplifichiamo la firma digitale: eliminiamo eventuali immagini che finiscono per appesantire di qualche kilobyte gli invii;

 

Evitiamo e-mail inutili: non condividiamo “catene” di vario genere e varie e annulliamo la nostra iscrizione da newsletter che non ci servono;

 

Dosiamo sapientemente la funzione “in copia”: non inviamo, per conoscenza, le nostre comunicazioni a persone alle quali il nostro messaggio non può interessare;

 

Usiamo la funzione download: se dobbiamo consultare più volte un documento, rivedere un video o ascoltare un brano, ha un minor impatto scaricarli sui nostri dispositivi piuttosto che continuare a usufruirne in streaming;

 

Archivia su hard disk e usa il cloud solo quale è necessario;

 

Scegli provider alimentati da fonti rinnovabili (cloud verdi!);

 

Spegni computer e stacca i caricabatterie quando non servono;

 

Controlla periodicamente quel che hai salvato online: cancella mail e documenti che non servono più;

 

Quando hai necessità di un motore di ricerca, usa quelli con un’attenzione maggiore verso l’ambiente (come Ecosia o Lilo)!

 

Ogni cittadino può prender parte alla SERR 2020. Come? Ad esempio, compiendo una o più di queste azioni.

 

Il peso di un sito internet

 

Se il web inquina l’ambiente anche i siti internet lasciano la loro impronta. Esistono dei provider che garantiscono di essere alimentati al 100% da energie rinnovabili. Per gli altri siti però cosa si può fare? Una risposta concreta arriva da un progetto italiano: CO2web® di Rete Clima che calcola le emissioni di CO2 generate dagli accessi al sito aziendale o blog, in funzione delle pageview (numero di pagine visitate annualmente). Dopodiché CO2web® compensa e neutralizza le emissioni di CO2 del sito web con la posa di alberi in Italia (con tanto di certificato ad attestare il tutto).

 

Letizia Palmisano

 

 

Photo: fancycrave1

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