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ISSUE 372

Tra i pescatori di San Benedetto a raccogliere plastica: "Siamo fuorilegge, ma salviamo il mare"

In assenza dei decreti attuativi della legge Salvamare una sperimentazione di tre anni fa è diventata prassi grazie alla colllaborazione con Picenambiente e il sostegno di un parroco ambientalista

repubblica.it

Tra i pescatori di San Benedetto a raccogliere plastica:

La luce del peschereccio Franco Giacoponi nel buio del mare si fa sempre più brillante. Nonostante sia mezzanotte passata, sul molo di San Benedetto del Tronto c'è movimento: gli addetti ai servizi portuali preparano il muletto per il trasporto del pescato e c'è anche qualche curioso. Quando dalla barca, prima delle cassette con il pesce, vengono scaricati rifiuti come reti aggrovigliate e taniche in metallo arrugginite, un uomo che è lì con un bambino gli dice: "Vedi, questi sono i pescatori che puliscono anche il mare".

 

I pescatori di San Benedetto sono il simbolo di chi, nonostante l'assenza di norme precise, si prende cura del mare. La loro fama si deve anche a papa Francesco, che li cita spesso. Lo ha fatto anche lo scorso 9 luglio, giornata in cui si celebra  la domenica del mare, nell'Angelus: "Ringrazio i marinai che custodiscono il mare da varie forme di inquinamento, oltre al loro lavoro - ha detto Bergoglio - e tolgono dal mare le sporcizie che noi buttiamo, la plastica… Una volta i pescatori di San Benedetto del Tronto mi hanno parlato delle tonnellate di plastica che hanno tolto dal mare...".

 

I circa 200 pescatori di San Benedetto non sono gli unici in Italia che, in assenza dei decreti attuativi della Legge Salvamare, si stanno impegnando per portare a terra i rifiuti. Ciò che però rende particolare il loro progetto, come dice don Giuseppe Giudici, cappellano del porto da nove anni, "è che la sperimentazione si è trasformata in coscienza, in impegno civile convinto". Se a San Benedetto c'è un padre che indica al figlio i pescatori che puliscono il mare, secondo Don Peppe, come qui tutti chiamano il parroco 45enne di Acquaviva Picena, è perché il loro esempio si è radicato. "È diventato un modo di dire - racconta il sacerdote - a San Benedetto del Tronto se ti vedono buttare qualcosa per terra ti dicono 'Ma come, i pescatori raccolgono addirittura l'immondizia dal mare e tu butti così?'".

 

Il progetto che piace a papa Francesco

 

Don Peppe ha un grande ruolo in questa storia di impegno ambientale e abilità nel comuncarlo. È lui che tiene i contatti con i pescatori, ed è lui che per primo ha parlato a Bergoglio del progetto CleanSea Life nel 2019. "Ero stato ricevuto con altri cappellani del mare e gli ho detto quel che stavamo facendo. Poi visto che ci aveva citato ho parlato con il vescovo per portare i pescatori in udienza privata dal Papa: Quando gli abbiamo chiesto di incontrarci ci ha risposto subito - dice - e ci ha fatto anche scegliere la data. Siamo stati da lui il 18 gennaio 2020. Io dico sempre che per qualche verso loro sono sempre stati inquinatori, invece adesso vedi sui pescherecci i tre secchi per la differenziata. Stanno più attenti ai loro rifiuti e in più tolgono quelli lasciati da altri".

 

Don Peppe ama il mare e ama la sua terra, è nato poco lontano da qui, a Cupra Marittima e tra un saluto a un parrocchiano in difficoltà che gli chiede l'elemosina e la risposta a un messaggio sul cellulare ci confessa: "Mi piacerebbe tanto riuscire a fare di San Benedetto del Tronto il primo porto che bandisce le cassette per il pesce in polistirolo, ma è un po' una lotta contro i mulini a vento. Ci sono interessi economici anche legittimi che vanno rispettati, però anche se i pescatori stanno attenti a non farle finire in acqua sono friabili, si rompono e con il vento volano. Non sai quante mi è capitato di raccoglierne quando sono in mare".

 

Dalla sperimentazione alla quotidianità: SeaClean Life

 

Se don Peppe è il cuore del progetto di San Benedetto, Eleonora De Sabata, fondatrice dell'associazione MedShark e giornalista, con Leonardo Collina, amministratore delegato di Picenambiente, ne sono le menti. È a loro che si deve di aver avviato la sperimentazione che è diventata prassi. Infatti, nel 2019, è De Sabata che coordina per le Marche il progetto europeo SeaClean Life, all'interno del quale i pescatori e le autorità locali di Porto Torres, Manfredonia, Rimini e, appunto,  San Benedetto del Tronto, sono coinvolti per un mese in progetti di “pesca dei rifiuti”, per identificare un modello virtuoso di gestione degli oggetti raccolti in mare.

 

La sperimentazione ha un obiettivo pratico importante: tra i nodi che i decreti attuativi della legge Salvamare devono sciogliere c'è infatti il problema dello smaltimento e dei costi di raccolta dei rifiuti riportati a terra. Il progetto SeaClean Life, grazie alla collaborazione con Piceambiente, per la prima volta oltre a ritirare in appositi cassonetti i rifiuti scaricati dai pescherecci li ha catalogati e ha fatto i conti su quel che si può riciclare e quanto costa farlo. E c'è una sorpresa: Picenambiente ha capito che a fronte di un grandissimo ritorno di immagine (oltre al servizio reso alla comunità) il costo è irrisorio.

 

Dice infatti Collina di Picenambiente: "Noi siamo raccoglitori dei rifiuti in ambito portuale e abbiamo aderito al progetto stipulando un accordo di programma, in modo da legalizzare quel che ancora, a causa della mancanza dei decreti attuativi, non si può fare. La nostra è una società pubblica con un fatturato di 30milioni di euro, piccolo rispetto ad altre realtà, ma ci siamo resi disponibili, con il nostro impianto di selezione plastiche, a separare i rifiuti raccolti in mare, sottoporli ad analisi merceologiche per capire che cosa veniva raccolto e in che percentuale si poteva riciclare".

 

Il lavoro di Collina con Picenambiente è arrivato anche in Parlamento: "Abbiamo fornito i nostri dati alla commissione parlamentare, sperando di dare un contributo alla Salvamare e qualche consiglio. È fondamentale rendere agevole per i pescatori lo scarico, perché è un'attività che loro farebbero a prescindere e se non la fanno loro non la fa nessuno. In assenza dei decreti attuativi, come società continuiamo a ritirare questo tipo di rifiuto come buona pratica, anche perché abbiamo capito che smaltire una tonnellata di rifiuti ci costa 180 euro, davvero poco. Visto che comunque andiamo in porto a ritirare tutti i rifiuti portuali, per noi non è un problema".

 

Non si pensi che Picenambiente può riciclare e trarre profitto da quel che raccolgono i pescatori: "Si tratta di rifiuti molto contaminati - spiega l'amministratore delegato - la maggior parte finisce necessariamente in discarica, ma l'importante è che soprattutto le plastiche non restino a deteriorarsi in mare". E c'è già un primo risultato: "Poiché la pesca a strascico fa più o meno sempre le stesse rotte, adesso la quantità di rifiuti portati a terra si è un po' ridotta", conclude Collina.

 

Eleonora De Sabata conferma che a San Benedetto si sono unite passione, organizzazione e buona volontà, come soltanto a volte accade. "In effetti nella cittadina marchigiana c'è stata enorme disponibilità, i pescatori, la capitaneria di porto e aziende come CNH industrial ed FPT industrial il progetto che si doveva concludere in 30 giorni è diventato di quattro mesi e ora abitudine. La relatrice della legge Salvamare Paola Deiana è venuta a trovarci e siamo stati invitati in Parlamento per raccontare la nostra esperienza, l'entusiasmo dei pescatori si è così tramutato in abitudine. I decreti attuativi ancora mancano, ma tutto va avanti in maniera tacita".

 

Il pescatore: "Lo facciamo perché è in gioco il nostro futuro"

 

È pomeriggio, al porto attracca il Rapepè, un piccolo peschereccio di 14 metri. L'armatore Pietro Ricci scarica il pescato e ci conferma: "Sulle nostre rotte, grazie al lavoro fatto, raccogliamo sempre meno plastica - dice - ma continuiamo a portare a terra i rifiuti. Per noi la salvaguardia del nostro lavoro passa anche da questo impegno, lo facevamo anche prima ma adesso sappiamo di poter smaltire con facilità: prima quando provavamo a scaricare quel che avevamo raccolto in mare ci dicevano che erano rifiuti fatti da noi. Ci dispiace che facciano passare noi che peschiamo a strascico come dei distruttori, le nostre attività impattano per due centimetri sul fondo a fronte di un lavoro di tutela e di conoscenza enorme sul mare".

 

Da conoscitore del mare Ricci mette in guardia però su un pericolo imminente, che conferma quanto è importare attuare ogni aspetto della Salvamare anche per quel che riguarda il controllo di quanto arriva dai fiumi: "È vero che troviamo sempre meno rifiuti, ma purtroppo ci aspettiamo l'ondata dell'alluvione dell'Emilia Romagna, dove le piene hanno riversato in mare quintali e quintali di materiali inquinanti. Raccoglieremo anche quelli, nei prossimi mesi. Ne va della nostra sopravvivenza: bisogna tenere conto che i rifiuti possono causare danni anche all'apparato motore, un cittadino che butta una busta o una bottiglia di plastica in mare dovrebbe essere consapevole dei danni che può fare all'ambiente e alle nostre attività".

 

Intanto la legge Salvamare resta al palo

 

La fortunata alchimia che fa funzionare ancora il progetto sanbenedettese potrebbe trasformarsi in prassi ovunque, ma nonostante gli appelli al governo e l'impegno assunto dal ministro del Mare, Nello Musumeci, i decreti attuativi non ci sono. "Dalla salute degli Oceani dipende la nostra vita sul Pianeta e la presenza dei rifiuti plastici in mare presenta ormai ovunque, dalle profondità più remote fino alle spiagge,  una minaccia gravissima per questo prezioso ecosistema - sottolinea Maria Rapini, segretaria generale di Marevivo Marche - Ormai i pescatori recuperano ogni giorno nelle loro reti più plastica che pesci. E non è tutto. I micro frammenti che vediamo a occhio nudo sono dispersi nelle acque o già ingeriti dagli stessi animali che poi diventano cibo sulle nostre tavole. La legge Salvamare che consente ai pescatori di portare a terra la plastica recuperata e prevede l’installazione di sistemi di raccolta di rifiuti in linea con i principi dell’economia circolare, come richiesto dall’Unione europea, potrebbe essere uno strumento utile e concreto ma ad un anno dalla sua approvazione questa legge non è ancora operativa perché mancano i decreti attuativi. Marevivo si è mobilitata su questo fronte e chiede al governo di agire con urgenza per rendere operative le norme della Salvamare. È necessaria una presa di coscienza per tutelare la salute del mare e, di conseguenza, la nostra stessa sopravvivenza!".

 

Cristina Nadotti

 

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