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ISSUE 353

L’industria fossile ha fatto profitti stratosferici mentre i disastri climatici colpiscono 189 milioni di persone all’anno

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L’industria fossile ha fatto profitti stratosferici mentre i disastri climatici colpiscono 189 milioni di persone all’anno

Secondo il nuovo rapporto “The cost of delay – Why  finance to address Loss and Damage must be agreed at COP27”  pubblicato dalla Loss And Damage Collaboration, «In media ogni anno 189 milioni di persone vengono colpite da eventi climatici estremi nei Paesi in via di sviluppo. Un trend che non si interrompe da quando, nel 1991, si è iniziato a misurare i costi del cambiamento climatico per i Paesi a basso reddito».

 

Oxfam, che fa parte della Loss and Damage Collaboration assieme ad oltre 100 ricercatori, attivisti e decisori politici di tutto il mondo, sottolinea che si tratta di «Un dossier che, a poche settimane dall’inizio della Cop 27, denuncia come i Paesi ricchi si siano ripetutamente opposti a qualsiasi tentativo di finanziare la risposta alla crisi climatica nei Paesi poveri, responsabili solo in minima parte dell’attuale emergenza».

 

I dati del frapporto restituiscono la fotografia di quanto disuguaglianza e crisi climatica procedano di pari passo: «Solo nella prima metà del 2022, 6 tra i più grandi attori dell’industria mondiale dei combustili fossili (BP, Shell, Chevron, Exxon Mobil, Total e Eni) hanno realizzato profitti superiori per 70 miliardi di dollari al costo associato ai disastri climatici, che hanno colpito i Paesi in via di sviluppo nei primi sei mesi dell’anno. Complessivamente, 55 tra i Paesi più poveri al mondo hanno subito perdite economiche da eventi climatici estremi per 500 miliardi di dollarinei primi 20 anni del secolo».

 

Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia. Sottolinea che «Mentre i profitti per chi vende energia da combustibili fossili sono aumentati vertiginosamente da anni, milioni di persone che vivono nei luoghi più disagiati del pianeta pagano un conto salatissimo al cambiamento climatico Il comparto fossile ha realizzato profitti stratosferici tra il 2000 e 2019: un ammontare che supera di quasi 60 volte il costo della crisi climatica nei 55 Paesi più vulnerabili analizzati».

 

Il 97% delle persone colpite da disastri climatici vive nei Paesi in via di sviluppo e, secondo le stime riportate nel report, «Il 79% delle vittime registrate e il 97% delle persone colpite da eventi climatici estremi dal 1991 viveva nei Paesi in via di sviluppo. II numero di disastri climatici nelle aree più povere del pianeta è più che raddoppiato nello stesso periodo causando oltre 676 mila vittime. L’Africa – secondo i dati dell’African Development Bank – sta perdendo tra il 5 e il 15% di Pil pro-capite all’anno a causa dei cambiamenti climatici, pur essendo responsabile di meno del 4% delle emissioni inquinanti a livello globale».

 

Le catastrofiche inondazioni di quest’anno in Pakistan hanno colpito direttamente almeno 33 milioni di persone. Con costi stimati in oltre 30 miliardi di dollari. «Eppure – fa notare Oxfam – l’appello umanitario delle Nazioni Unite per le alluvioni è stimato in appena 472,3 milioni di dollari (poco più dell’1% del necessario). Ed è stato finanziato solo per il 19%. Una risposta del tutto insufficiente per aiutare milioni di persone che hanno perso i loro mezzi di sostentamento. Oggi stretti nella morsa di fame, malattie, e delle conseguenze psicologiche del disastro. Il Pakistan sarà costretto a richiedere un altro prestito al FMI per riprendersi dalle inondazioni dovute alla crisi climatica. Con l’istituzione di un fondo ad hoc per il finanziamento delle perdite e dei danni, risorse nuove e addizionali potrebbero arrivare sotto forma di sovvenzioni. Così da poter garantire che il Paese non sia gravato da nuovo debito all’indomani di un disastro causato dal clima».

 

Intanto, in Africa orientale a causa della terrificante siccità che ha colpito l’area,1 persona ogni 36 secondi potrebbe  morire di fame nei prossimi mesi. «Il numero di persone che soffrono la fame è infatti già oltre quello registrato nel corso della carestia del 2011 – ricorda Oxfam – Quando morirono oltre 250 mila persone. Anche qui però l’appello delle Nazioni Unite per rispondere all’emergenza innescata dalla crisi climatica è al momento sotto finanziato per oltre 3 miliardi di dollari».

 

Per questo, la Loss And Damage Collaboration evidenzia che «Alla Cop 27 necessario un accordo sui finanziamenti necessari a fronteggiare le perdite causate dalla crisi climatica» e Petrelli aggiunge che «Non siamo di fronte ad uno scenario futuro, ma ad una catastrofe umanitaria che si sta consumando in questo momento.Il tema dei finanziamenti necessari ad affrontare il costo dell’impatto sempre più distruttivo del cambiamento climatico – che non riesce ad essere scongiurato dalle politiche di mitigazione e adattamento adottate sino ad oggi – è destinato ad essere al centro della prossima Cop27 che si terrà a novembre a Sharm El-Sheikh in Egitto. Alla conferenza i Paesi in via di sviluppo chiederanno di agire dopo decenni di ritardi, rinvii e promesse non mantenute. Ci uniamo a questo appello perché senza un’azione immediata ed efficace ancora tantissime vite andranno perse.Non è troppo tardi. Il vertice inizierà tra sole due settimane e sarà necessario trovare un accordo sui finanziamenti per far fronte alle perdite e ai danni causati dalla crisi climatica. Dobbiamo recuperare l’enorme ritardo accumulato e non perdere l’occasione».

 

Alla COP26 del 2021 a Glasgow,  i Paesi in via di sviluppo erano uniti nel chiedere l’istituzione di un fondo ad hoc per il finanziamento delle perdite e dei danni. Con l’obiettivo di garantire un approccio globale all’impatto della crisi climatica.  Ma i Paesi ricchi hanno respinto la proposta a favore di un dialogo triennale privo di obiettivi tangibili. «Una scelta compiuta senza tener conto che ogni lieve aumento delle temperature globali comporterà ulteriori catastrofi climatiche. – denunciano a Oxfam –  Con un conto in termini di perdite stimato tra i 290 e i 580 miliardi di dollari entro il 2030 per i Paesi in via di sviluppo. Nel calcolo non sono per altro incluse le perdite e i danni non economici, come l’impatto psicologico sulla popolazione o la perdita di biodiversità. Gravissimi ma non completamente traducibili in termini monetari».

 

Petrelli conclude: «Senza un immediato cambio di rotta, non si potrà evitare un aumento di 2,7° C delle temperature globali rispetto ai livelli pre-industriali. Questo avrà effetti ancor più devastanti».

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