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Rassegna del 24 Gennaio 2019
    

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Alex Bellini: 10 fiumi e un Oceano, verso l’origine del problema PLASTICA


Alex Bellini, classe 1978, oltre ad un”immensa resistenza fisica e psicologica può vantare sicuramente una grande originalità nello scegliere e disegnare le sue missioni estreme: attraversamento a remi dell’Atlantico, da Genova al Brasile; attraversamento, sempre a remi , dell’Oceano Pacifico con partenza da Lima in Perù ed arrivo in Australia. Poi attraversamento, sci ai piedi più slitta, di Vatnajökull (in Islanda) che viene definita la cappa di ghiaccio più grande per volume in Europa. Non si contano poi le partecipazioni alle maratone estreme: dai 1.400 km. a piedi in Alaska ai 5.300 km. (sempre a piedi) da Los Angeles a New York. Ora è pronto per l’ultima grande avventura, che ci ha raccontato in una telefonata da Londra, dove vive…

D) Alex ci hai abituato a imprese estreme, ma questa volta conta anche il messaggio: stai per attraversare il Great Pacific Garbage Patch ovvero un milione e mezzo di chilometri quadrati di plastica, tre volte la Francia. Un viaggio ai confini della corsa autodistruttiva umana…

R) Si tratta di un progetto articolato. La prima fase comprende la navigazione dei 10 fiumi più inquinati al mondo. Verso l’origine del problema plastica. Si parla tanto dell’Oceano, ma lì si può solo intravedere il problema, la conseguenza delle azioni dell’uomo che nascono in questi corsi d’acqua (8 sono in Asia e 2 in Africa). Voglio iniziare da Hai, un piccolo fiume vicino a Pechino, partenza tra febbraio e marzo 2019. Sempre quest’anno ho in programma (tra il primo e il secondo fiume della mia lista) di navigare lungo il Great Pacific Garbage Patch, con la barca utilizzata per attraversare il Pacifico a remi. Voglio “prendere contatto” con l’isola e vederne poi il cambiamento…

D) I fiumi che percorrerai sono solo in Asia e Africa. Situazioni più drammatiche che in Europa?

R) Non c’è fiume europeo tra i dieci più inquinati, solo asiatici ed africani. Questo fatto però non ci deve far dormire sonni tranquilli, anche i corsi d’acqua europei sono profondamente inquinati, ma non hanno estensione paragonabili a quelli degli altri continenti. Bisogna ricordare che lungo  il corso dei fiumi cinesi si trovano zone altamente antropizzate…

D) La plastica sembra oggi essere riconosciuta come uno dei grandi problemi ambientali, tutti condannano “il fenomeno”, ma poi non si vedono politiche globali per invertire la tendenza. E anche la comunicazione sul riciclo a volte è fuorviante: anche se riciclata la plastica resta pur sempre plastica! E lo stesso processo industriale di riciclo non è esente da impatto ambientale…Va dunque indubbiamente ridotta nell’uso comune.

R) La soluzione è una e anche drastica: basta con la produzione degli oggetti monouso! Non voglio demonizzare la plastica, materiale perfetto per l’economia, imperfetto per l’ecologia. L’unico modo per affrontare il problema è non creare l’accumulo a monte. Si devono bandire tutti i prodotti che hanno vita molto breve, gli usa e getta. In questo modo si ridurrebbe la quantità di plastica scaricata nei fiumi.

D) Basta questo per fermare l’invasione dei polimeri sintetici?

R) Serve a rendere l’uomo – su cui è spesso mal riposta la speranza – più educato e rispettoso di sé stesso, della natura e delle altre persone. Vedo, per esempio, qui in Gran Bretagna una mancanza di sensibilità: neanche gli inglesi sono preparati a questi discorsi, a questa rivoluzione. Al parco pubblico fanno cimiteri di plastica! Bisogna educare ad usare bene la plastica, portare all’attenzione delle conseguenze delle nostre abitudini di vita e di consumo. Il problema è che non le vediamo. Si fa finta che non esistano, bisogna metterle davanti agli occhi di tutti.

D) La tua prossima impresa contribuirà proprio a sensibilizzare sui danni di un uso smisurato e soprattutto sull’abbandono nell’ambiente della plastica, giusto?

R) Esatto, navigare tra i 10 fiumi più inquinati al mondo è un modo per colmare il gap informativo, in termine tecnici si deve ridurre la distanza psicologica che ci impedisce di essere turbati quando acquistiamo un prodotto usa e getta, per esempio una bottiglietta di acqua alla stazione. Si deve accorciare questa distanza… Puntare sulla responsabilità personale. La bottiglietta dopo 5 minuti finisce nell’immondizia, ma non sparisce. La plastica non tutta viene riciclata, si tratta solo di una piccola parte: forse il 30%, il resto viene incenerito o disperso nell’ambiente!

D) Come dicevamo, il riciclo da solo non risolve il problema…

R) Inoltre molta plastica non è nemmeno riciclabile, perché gli oggetti spesso sono fatti con più plastiche, con l’accoppiamento. Per favorire il riciclo se ne deve usare solo di un’unica tipologia.

D) Torniamo all’aspetto di psicologia sociale… La tua riflessione sulla “distanza” dal turbamento è molto interessante…

R) Una grande cosa che stiamo perdendo, a livello di esseri umani – penso sia l’inizio e la base dei nostri problemi - è la perdita di contatto con l’ambiente. Una delle priorità è ricreare un ponte tra uomo e natura, il giorno che perderemo tutti i legami avremo problemi seri, molto gravi! Uno studio realizzato qui nel Regno Unito sostiene che i 3/4 dei bambini tra i 5 ed i 10 anni passa meno tempo all’aria aperta dei detenuti! La fonte di attrazione è verso l’interno, non all‘esterno, dove al contrario si immagina il pericolo, l’estraneo, la paura. Ma è proprio lì fuori che dobbiamo recuperare una condivisione con l’ambiente!

D) Veniamo – come sempre nella nostra rubrica – al tuo apporto personale alla causa ambientale. A parte le grandi imprese dimostrative, cosa fai nel tuo piccolo per ridurre il tuo impatto?

R)  Come dici io ho la fortuna di fare un mestiere che crea molta curiosità nelle persone e ho l’occasione di parlare a migliaia di persone. Ma poi do anche il buono esempio: faccio ovviamente la differenziata, cerco di rifiutare i consumi che mi vengono offerti  in plastica ed educare anche le mie figlie alla sostenibilità. Loro sono più sensibili di quanto lo fossi io da bambino. Ma alla fine il contributo maggiore credo sia proprio nel cercare di sensibilizzare le persone attraverso l’avventura. I racconti di viaggio hanno creato molto interesse in tutte le epoche, sono uno strumento che mi permette di dare il mio contributo ad un cambiamento che deve essere sopratutto culturale…

 

Fonte: GREENEWS.INFO, 11 gennaio 2019




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