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ISSUE 356

Valorizzare meglio e di più i rifiuti: l’economia circolare in Italia attende la piena attuazione delle riforme

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Valorizzare meglio e di più i rifiuti: l’economia circolare in Italia attende la piena attuazione delle riforme

Certificati del Riciclo, attuazione incentivi fiscali (come l’Iva agevolata), più siti di trasformazione in tutta Italia: la ricetta di Assoambiente per far crescere il nostro Paese nel tasso di circolarità dei materiali.

 

L’Italia spicca per tasso di riciclo di rifiuti e siamo messi bene anche per quello di circolarità (che è la percentuale di risorse materiali provenienti da prodotti riciclati e materiali recuperati), un dato importante perché ci porta così a risparmiare sull’estrazione di materie prime.

 

Ciò detto, esportiamo, purtroppo, ancora troppi rifiuti. Soprattutto quelli prodotti nel Centro Sud del Paese. Sono queste le principali evidenze emerse dallo studio annuale L’Italia che Ricicla, il rapporto presentato da Assoambiente – associazione che rappresenta le imprese che operano nel settore dell’igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare e smaltimento di rifiuti, nonché bonifiche.

 

L’Italia che ricicla: gli ultimi dati disponibili

 

Veniamo ai dati: il nostro tasso di avvio al riciclo dei rifiuti è dell’83,2%. Una percentuale, questa, che ci porta a essere la miglior nzione del Vecchio Continente, nel quale la media si ferma al 39,2%.

 

Se però ci concentriamo su quello che si chiama tasso di circolarità dei materiali (valore che misura la quota di materiale riciclato e reimmesso nell’economia nell’uso complessivo dei materiali), i numeri cambiano.

 

Non solo in Italia, Paese che comunque tiene botta e contro una media europea del 12,8% si attesta al 21,6%, seconda solo alla Francia (22,2%) e comunque sopra Germania (13,4%) e  Spagna (11,2%).

 

Come mai non si valorizza di più in Italia?

 

La risposta è unica: mancano gli impianti. O sono frammentati, leggi piccoli e per lo più situati nelle Regioni del Nord. Inoltre, è anche vero che non si è ancora adempiuto a tutte le riforme introdotte.

 

Esportare rifiuti e non valorizzarli all’interno dei nostri confini, meglio sarebbe se regionali, significa, purtroppo, perdere valore e anche creare inquinamento.

 

Nel 2020 dall’Italia sono state esportate oltre 3,6 milioni di tonnellate di rifiuti industriali e poco più di 581mila tonnellate di rifiuti urbani, per un totale di 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti inviati all’estero, dove per lo più vengono avviati recuperati.

 

Un paradosso che, nel medio-lungo termine, andrà colmato, attivando le opportune leve incentivanti e di investimento impiantistico, affinché maggiori volumi di rifiuti riciclabili vengano recuperati nel nostro Paese.

 

Contribuendo, così, ad accrescere la capacità del sistema produttivo di ovviare alla cronica mancanza di materie prime e creare sbocchi occupazionali verso la transizione ecologica.

 

Le carenze impiantistiche che affliggono il nostro Paese non riguardano solo il riciclo, ma anche la gestione degli scarti non riciclabili. Proprio la Lombardia è la regione che ricicla di più, con un totale di 31.018.381 tonnellate avviate al recupero, seguita da Veneto con 12.377.245 tonnellate ed Emilia-Romagna con 10.010.270 tonnellate.

 

Soluzioni per migliorare l’economia circolare in Italia Soluzioni ne avremmo: secondo Assoambiente basterebbe attuare la piena implementazione delle riforme. L’associazione auspica l’introduzione dei Certificati del Riciclo e l’attuazione di incentivi fiscali, tra cui l’Iva agevolata.

 

“Altro intervento di fondamentale importanza – suggerisce il vicepresidente dell’associazione, Paolo Barberi – è l’adozione in tempi brevi delle norme tecniche che dovrebbero regolamentare il settore favorendo la creazione di un mercato stabile e trasparente, siano esse relative all’End of Waste, ai sottoprodotti, o ai Criteri Ambientali Minimi per le gare pubbliche. Infine, va rafforzata e resa effettiva la domanda pubblica di prodotti riciclati“.

 

Un metodo per la misurazione della circolarità di un’organizzazione

 

Intanto, va detto che con fine mese e dopo 2 anni di lavoro è disponibile per le aziende italiane lo standard Uni/Ts 11820 che fornisce le indicazioni su come misurare e valutare la circolarità di un’organizzazione.

 

Proprio dal 30 novembre 2022 sarà infatti disponibile lo standard Uni/Ts 11820  definito come Metodo per la misurazione della circolarità di un’organizzazione.

 

Questa specifica tecnica fornisce le indicazioni su come misurare e valutare le prestazioni di circolarità di un’organizzazione e utilizzarle per verificare l’efficacia delle strategie di circolarità attraverso uno specifico set di indicatori.

 

Il documento definisce anche la metodologia per la raccolta delle informazioni necessarie per la misurazione della circolarità. Lo standard analizza e ingloba strumenti di life cycle thinking, i material flow analysis, le resource value maintenance e  le value recovery e prevede la compilazione di almeno 33 indicatori per le organizzazioni di prodotti, 27 per quelle di servizi, dei 71 totali.

 

M.Cristina Ceresa

 

 

Photo: micheile dot com 

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