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ISSUE 384

A Roma il 95% del patrimonio urbano edilizio da demolire è riutilizzabile

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A Roma il 95% del patrimonio urbano edilizio da demolire è riutilizzabile

Da una innovativa metodologia di analisi, messa a punto da Enea e l’Università la Sapienza di Roma, è possibile quantificare tutti i materiali presenti in edifici vecchi o in disuso della capitale da reimpiegare in progetti di riqualificazione architettonica o per nuove costruzioni, in un’ottica di economia circolare.

 

Una ricerca dimostra che oltre il 95% dei materiali da demolire del patrimonio urbano edilizio possono essere riutilizzati per la riqualificazione della struttura stessa (35%) e per altri impieghi (60%), senza finire in discarica.

 

Il Progetto ES-PA di Enea “Energia e Sostenibilità per la Pubblica Amministrazione”, attraverso un’azione di sistema, intende offrire strumenti di policy e di attuazione che, pur avendo un carattere generale, possano essere adattati alle singole esigenze e diversificati determinando, quindi, un rafforzamento permanente delle strutture amministrative regionali e degli enti locali.

 

Nell’ambito di tale progetto, dalla collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma, è stata messa a punto una ricerca, pubblicata sulla rivista Sustainable Chemistry and Pharmacy, che ha dimostrato che oltre il 95% dei materiali da demolire nella Capitale possono essere riutilizzati per la riqualificazione della struttura stessa (35%) e per altri impieghi (60%), senza finire in discarica.

 

La metodologia sviluppata è stata applicata su uno dei tanti siti di archeologia industriale presenti in Italia (occupano il 3% del territorio per una superficie di 9 mila chilometri quadrati) e, nello specifico, a un progetto di recupero di un deposito degli autobus di 11 mila metri quadrati, costruito a Roma negli anni ‘30 e in disuso dal 2008.

 

“L’approccio proposto consente la valutazione a diverse scale, da quella nazionale per individuare l’entità dei materiali recuperabili dal parco edilizio italiano con la finalità di supportare un piano di uso efficiente delle risorse a livello Paese, passando per quella intermedia finalizzata alle pianificazioni strategiche locali o di aree caratterizzate da omogeneità nei caratteri costruttivi, fino ad arrivare alla scala locale con l’obiettivo di fornire strumenti operativi per la pianificazione delle aree urbane, di quartieri o di singoli edifici”.

 

A spiegarlo è Antonella Luciano, ricercatrice del Laboratorio Enea Valorizzazione delle risorse nei sistemi produttivi e territoriali e coautrice dello studio insieme a Laura Cutaia (Enea), Paola Altamura e Serena Baiani di Sapienza Università di Roma.

 

Il recupero dei materiali del patrimonio urbano edilizio

 

Dalle analisi preliminari è emerso che il deposito preso in considerazione ha circa 18 mila metri cubi di materiali, in prevalenza cemento armato, per un peso complessivo di circa 35 mila tonnellate e una quantità di carbonio incorporato di oltre 15 mila tonnellate di CO2.

 

Il progetto di riqualificazione architettonica, che rappresenta uno degli aspetti chiave della metodologia di Enea-Sapienza, prevede la conservazione della struttura in cemento armato e il recupero quasi totale di alcuni materiali ed elementi strutturali (finestre con telaio in ferro e porte in legno).

 

“Mentre per i materiali da demolire, come intonaco, piastrelle, mattoni e impianti, abbiamo previsto l’invio fuori sito per il riciclo nelle rispettive catene del valore, attraverso impianti presenti sul territorio di Roma, o per la rigenerazione finalizzata a riutilizzi futuri”, spiega la ricercatrice Antonella Luciano di Enea.

 

“Su un totale di oltre mille metri cubi di materiali da demolire solo una minima quantità (4,7% in volume e 4,2% in peso) è destinata allo smaltimento in discarica perché potenzialmente pericolosa – prosegue Antonella Luciano –.

 

È stato così possibile migliorare del 25% la soglia minima di legge per il recupero dei materiali da demolizione (70%). E, soprattutto, questa metodologia è applicabile a tutte le tipologie costruttive che comprendono non solo edifici industriali dismessi, ma anche edilizia residenziale e scolastica”.

 

I siti dismessi come miniera urbana per la rigenerazione

 

La presenza diffusa di siti dismessi nel patrimonio urbano edilizio rappresenta un’opportunità di rigenerazione urbana e di valorizzazione degli stock di materiali presenti negli edifici.

 

L’elevata quantità di materiali e componenti, edifici e infrastrutture “a fine vita” può essere considerata come una vera e propria miniera urbana, una potenziale fonte di nuove risorse che necessitano, però, di essere quantificate e mappate per contribuire allo sviluppo di nuove strategie di riuso e di riciclo, condizione essenziale per un piano nazionale di uso efficiente delle risorse.

 

“In concreto, l’implementazione su larga scala della circolarità nel settore edile richiede un processo innovativo di progettazione e di costruzione che integri diverse attività come la stima degli stock di materiali, la demolizione selettiva, l’approvvigionamento locale e il riciclo degli scarti provenienti anche da settori industriali diversi, la cosiddetta simbiosi industriale.

 

Per consentire il reimpiego dei materiali, servirebbe un nuovo approccio alla demolizione delle costruzioni (la decostruzione), già in fase di progettazione, che preveda ad esempio uno smontaggio selettivo dei componenti e un’ottimizzazione del recupero di tutti i materiali riciclabili come mattoni in argilla, lastre e blocchi di pietra ed elementi in acciaio che hanno un’elevata energia incorporata e un basso calo di prestazioni nel tempo”, sottolinea Antonella Luciano di ENEA.

 

I quattro fattori fondamentali per nuove strategie di riuso e riciclo e per un piano nazionale

 

Per promuovere questo nuovo approccio si considerano fondamentali quattro fattori: quantificazione del valore ambientale dello stock di materiali di costruzioni nel patrimonio urbano in disuso o a fine vita; banche dati dei materiali e mappature georeferenziate per conoscere le aree di distribuzione dei materiali potenzialmente riutilizzabili presenti su un territorio, integrabili nei software BIM (Building Information Modeling) per l’ottimizzazione della pianificazione, della realizzazione e della gestione delle costruzioni; piattaforme di scambio di componenti e materiali provenienti dalle decostruzioni.

 

A livello globale il settore delle costruzioni è responsabile del 60% del consumo di materie prime, del 23% delle emissioni di anidride carbonica e del 50% dei rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione.

 

Alcuni vincoli normativi, la frammentazione della normativa tecnica e ambientale e un’interpretazione a volte non univoca delle norme stesse, ha di fatto seriamente rallentato negli ultimi anni un efficace recupero e riutilizzo di tali rifiuti.

 

Luca Malgeri

 

Photo: Peggychoucair su Pixabay

 

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