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ISSUE 320

Contrastare l’inquinamento fa bene (anche) al clima

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Contrastare l’inquinamento fa bene (anche) al clima

Purtroppo, le notizie sui livelli di inquinamento nella Pianura Padana passano quasi inosservate. Eppure, ogni volta confermano la gravità di una situazione che non ha praticamente paragoni in Europa e che meriterebbero risposte immediate e decise. Per fortuna, le possibili soluzioni non mancano e se adottate potrebbero anche contribuire a rallentare l’evoluzione del riscaldamento globale.

 

Una conferma della criticità della situazione del bacino padano e la sottolineatura del ruolo degli allevanti intensivi. È quello che emerge dalla lettura di due analisi, pubblicate di recente, che hanno confermato che la qualità dell’aria nella Pianura Padana è tra le peggiori in Europa.

 

L’Agenzia europea per l’ambiente ha messo online un tool grazie a cui è possibile visualizzare le concentrazioni annuali medie di PM2.5 relative a 323 città europee, elaborate a partire dai dati raccolti da una rete di oltre 400 punti di monitoraggio.

 

Scorrendo la classifica, ai primi posti si piazzano Umeå in Svezia, Tampere in Finlandia e Funchal in Portogallo, mentre all’ultimo posto si trova Nowy Sacz in Polonia, preceduta da Cremona e Slavonski Brod in Croazia.

 

Fatto ancora più preoccupante, negli ultimi 10 posti ci sono, oltre a cinque città polacche, quattro città italiane, tutte nel bacino padano: Cremona, appunto, con Vicenza, Brescia e Pavia.

 

Altre conferme sono arrivate anche da un’altra ricerca, Premature mortality due to air pollution in European cities: a health impact assessment, uscita su Lancet Planet Health.

 

Secondo lo studio, il primo da aver analizzato gli impatti dell’inquinamento da polveri sottili e ossidi di azoto a livello delle singole città, le analisi fino a oggi disponibili prendevano in considerazione l’intero stato; Brescia e Bergamo guidano la classifica dell’esposizione al particolato ultrasottile, mentre Milano e Torino sono rispettivamente terza e quinta nella graduatoria riferita agli ossidi di azoto.

 

Lo studio di Lancet, che indica tra le fonti dell’inquinamento il traffico, le attività industriali e la combustione di biomasse, a cui si possono sommare particolari condizioni meteorologiche, conclude che, adottando misure rigorose per la riduzione delle sostanze inquinanti, si potrebbero evitare circa 125.000 decessi all’anno da PM2,5 e quasi 80.000 morti all’anno per l’esposizione a NO2.

 

Nella ricerca non compare però quella che è una delle specificità della Pianura Padana, la zootecnia, che produce enormi quantità di ammoniaca e ossidi d’azoto, precursori per la formazione del particolato.

 

In Lombardia, in particolare, si concentrano quasi un terzo dei bovini e oltre la metà dei suini allevati in Italia, situazione che rende urgente l’adozione di politiche con cui rendere più sostenibile il settore dell’allevamento.

 

Applicazioni mirate dei fertilizzanti e dei fitofarmaci, elettrificazione dei mezzi, impiego di energie rinnovabili e ottimizzazione della logistica, adozione di tecniche di aratura minima e sostegno alle pratiche di agroforestazione, agricoltura biologica e di bioeconomia: come si vede le soluzioni non mancano, e oltre a ridurre la produzione di sostanze inquinanti possono dare un contributo rilevante anche alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

 

Proprio l’evoluzione del clima in Europa è al centro di uno studio pubblicato su Nature, a cui hanno partecipato Susanna Corti, del Cnr-Isac, e Michela Angeloni, del dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Bologna e Cnr-Isac, che ha dimostrato che le incertezze nelle previsioni dipendono sostanzialmente dalle variazioni future nelle correnti nell’Oceano Atlantico.

 

La fusione dei ghiacci della Groenlandia sta immettendo nell’Atlantico settentrionale enormi quantità di acqua dolce, che stanno alterando i gradienti di salinità e temperatura della Corrente del Golfo, causandone un rallentamento.

 

I modelli di simulazione climatica restituiscono previsioni molto differenti su questo rallentamento, con un range che varia tra il 18 e il 74% rispetto alla velocità attuale.

 

Gli autori dello studio hanno esaminato gli output di 30 modelli differenti e hanno riscontrato che, nei modelli in cui la diminuzione delle correnti del Nord Atlantico è minore, il clima in Europa si scalda di più, con un incremento delle precipitazioni sul Nord Europa.

 

Nei modelli in cui le correnti del Nord Atlantico subiscono invece una riduzione più significativa, la temperatura e le piogge aumentano di meno, ma si verifica uno spostamento verso nord della circolazione atmosferica che modifica il percorso tipico delle perturbazioni cicloniche durante l’inverno sull’Europa.

 

Attualmente sono in corso campagne di osservazione nel Nord Atlantico che permetteranno di avere stime più accurate sul rallentamento della circolazione oceanica e sviluppare simulazioni del clima europeo molto più precise, utili anche per avere informazioni sul superamento di eventuali tipping point nella circolazione atlantica e predisporre nel caso adeguate misure di risposta.

 

Simone Gandelli

 

 

Photo: pixabay 995645

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