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ISSUE 349

L’economia circolare dell’alluminio: un materiale permanente e riciclabile al 100%

Dalle componenti per automobili alle lattine per bevande alle finestre agli imballaggi per alimenti. L’alluminio è uno dei metalli più usati, ed è 100% riciclabile

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L’economia circolare dell’alluminio: un materiale permanente e riciclabile al 100%

La moka per il caffè, la bicicletta con cui trascorriamo il tempo libero (e non solo), le finestre che abbiamo in casa, passando poi per le componenti delle automobili, la lattina della nostra bevanda preferita e la borraccia che portiamo con noi durante le passeggiate in montagna: cosa hanno in comune questi oggetti? Che possono essere realizzati tutti in alluminio: uno degli elementi più diffusi in natura.

 

Che cosa è l’alluminio

 

Si tratta di un metallo duttile e malleabile il che lo rende adatto ad avere diversi impieghi, non si trova però in natura pronto per essere utilizzato ma viene estratto da minerali, dove è sempre combinato con altri elementi. La bauxite è oggi la fonte principale dell’alluminio, un minerale molto comune che si presenta sotto forma di argilla granulosa o rocciosa solitamente di colore rosso: per produrre 1 tonnellata di alluminio primario sono necessarie 4 tonnellate di bauxite.

 

Lo si definisce un materiale permanente perché una volta estratto può essere riciclato infinite volte senza perdere o mutare le sue caratteristiche fisiche e chimiche che rimangono invariate. È inoltre leggero, a parità di volume pesa, infatti, circa 1/3 del rame e dell’acciaio il che lo rende molto utilizzato per la realizzazione di mezzi di trasporto come navi, aerei e anche shuttle spaziali.

 

Date le sue caratteristiche l’alluminio è quindi un materiale fondamentale per le industrie di tutti i settori ma come è stato scoperto?  Da chi?

 

Alluminio una storia recente

 

Il nome alluminio deriva da Alum un solfato di alluminio già utilizzato nell’antichità per realizzare statue ma anche armi e armature. Il metallo che oggi conosciamo è però una scoperta recente risalente ai primi dell’800 quando il chimico inglese Humphrey Davy lo identificò nell’allume senza però riuscire ad isolarlo. Bisognerà quindi attendere il 1825 per la produzione delle prime gocce di alluminio grazie al fisico danese Hans Cristian Oersted. Soltanto alla fine dell’800 si arrivò ad elaborare un processo di produzione di questo metallo, metodo Hall-Heroult dal nome degli scienziati che lo scoprirono, che ha consentito di produrne grandi quantità a basso costo: fino a questo momento la sua produzione era infatti molto costosa tanto da renderlo più prezioso dell’oro. Il metodo Hall -Heroult viene impiegato ancora oggi, migliorato grazie a successive scoperte come ad esempio quelle inerenti all’estrazione dell’ossido di alluminio dalla bauxite.

 

Una domanda in costante crescita

 

I nuovi processi di produzione “facilitando” la disponibilità dell’alluminio hanno contribuito ad incrementare e a diversificare il suo impiego facendone crescere costantemente la domanda. Ad oggi secondo il nuovo studio “Opportunities For Aluminium In A Post-Covid Economy”, condotto dagli analisti della CRU International per conto dell’International Aluminium Institute (IAI) la domanda globale di alluminio aumenterà di quasi il 40% entro il 2030: trasporti, edilizia, imballaggio e settore elettrico saranno i quattro ambiti chiave che guideranno la domanda, rappresentando il 75% del metallo totale richiesto.

 

Per soddisfare tutta questa domanda, secondo lo studio, si dovrà produrre ulteriori 33,3 milioni di tonnellate di alluminio all’anno passando così dai 86,2 milioni di tonnellate (Mt) del 2020 ai 119,5 Mt nel 2030.

 

Ma quanto costa all’ambiente produrre alluminio primario?

 

Una prima considerazione che va fatta è che l’alluminio pur essendo molto diffuso in natura non è comunque infinito e continuare ad estrarlo ex novo depaupererebbe le risorse del Pianeta. Rilevanti sono poi i costi che l’ambiente paga in relazione al suo ciclo di produzione. Come abbiamo già avuto modo di dire,  si tratta di un materiale che non si trova “puro” in natura, ma che viene estratto da minerali e lavorato: produrre da zero l’alluminio, come evidenziato dal Consorzio Nazionale Imballaggi alluminio (CiAl) ha un costo energetico di 13 Chilowattora per chilogrammo, che si traduce anche in emissioni climalteranti che traggono origine dalla produzione di energia visto che ancora oggi, salvo l’impiego di fonti rinnovabili, questa è strettamente legata all’utilizzo di combustibili fossili.

 

Quindi come ridurre l’impatto ambientale della sua produzione?

 

Perché è importante riciclare l’alluminio

 

L’alluminio può essere riciclato al 100% e infinite volte per produrre nuovi beni senza perdere le sue caratteristiche originali che restano invariate all’infinito, per questo a tale materiale si adatta bene la formula elaborata dal chimico francese Antoine Lavoisier,«nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma».

 

Come indicato dal CiAl il 75% di tutto l’alluminio da sempre prodotto nel Mondo è ancora in uso, teoricamente quindi il materiale che è stato già estratto da solo sarebbe sufficiente per tutti gli usi e consumi futuri.

 

La produzione di alluminio riciclato o secondario non solo evita nuove estrazioni ma riduce il costo energetico del 95% rispetto a quello sostenuto per produrre alluminio primario: in altre parole la produzione di 1 kg di alluminio di riciclo ha un fabbisogno energetico che equivale solo al 5% di quello di 1 kg di metallo prodotto da zero (CiAl).

 

Al risparmio energetico consegue poi l’abbattimento delle emissioni inquinanti, secondo il World Economic Forum (WEF) il recupero del 95% di questo materiale ridurrebbe la domanda di alluminio primario del 15%, evitando 250 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 ogni anno.

 

Ma quali sono i numeri del riciclo dell’alluminio?

 

I dati del riciclo nel mondo

 

A livello globale i tassi di raccolta dell’alluminio fuori uso si aggirano intorno al 70%, anche se variano notevolmente in base alla regione e al tipo di prodotto: in Europa, ad esempio, si ricicla la più alta quantità di alluminio pro-capite del mondo. Sono però circa 7 milioni le tonnellate che ancora non vengono recuperate ogni anno, senza quindi variazioni nei tassi di riciclaggio, si prevede che si raggiungerà i 17 milioni di tonnellate all’anno entro il 2050 (dati World Economic Forum).

 

I rottami di alluminio provengono principalmente da imballaggi, tecnologia, edilizia e industria dei trasporti. La più grande opportunità per aumentarne la disponibilità e la qualità dei rottami, sempre secondo il WEF, è negli imballaggi di consumo e nel settore automobilistico: dal trasporto e imballaggio proviene infatti il 58% dei rottami di alluminio post-consumo, circa 11,6 milioni di tonnellate all’anno a livello globale.

 

E cosa accade in Italia?

 

Italia eccellenza nel riciclo dell’alluminio

 

Il nostro Paese è terzo al mondo assieme alla Germania dopo Stati Uniti e Giappone per la quantità di alluminio riciclato. Secondo i dati dell’ultimo rapporto CiAl con 52.900 tonnellate di imballaggi in alluminio riciclato nel 2021, pari al 67,5% delle complessive 78.400 tonnellate immesse sul mercato, il nostro Paese si conferma ancora una volta tra le eccellenze a livello europeo per quantità di alluminio riciclato prodotto.

 

Un risultato importante visto che in Italia la sua produzione si basa al 100% sul riciclo, e che come sottolineato dal CiAl questo ha consentito di evitare emissioni di gas serra pari a 371 mila tonnellate di CO2 e risparmiare energia per oltre 159 mila tonnellate equivalenti di petrolio. Numeri raggiunti grazie alla collaborazione con i Comuni e l’impegno dei cittadini, come sottolineato dal Consorzio: su tutto il territorio nazionale sono infatti 5.638 i Comuni e circa 47 milioni i cittadini attivi nella raccolta differenziata dell’alluminio con cui CiAl collabora, nell’ambito dell’Accordo Quadro Anci-Conai.

 

L’alluminio riciclato viene poi impiegato nell’industria automobilistica, nell’edilizia, nei casalinghi e per nuovi imballaggi, generando un notevole risparmio sia in termini di produzione che di costi ambientali, un vero fiore all’occhiello per l’industria italiana e un esempio degli ottimi risultati che traggono origine dallo sviluppo dei processi di economia circolare.

 

Valeria Morelli

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