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ISSUE 384

“I nostri figli vedranno un mondo diverso. Il caldo lo stravolge”

repubblica.it

“I nostri figli vedranno un mondo diverso. Il caldo lo stravolge”

Intervista al climatologo Carlo Buontempo: “Il 2023 l’anno più caldo di sempre. Eppure verrà ricordato come fresco. Sull’emergenza l’Europa non si è mossa male: positivo il Green Deal. A Cop28 un Paese produttore di petrolio ha ammesso la responsabilità dei combustibili fossili nella crisi, un risultato importante”

 

I nostri figli vedranno un mondo diverso da quello in cui siamo cresciuti noi e le generazioni precedenti. Dal punto di vista climatico, il 2023 si inserisce in una tendenza ormai consolidata, ma ci ha sorpresi per molte anomalie: potrebbe essere una eccezione o rappresentare l’inizio di una nuova fase. È comunque probabile che, un giorno, quello appena trascorso sarà ricordato come un anno fresco…».

 

Carlo Buontempo è lo scienziato italiano che guida il Servizio Cambiamenti Climatici del programma europeo Copernicus: 800 milioni di osservazioni raccolte ogni giorno, grazie ai satelliti del progetto, ma anche da stazioni meteorologiche a terra, palloni sonda, boe in mezzo ai mari, per studiare come sta cambiando il clima. Martedì scorso il team guidato da Buontempo ha presentato il suo rapporto annuale, confermando che il 2023 è stato l’anno più caldo.

 

Ma non è questa la vera notizia, giusto dottor Buontempo?

 

«Infatti. Nel recente passato ogni anno è stato più caldo del precedente, quindi non stupisce il record degli ultimi 12 mesi. Però nel corso del 2023 ci sono stati molti eventi che hanno sorpreso anche noi climatologi. È stato il primo anno in cui tutti i giorni sono stati di un grado più caldi rispetto all’era pre-industriale. E quasi il 50% di questi giorni sono stati sopra il grado e mezzo. A novembre abbiamo avuto per la prima volta due giorni sopra i due gradi. Luglio è stato il mese più caldo di sempre. Sorprendente è stata anche la perdita di ghiaccio in Antartide».

 

Possiamo dire che è ormai fallito l’obiettivo indicato dall’Accordo di Parigi di mantenere il riscaldamento entro 1,5 gradi rispetto all’era pre-industriale?

 

«No, perché a soglia di 1,5 dell’Accordo di Parigi si riferisce a una media su vent’anni. E non pensiamo di arrivarci in questi termini prima del 2034. È ormai chiaro però che ogni giorno che passa ci avvicineremo a tale soglia. Do per scontato che supereremo il grado e mezzo, e tuttavia se riuscissimo ad arrivare velocemente a emissioni zero, a decarbonizzare l’economia, avremmo ancora una possibilità di tornare sotto entro la fine del secolo».

 

Le nostre azioni, anche le più incisive, non potranno influire sui prossimi dieci anni o quelli successivi

 

Non nell’immediato comunque.

 

«No. Le nostre azioni, anche le più incisive, non potranno influire sui prossimi dieci anni o quelli successivi. Verosimilmente, per il resto della nostra vita avremo a che fare con temperature superiori a quelle che abbiamo visto finora. Il 2023 verrà ricordato come un anno fresco, se non freddo».

 

Come si spiegano le tante anomalie del 2023? Colpa di El Niño (il periodico surriscaldamento del Pacifico meridionale)?

 

«È ragionevole supporre che tutto ciò sia una combinazione di El Niño e del riscaldamento globale. Ma se si confronta il 2023 con il 1998 o il 2016 (i due El Niño più intensi in anni recenti) vediamo che nei 12 mesi appena trascorsi siamo arrivati a temperature di molto superiori a quelle di allora. E ci siamo arrivati perché nel frattempo il sistema climatico si è surriscaldato».

 

Che 2024 ci aspetta? Che futuro ci aspetta?

 

«El Niño sta raggiungendo il picco adesso e andrà diminuendo di intensità fino a fine primavera e in estate. Se si passerà a una Niña (raffreddamento delle acque del Pacifico che di solito segue El Niño, ndr) particolarmente intensa, allora il 2024 potrebbe non battere i record del 2023. Ma al momento non vediamo segnali che ci dicano che quest’anno sarà particolarmente più fresco. Più verosimilmente sarà un altro anno caldo, forse perfino da record. Se guardiamo più in là, la tendenza è chiara: ci saranno oscillazioni, ma la media dei prossimi 5 anni sarà certamente più calda dei 5 precedenti».

 

Le temperature record del mese di settembre, per esempio, erano possibili ma altamente improbabili

 

Il 2023 ha rappresento una accelerazione imprevista nel processo di riscaldamento globale?

 

«Ciò che sta accadendo era stato previsto da chi si occupava di clima già due decenni fa. Dopodiché, come dicevo, il 2023 ha riservato sorprese e anomalie rispetto agli scenari disegnati dai nostri modelli. Le temperature record del mese di settembre, per esempio, erano possibili ma altamente improbabili. Siamo di fronte a due ipotesi, entrambe valide. La prima è che la tendenza climatica che abbiamo visto negli ultimi anni è la stessa di sempre e quello a cui abbiamo assistito nel 2023 è semplicemente una combinazione di fattori che si sono sovrapposti al riscaldamento. La seconda è che in realtà il 2023 abbia segnato un cambio di ritmo e che d’ora in poi vedremo anni simili a quello appena trascorso».

 

Fin qui lo scienziato. E da cittadino, cosa la colpisce di tutto questo?

 

«Sono nato e cresciuto negli anni Settanta, in un mondo dove ci si poteva aspettare che il passato rappresentasse una buona base per prevedere il futuro. Oggi basta camminare in montagna, osservare un ghiacciaio, per rendersi conto che non è più così. Il mondo che vidi negli anni Settanta i miei figli non lo vedranno mai. È come se il clima stesse rompendo la trasmissione di pratiche e tradizioni tra una generazione e la successiva. L’altra cosa che mi impressiona è che, a fronte di dati chiarissimi e di una conoscenza scientifica solida, come società siamo incapaci di cambiare rotta con il vigore necessario per raggiungere una stabilità climatica».

 

La preoccupazione tra i giovani è molto profonda, quasi un’ansia esistenziale: mi stupirebbe se la politica non desse seguito alle loro inquietudini

 

Come se lo spiega?

 

«Studio il clima, non la società. La leadership politica risponde alle priorità sociali dei cittadini. E stando a quanto mi dicono i miei figli (15 e 12 anni) e i loro amici, mi sembra che la preoccupazione tra i giovani e giovanissimi sia molto profonda, quasi un’ansia esistenziale: mi stupirebbe se poi la politica non desse seguito alle loro inquietudini. Qualche segnale positivo c’è già. L’Europa non si è mossa male: il Green Deal, lo stesso investimento in un programma come Copernicus, o la legge climatica. Non che sia sufficiente, ma esiste una leadership europea credibile in questo campo. E anche quello che abbiamo visto negli Emirati Arabi Uniti a Cop28: il fatto che un Paese produttore di petrolio e membro dell’Opec abbia ammesso la responsabilità dei combustibili fossili nella crisi climatica, mi pare un risultato importante».

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