Meno spazio per le auto: corsie ciclabili ricavate sulle carreggiate. Ai semafori passano prima le bici
L’articolo 229 del decreto n. 34 del 19 maggio 2020 – il decreto rilancio – introduce alcune novità e precisazioni che puntano ad aumentare la progettazione di piste ciclabili nelle città italiane in tempi rapidi e a spingere così i cittadini a preferire la mobilità lenta agli spostamenti in auto.
Da sapere: casa avanzata e corsia ciclabile
Sono due definizioni fondamentali contenute nell’articolo 229 al comma 3. Come specificato, si va a modificare quanto contenuto nel Codice della Strada.
– Casa avanzata: linea di arresto per le biciclette in posizione avanzata rispetto alla linea di arresto per tutti gli altri veicoli;
– Corsia ciclabile: parte longitudinale della carreggiata, posta a destra, delimitata mediante una striscia bianca discontinua, valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione sulle strade urbane dei velocipedi nello stesso senso di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede. La Corsia ciclabile è parte della ordinaria corsia veicolare, con destinazione alla circolazione dei velocipedi.
Il decreto precisa, inoltre, che nelle intersezioni semaforizzate, tramite ordinanza, sulla soglia dell’intersezione si può realizzare la casa avanzata, estesa a tutta la larghezza della carreggiata o della semicarreggiata. Dal punto di vista tecnico, la casa avanzata può essere realizzata lungo le strade con velocità consentita inferiore o uguale a 50 km/h, anche con più corsie per senso di marcia, ad una distanza di almeno 3 metri rispetto alla linea di arresto stabilita per il flusso veicolare. L’area delimitata è accessibile attraverso una corsia di lunghezza pari almeno a 5 metri riservata alle biciclette, situata sul lato destro in prossimità dell’intersezione.
Vantaggi e perplessità
Partiamo da una considerazione. In media, gli italiani al volante non sono abituati né a contenere la velocità, né a convivere con un gran numero di ciclisti.
È chiaro che occorre abituarsi per il bene del Pianeta, dei propri polmoni, messi a dura prova dallo smog, e anche per abbattere i livelli di stress che in mezzo al traffico diventano ingestibili.
Ma abbiamo, evidentemente, ancora bisogno di un po’ di rodaggio. Ecco perché, di fronte al tracciamento di nuove ciclabili, qualche polemica scatta ed è fisiologica. Ma è il momento giusto: siamo reduci da una pandemia, ci siamo fermati, dobbiamo ripartire con regole nuove, frutto di ciò che abbiamo osservato ed imparato.
Uno dei vantaggi è che adesso sarà possibile realizzare nuove ciclabili in tempi piuttosto contenuti. In molti temono che una striscia di vernice non basti a garantire la sicurezza dei ciclisti, che così si ritrovano a pedalare accanto alle auto senza una “vera” ciclabile. Pare, tuttavia, che i dati su corsie di questo tipo e non realizzate sui marciapiedi dimostrino il contrario e siano sicurissime.
Il vero problema è che spesso le amministrazioni locali in Italia hanno evitato di tracciare corsie ciclabili sulle carreggiate esistenti perché si tratta di una scelta impopolare, considerata coraggiosa: significa togliere parcheggi e corsie per le auto, rischiando di perdere consensi (o comunque questo è ciò che si teme ancora nel privilegiare la mobilità lenta). In ogni caso, pare anche che avere accanto una corsia riservata ai ciclisti, porti gli automobilisti a tenere alta l’attenzione e ad essere più vigili rispetto a quando hanno la certezza che i ciclisti viaggino su piste esterne (ma risultano di fatto meno visibili).
L’esperimento di Genova
Escludendo quello arcinoto di Corso Buenos Aires a Milano, uno dei casi più recenti di come perplessità e complimenti pesino allo stesso modo sui piatti della bilancia è quello di Genova, dove si pensa a una ciclabile che unisca il centro ai primi confini della periferia a Ponente. Un progetto ambizioso, che si spera possa vedere davvero la luce in tempi ragionevoli. Per ora in Corso Italia, il lungomare dei genovesi che inizia da Boccadasse, è stata tolta una corsia alle auto per tramutarla in corsia ciclabile. I ciclisti si trovano così a pedalare tra auto e parcheggi, con l’ulteriore preoccupazione degli autobus che dovranno effettuare le fermate, possibilmente senza generare ingorghi in un tratto già storicamente molto trafficato. Piovono gli apprezzamenti per il coraggio, ma piovono anche le polemiche. Perché non una ciclabile tracciata sottraendo qualche metro al larghissimo marciapiede pedonale? Di fatto, è arrivato il primo incidente a poche ore dall’adozione del nuovo assetto, per fortuna non grave. Il risultato è che si stanno studiando altre soluzioni, segno che qualcosa non va.
La preoccupazione maggiore è che le nuove corsie ciclabili non hanno barriere a dividere auto e bici: la promiscuità preoccupa. In molti casi i ciclisti dovranno probabilmente vedersela comunque con parcheggi selvaggi lungo il loro tracciato, portiere aperte all’improvviso, guidatori selvaggi e motorini che invadono la loro corsia. Dove possibile, si può sfruttare a vantaggio dei ciclisti un maggiore spazio tra le due corsie, ma sappiamo che in molte città gli spazi sono limitatissimi. Che fare allora? Sensibilizzare, informare, sperare che l’eccezione e la novità diventino abitudine consolidata.
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