La newsletter di ESO
Twitter facebook Youtube Linkedin


Rassegna del 30 Novembre 2017
    

GoGreen Newsletter

Il guru del modello Cradle to cradle (dalla culla alla culla) pensa al design rigenerativo e al leasing ecologico


Il guru del modello Cradle to cradle (dalla culla alla culla) pensa al design rigenerativo e al leasing ecologico per dare la spinta a un’industria diversa, che produca manufatti di qualità utili a noi e alla Terra. E negli Usa le multinazionali più innovative fanno a gara per il bollino di azienda «rigeneratrice»

La nostra missione non è minimizzare i danni. «Ma fare del bene al pianeta che abitiamo». Michael Braungart, guru tedesco del modello Cradle to cradle (dalla culla alla culla), non vuole sentir parlare di riduzione dell’impronta ambientale. «È un concetto triste, che implica una sorta di peccato originale, un errore che l’uomo si porta dietro e che può venire redento solo dall’alto: un concetto cattolico. Ma l’uomo non ha bisogno di salvatori, al contrario ha enormi potenzialità inespresse per giovare al pianeta. Non si tratta d’inventare un’economia meno dannosa, ma di sviluppare un sistema industriale virtuoso, producendo oggetti utili a noi e alla terra». Braungart trent’anni fa ha lasciato la direzione del presidio sulla chimica di Greenpeace e si è messo in proprio, per fondare l’Environmental Protection Encouragement Agency, con cui ha aiutato — e sta aiutando — migliaia di aziende a riconvertire «al bene» milioni di prodotti, creando vernici che si mangiano lo smog, moquette che puliscono l’aria, magliette biodegradabili e così via. Tutti prodotti belli e buoni, che fanno guadagnare sia chi li realizza sia il territorio che lo ospita. «L’anno scorso abbiamo esposto alla Biennale di Venezia un edificio Cradle to cradle, che pulisce l’acqua e l’aria, produce ossigeno e genera humus invece che consumare risorse», ricorda.

Materiali e opzioni

Creare prodotti tossici e inquinanti, per Braungart, è soprattutto un insulto alla qualità. Non sarà la politica, dunque, ma una nuova generazione di imprenditori e di costruttori a cambiare le cose. «In un Paese come l’Italia, dove si sono formati i migliori designer, la sensibilità per la qualità è innata: quando si costruisce qualcosa di nuovo si cerca il meglio, non il meno peggio», spera Braungart. La sua fiducia nei giovani viene da anni d’insegnamento all’università di Rotterdam e in vari atenei della Germania. Da dove cominciare però? «Per esempio ridefinendo il concetto di rifiuto, considerandolo un nutrimento — sostiene Braungart —. Qualsiasi prodotto può essere progettato per non finire mai nella spazzatura e rientrare in circolo all’infinito». In pratica, però, la questione è un po’ più complicata. «Tutti i materiali utilizzati nei processi industriali ricadono in due grandi categorie: materiali tecnici e organici — spiega Braungart —. Il primo passo del design rigenerativo è escludere tutti i materiali sintetici che abbiano effetti negativi sull’uomo o sull’ambiente e mantenere nei processi produttivi solo quelli non tossici. Poi bisogna organizzare la catena distributiva in modo che i prodotti possano ritornare all’origine. Il resto è banale: i materiali tecnici hanno vita lunghissima e quindi possono essere riusati moltissime volte nella produzione dello stesso prodotto, senza rovinarsi», precisa. I materiali organici, invece, si degradano rapidamente, ma proprio perché appartengono al ciclo della vita, possono ritornare alla terra, decomponendosi senza danni per l’ambiente: «In un mondo ideale, questo tipo di materiali si potrebbe gettare dal finestrino del treno in piena campagna, con la coscienza perfettamente pulita», dice Braungart. Nel modello rigenerativo, i due gruppi di materiali seguono ognuno il proprio ciclo, ma una volta uniti in un prodotto, la responsabilità del loro riutilizzo ricade sulle spalle del produttore. In questo modo, i rifiuti industriali verrebbero ridotti quasi a zero. Ma tutto questo può funzionare in un’economia di mercato, che risponde principalmente alla domanda del cliente? Spiega Braungart: «Il cliente certamente non vuole una tv che contiene oltre quattro mila elementi tossici diversi, vuole solo guardare un film. Il cliente vuole abiti puliti, ma non necessariamente una lavatrice. In questi casi, ha senso vendere il servizio piuttosto che il prodotto, con una specie di leasing ecologico. Se la tv o la lavatrice vengono solo affittati, ma rimangono di proprietà del produttore, possono essere costruiti con materiali completamente diversi, migliori di quelli che si utilizzano oggi per ridurre il prezzo al minimo. Abbiamo studiato, per esempio, con un fabbricante di automobili un veicolo le cui componenti vengono incollate invece che saldate. Il veicolo non sarebbe venduto, ma affittato per centomila chilometri. Una volta terminati, il corpo sarebbe immerso in una soluzione contenente batteri che degradano l’adesivo, consentendo di riutilizzare le diverse componenti».

I destini di un’auto

Se vi sembra strano, basta pensare che con l’avvento dell’auto elettrica, dove la vita della batteria è più breve del corpo del veicolo, questo procedimento potrebbe diventare uno standard. A forza d’innovazioni, di prodotto e di processo, la rivoluzione del modello Cradle to cradle procede. Negli Stati Uniti, dove Braungart opera in collaborazione con l’architetto e designer William McDonough, la certificazione C2C è molto popolare e un drappello di celebrità promuove attivamente il modello, da Steven Spielberg a Cameron Diaz, da Brad Pitt a Susan Sarandon. Le multinazionali più innovative fanno a gara per ottenere il bollino, anche perché l’esperienza ha dimostrato che le aziende possono trarre grandi profitti da questi prodotti «belli e buoni». Airbus, ad esempio, ha tagliato i costi del 20% con i suoi rivestimenti per sedili completamente biodegradabili, certificati C2C, perché non deve più smaltirli come rifiuti pericolosi. Per Braungart l’industria sta reagendo bene agli stimoli. «Ci sono voluti 150 anni per il diritto di voto alle donne, oltre 60 anni per i pannelli solari e 40 anni dal primo cellulare agli smartphone». Ci vuole pazienza, ma alla fine il cerchio si chiude.

Fonte: corriere.it, 17 Novembre 2017 




Torna alle notizie GOGREEN




Rassegna del 30 Novembre 2017
 
8 di 17 della rassegna...
    
Forum Rifiuti a Milano: lo scarto diventa risorsa


Green Italy 2017: investimenti sostenibili per la crescita economica
Fonte: nonsoloambiente.it,21 Novembre 2017

La nuova strada di vecchie camere d’aria e copertoni di biciclette
Fonte: Bike4Trade, Ottobre 2017

Registro di carico e scarico dei rifiuti e modello unico di dichiarazione ambientale


Economia circolare e sport: arriva la pista fatta con gli scarti delle scarpe
Fonte: green.it,26 Novembre 2017

L’Associazione GOGREEN alla EA7 Milano Marathon 2018 per la raccolta fondi area giochi Il Giardino di Betty dell’Ospedale San Carlo di Milano


La sindrome Nimby influisce sulla green economy


Arriva l'edilizia off-site


 
 
Privacy   |   Supporto

www.eso.it - info@eso.it