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ISSUE
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economiecircolari.eu
L’Italia è un paese pronto a convertire il suo paradigma economico in un modello circolare, che possa puntare non solo a migliorare l’impatto ambientale ma anche a favorire processi virtuosi di inclusione sociale.
Imprese, enti pubblici, cooperative, scuole e studenti emergono come gli attori principali di questa importante volontà di cambiamento.
È il quadro che emerge dal progetto ECCO – Economie Circolari di COmunità, promosso da Legambiente (finanziato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali) e che in 18 mesi ha coinvolto oltre 700 realtà territoriali, 24 scuole e oltre 3000 studenti in tutta Italia, con l’obiettivo di promuovere l’economia circolare attraverso percorsi formativi mirati a favorire da una parte, un modello produttivo che punti alla riduzione degli sprechi e dell’inquinamento, e dall’altra nuove forme di occupazione.
Sono nati così quindici “poli di economia circolare” in tutta la penisola, chiamati Rihub, che per un anno e mezzo, nonostante le difficoltà legate alla pandemia in corso, hanno organizzato corsi formativi ai green jobs focalizzandosi su diverse filiere sostenibili: dall’ecoturismo all’eco-ristorazione, dal cicloturismo all’apicoltura, dalla rigenerazione di apparecchiature informatiche alle consegne sostenibili.
Per la formazione di tali corsi sono stati indispensabili i risultati di due indagini, entrambe rivolte al mondo delle imprese, per osservare quanto e come investano in termini di sostenibilità e quanto spazio sarà dedicato ai lavori green nei prossimi anni.
La prima, condotta da Eleonora Di Maria dell’Università di Padova, ha esaminato 64 aziende certificate come “circolari” e analizzato, durante il periodo di pandemia, le strategie di investimento, la gestione delle reti di fornitura dei materiali e la sostenibilità ambientale e sociale.
Il 69 per cento di queste imprese proviene dal mondo della manifattura mentre il 31 per cento si occupa di servizi.
La seconda, condotta da Green Factor analizzando i dati di Unioncamere relativi a mille imprese manifatturiere, ha rilevato che le imprese più ecosostenibili sono anche le più resilienti: nella crisi, determinata dalla pandemia, il 16 per cento che ha effettuato investimenti per la sostenibilità è infatti riuscito ad aumentare il proprio fatturato, una percentuale che nel caso di quelle non green si è fermata al 9 per cento.
Questa capacità di resilienza incide anche sull’occupazione, in quanto le imprese eco-investitrici assumono un po’ di più e hanno risultati migliori in fatto di export. Inoltre, le competenze green sfiorano una domanda di lavoro dell’82 per cento, e le competenze digitali addirittura del 93. In cifre, nel corso dei prossimi quattro anni, dal 2021 al 2024, il mercato del lavoro richiederà 1,6 milioni di lavoratori che sappiano sviluppare soluzioni e strategie ecosostenibili, e per quasi un milione di profili l’attitudine al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale sarà il fattore dirimente ai fini dell’assunzione.
Il progetto ECCO, infine, ha visto nascere una “Guida alle professioni green”, un vademecum con 27 professioni – più o meno comuni – per le quali sono richieste percentuali sempre maggiori di competenze verdi.
Daniela Di Iorio
Photo: Pexels
Rassegna del 09 Luglio, 2021 |
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