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Rassegna del 1 Giugno 2017
    

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Non solo compost: tutti i vantaggi dai biorifiuti italiani per clima, lavoro e territorio


Oggi il Cic (Consorzio italiano compostatori) festeggia 25 anni, e 65 milioni di tonnellate di rifiuti raccolte. Sono già 9mila gli occupati lungo la filiera, potrebbero arrivare a 13mila

Dal 2000 a 2015 la raccolta differenziata dell’organico in Italia è cresciuta con una media annua del 10%, passando da 1,3 a 6,1 milioni di tonnellate, tanto che oggi la raccolta della frazione organica (frazione umida + frazione verde) rappresenta oggi il primo settore di recupero in Italia con il 43% dei rifiuti urbani raccolti in maniera differenziata. Una cavalcata impressionante che inizia ancora prima, esattamente 25 anni fa, quando a Padova nacque il Cic: oggi il Consorzio italiano compostatori festeggia il suo primo quarto di secolo a Roma, alla presenza tra gli altri del ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, lanciando un ponte tra passato e futuro della filiera.

In questi primi 25 anni sono oltre 65 le milioni di tonnellate di rifiuti raccolte, un quantitativo enorme che è stato trasformato in 23,5 milioni di tonnellate di compost, contribuendo a stoccare nel terreno oltre 7 milioni di tonnellate di sostanza organica. Con un contributo importante anche nella lotta ai cambiamenti climatici: dal momento che per ogni chilogrammo di rifiuto organico non smaltito si evitano 0,68 kg di CO2equivalente, il settore del trattamento biologico (compostaggio e digestione anaerobica) ha evitato 44 milioni di tonnellate di CO2eq.

Oggi, inoltre, molte delle 127 aziende associate Cic – con 308 impianti attivi, che trattano 8,1 milioni di tonnellate di rifiuto organico ogni anno – si stanno trasformando in bioraffinerie, veri e propri poli tecnologici che, oltre al compost, producono anche biogas e biometano.

Il 33% del compost prodotto in Italia, inoltre, si fregia ormai del marchio “Cic” (che ne garantisce la qualità), un’arma in più contro il depauperamento dei suoli e il rischio di desertificazione, con le 23,5 milioni di tonnellate di ammendanti compostati che hanno reso disponibili 300.000 tonnellate di azoto, 190.000 di potassio e 170.000 di fosforo sul mercato dei fertilizzanti.

Complessivamente si tratta di una filiera che conta già 9.000 addetti e 1,7 miliardi di euro di fatturato, con ancora ampi margini di crescita. «La filiera di valorizzazione del biorifiuto – spiega il presidente del Cic, Alessandro Canovai (nella foto) – è strategica, oltre che per le grandi potenzialità industriali derivanti dallo sfruttamento del biometano, soprattutto per l’importanza vitale della restituzione ai suoli della sostanza organica attraverso l’utilizzo del compost. Il nostro auspicio, quindi, è che si intervenga per sostenere questa filiera favorendo l’utilizzo del compost in agricoltura, o prevedendo l’inserimento del compost negli acquisti verdi della Pubblica amministrazione (Gpp) in tutti quegli interventi dove si prevede l’uso di composti organici come parchi pubblici ed aziende agricole pubbliche. È ormai improcrastinabile un serio piano di infrastrutturazione impiantistica per le aree cronicamente carenti (parte del Centro e Sud del paese) e in alcune grandi città, a partire da Roma, pensando ai nuovi poli tecnologici, come le bioraffinerie, in grado di trasformare rifiuti in nuove risorse, con grandi vantaggi anche per l’occupazione».

Si stima infatti che nel 2025, con un servizio di raccolta esteso a tutti i comuni italiani, ben 9 milioni di tonnellate di rifiuto organico entreranno nel circuito della raccolta differenziata: ciò comporterà un netto aumento sia del fatturato che del numero di occupati nel settore, che potrebbero raggiungere rispettivamente 2,4 miliardi di euro e 13.000 addetti. Considerando l’attuale produzione di biorifiuto, se il rifiuto organico raccolto fosse interamente trattato negli impianti integrati di digestione anaerobica e compostaggio, il biometano prodotto (400 milioni di m3) potrebbe essere usato per alimentare circa l’80% della flotta utilizzata per la raccolta dei rifiuti stessi. Un 'giacimento rinnovabile' che potrebbe permettere di ridurre dunque in modo sensibile l’impiego del combustibile fossile.

Fonte: Greenreport.it, 24 maggio 2017




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