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Perché le balene si spiaggiano?
Quattro anni fa sette capodogli si erano arenati insieme sulla costa di Vasto. Uno studio prova a spiegare ora le ragioni per cui i cetacei perdono la rotta
Quattro anni fa 7 capodogli si spiaggiavano insieme lungo le coste abruzzesi di Vasto creando sorpresa e sollevando dubbi sul ruolo di attività antropiche quali la ricerca petrolifera in mare. Sicuramente questi eventi suscitano stupore e sconcerto tra le persone sensibili alla salvaguardia di queste specie. Nel tempo sono state avanzate molte ipotesi, alcune che coinvolgono anche la sfera mistica, altre che additano l’uomo tra le principali cause. Tuttavia lo spiaggiamento è un fenomeno normale ed ogni anno, migliaia di cetacei si spiaggiano nel mondo. In Italia, ad esempio, dal 1986 al 31 dicembre 2016, si sono spiaggiati 5275 cetacei e le specie più coinvolte sono tursiopi e stenelle. Ad esempio, lo scorso anno la maggioranza degli spiaggiamenti è avvenuta in Toscana e in Sardegna, come si può evincere dal diagramma sottostante, che illustra gli spiaggiamenti del 2017.
I picchi
In questo arco di tempo, si possono notare dei picchi nel numero degli animali spiaggiati in coincidenza di eventi straordinari per lo più di natura infettiva, com’è avvenuto nel 1991, 2011 e nel 2013. Queste impennate negli spiaggiamenti sono spesso associate ad infezione da Morbillivirus, un virus simile al nostro morbillo. Nonostante negli ultimi anni si siano compiuti passi da gigante, nel 40% circa dei casi, è difficile individuare una causa precisa. Mentre i veterinari analizzano caso per caso, sviluppando tecniche forensi per supportare le diagnosi, come un recente studio che individua le diatomee nelle ossa degli animali intrappolati accidentalmente nelle reti, il mondo della biologia prova a studiare questi fenomeni su larga scala.
Gli studi
Un recente studio, realizzato dai ricercatori di Ispra e del ministero dell’Ambiente e pubblicato sulla rivista European Journal of Wildlife Research, ha indagatole relazioni tra la capacità di pesca e gli spiaggiamenti avvenuti in Sicilia, regione che possiede la più grande flotta da pesca italiana. Dal 1995 al 2012 – precisano gli autori- la capacità di pesca in Sicilia è nettamente diminuita e, contemporaneamente, si è registrato un calo nel numero di cetacei spiaggiati. Tuttavia, questo non accade in altri bacini, come nell’Alto Adriatico, in cui il numero di tursiopi sembra aumentato nonostante il costante sforzo di pesca. Un altro interessante studio, avviato dalla Nasa un paio di anni fa, punta a studiare le anomalie magnetiche prodotte dalla struttura interna del campo magnetico terrestre e dalle tempeste geomagnetiche come possibile causa per gli spiaggiamenti di massa che si verificano periodicamente in diverse aree del pianeta. Il team analizzerà i dati relativi agli spiaggiamenti di massa, in combinazione con quelli relativi alla situazione meteorologica spaziale.
Il ruolo della capobranco
Tuttavia questi eventi vanno affrontati in maniera multidisciplinare, basandosi sulle evidenze delle prove perché ogni evento è singolo con caratteristiche proprie. Proprio recentemente, è stato pubblicato su Nature uno studio che punta a spiegare lo spiaggiamenti di massa di Vasto. In quell’occasione dei 7 capodogli vivi 3 morirono dopo poche ore, 4 furono eccezionalmente rimessi in mare grazie allo sforzo dei volontari sul posto coordinati dal Centro Studi Cetacei. Lo studio è stato condotto da un’equipe multidisciplinare coordinata dall’Università di Padova, sede del Cetaceans’ stranding Emergency Response Team che ha coinvolto 18 istituzioni, anche straniere e oltre 80 medici veterinari e biologi. Questo eccezionale sforzo ha permesso di scoprire che il gruppo di cetacei era guidato da una femmina incinta di 35 anni. «La capobranco soffriva inoltre di una patologia renale piuttosto seria, che ne ha alternato le capacità organiche. La patologia si è aggravata, perché per questi animali è difficile trovare prede in Adriatico, risulta quindi impossibile nutrirsi e dissetarsi (ndr i cetacei assumono la maggior parte dell’acqua di cui necessitano dall’alimento). Tutti gli esemplari avevano inoltre contratto morbillivirus che, seppur a uno stadio iniziale, ha compromesso le condizioni già pessime del gruppo», spiega Sandro Mazzariol, professore di patologia generale e anatomia patologica all’Università degli Studi di Padova e primo autore dello studio. Il gruppo di cetacei avrebbe dunque seguito l’esemplare guida fino allo spiaggiamento, complice anche una situazione meteo non ideale. Proprio di recente, in seno all’IWC – l’International Whaling Commision- è stato creato una Stranding Expert Panel, coordinato proprio da Mazzariol. L’obiettivo di questo nuovo organo sarà quello di indagare le cause degli spiaggiamenti, che per buona parte rimangono un mistero, e sviluppare protocolli atti alla gestione delle emergenze. Fonte: CORRIERE DELLA SERA, 22 settembre 2018
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