C’è un indice climatico cui conviene fare attenzione tutti i giorni. Anche durante la spesa

Voluto dall’Ipcc, l’indice climatico o carbon footprint dovrebbe comparire su tutte le etichette per mostrare quanto quel prodotto sia stato manufatto con il rispetto dell’ambiente. Ma non sempre è così…

 

Le temperature anomale di questo periodo obbligano a riflettere sul tema del cambiamento climatico e sulle responsabilità dell’uomo rispetto a questa emergenza.

 

La domanda da porsi è se tutti noi, come consumatori di beni e utilizzatori di servizi, possiamo attivamente contribuire alla mitigazione di questo danno ambientale attraverso, innanzitutto, scelte quotidiane sostenibili.

 

La risposta a questa domanda è sì: lo possiamo fare cercando di acquistare prodotti con un indice climatico basso.

 

Quando si acquista un bene infatti ci si imbatte sempre più spesso in etichette che dichiarano il rispetto dei principi di sostenibilità comunicando, per esempio, l’uso di materiali non tossici, basso emissivi o riciclati.

 

Si tratta di tante informazioni diverse e spesso di difficile comprensione. Capire se si sta realmente acquistando un prodotto rispettoso dell’ambiente attraverso queste informazioni, può essere molto complicato.

 

Per risolvere questo problema l’International panel on climate change (Ipcc), l’organismo intergovernativo delle Nazioni Unite che ha il compito di far progredire le conoscenze scientifiche sui cambiamenti climatici causati dalle attività umane, ha introdotto un numero chiamato indice climatico o carbon footprint.

 

Calcolare questo numero significa per l’azienda produttrice di un bene, utilizzare dei modelli matematici internazionali che mappando tutti i consumi necessari per realizzare un prodotto, riassumono in un indice numerico (carbon footprint) l’effettivo contributo alla tutela ambientale del bene: più basso è l’indice di carbon footprint (espresso in anidride carbonica equivalente), più il prodotto è idoneo nella lotta ai cambiamenti climatici.

 

L’immagine riportata rappresenta un esempio di indice climatico su un prodotto di tipo alimentare, riferito al prodotto zucchero (dove UD si riferisce a 1kg di zucchero).

 

Con la dicitura Upstream si indica l’impatto della filiera di estrazione della materia prima e preparazione del semilavorato, con il termine Core si indica la misura dell’impatto climatico del processo industriale di produzione del prodotto finito.

 

L’immagine riportata qui sotto rappresenta un esempio di indice climatico su un prodotto di tipo alimentare, riferito al prodotto zucchero (dove Ud si riferisce a 1kg di zucchero).

 

Con la dicitura Upstream si indica l’impatto della filiera di estrazione della materia prima e preparazione del semilavorato, con il termine Core si indica la misura dell’impatto climatico del processo industriale di produzione del prodotto finito.

 

Tali simulazioni matematiche considerano per esempio l’uso di materiali riciclati, il rispetto dei diritti dei lavoratori, le forniture a km0, l’uso di energia rinnovabile: tutte queste informazioni vengono riportate in un indice univoco che consente al consumatore di fare una scelta climaticamente responsabile per l’ambiente.

 

Le etichette presenti sui prodotti non sempre riportano questo numero: sembra diffusa l’idea che sia sufficiente scrivere semplicemente sostenibilità in una etichetta, ma la strada per la salvaguardia ambientale deve partire dalla misurazione dell’indice climatico.

 

Misurare l’indice climatico significa infatti avere la consapevolezza del livello di danno per l’ambiente di un processo di produzione e di conseguenza attivarsi in azioni di salvaguardia, come per esempio l’uso di materiali innovativi o il ricircolo dell’acqua o la riduzione dei rifiuti.

 

L’acquisto di prodotti con un indice climatico basso è il primo passo per contribuire in modo attivo e quotidiano alla tutela dell’ambiente e alla lotta ai cambiamenti climatici.