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ISSUE 323

Come la meteorologia si sta adattando alla crisi climatica

Gli eventi meteorologici estremi stanno diventando più frequenti e distruttivi. Nella battaglia per salvarci, qual è il ruolo di climatologi e meteorologi?

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Come la meteorologia si sta adattando alla crisi climatica

Le inondazioni improvvise, come quelle che hanno colpito la Germania, il Belgio e la città di Londra nel mese di luglio, saranno più comuni con il peggiorare della crisi climatica. È l’avvertimento lanciato da un gruppo di scienziati britannici: le alluvioni causate dagli acquazzoni estivi saranno più frequenti, e nessuna città dell’Inghilterra è al sicuro.

 

Cos’è l’estremizzazione climatica

 

Non è l’unico appello arrivato nelle ultime settimane, che hanno visto almeno due continenti alle prese con condizioni atmosferiche particolarmente difficili. Alcuni ricercatori svizzeri hanno pubblicato uno studio che rivela come il verificarsi di eventi meteorologici estremi, tra cui ondate di calore simili a quella che ha recentemente interessato gli Stati Uniti, stia diventando sempre più probabile.

 

Nello specifico, queste ondate di caldo record saranno dalle due alle sette volte più probabili nei prossimi tre decenni e dalle tre alle 21 volte più probabili nel periodo compreso fra il 2051 e il 2080, a meno che i livelli di CO2 non scendano immediatamente. Le aree più a rischio, secondo i ricercatori, sono le regioni densamente popolate del Nordamerica, dell’Europa e della Cina.

 

“Uno degli effetti principali dei cambiamenti climatici è proprio l’estremizzazione climatica, in base alla quale i fenomeni meteo tendono a diventare con più frequenza intensi o addirittura estremi”, spiega Serena Giacomin, meteorologa e climatologa, presidente di Italian climate network. “Un fenomeno meteorologico intenso è un fenomeno calamitoso, che può avere degli effetti negativi in termini di danni e anche di vittime; un fenomeno estremo, invece, è un fenomeno che non rientra nella statistica climatica di un determinato territorio”.

 

Il caso degli Stati Uniti

 

A proposito di Stati Uniti, la Noaa (National oceanic and atmospheric administration) ha rilasciato nel mese di maggio le medie climatiche del paese, dati aggiornati ogni dieci anni che da un lato permettono ai meteorologi di stabilire quali temperature o precipitazioni siano da record, e dall’altro consentono a cittadini e turisti di farsi un’idea del clima di una determinata regione, per capire come vestirsi, quando seminare le piantine nell’orto, e cose di questo genere.

 

Queste informazioni consentono di avere un quadro preciso dell’evoluzione climatica di un territorio: nel tempo, le mappe statunitensi sono diventate sempre più “rosse”, cioè più calde. Un cambiamento netto si può vedere tra la mappa del 2020 e quella del 2010: praticamente ogni paese americano è diventato più caldo. Il sudovest è diventato più secco, mentre nella costa est sono aumentate le piogge.

 

Cent’anni fa c’erano sempre le alluvioni, c’erano sempre le siccità, ma erano meno frequenti e meno violente, quindi davvero qualcosa è cambiato e quello che oggettivamente è cambiato è che abbiamo un Pianeta più caldo, e tutto questo calore poi si tramuta in energia e in fenomeni meteorologici più violenti.

 

Dati come questi sono fondamentali per i meteorologi. “Le previsioni sono sempre più precise e accurate, ma i singoli episodi diventano difficili da seguire e da prevedere, quindi anche per i meteorologi è una bella sfida che non sempre si riesce a vincere perché, comunque sia, c’è sempre quella parte di imprevedibilità dell’atmosfera che con questi fenomeni diventa un pochino più marcata”, spiega Paolo Corazzon, meteorologo di 3bmeteo.com.

 

“Questi fenomeni così violenti e intensi sono anche molto localizzati. Se pensiamo ai fenomeni italiani di questi ultimi giorni, tipo le grandinate eccezionali sul nord Italia, davvero ti sposti di pochi chilometri e passi dalla grandine grossa come palline da golf al sole quasi, quindi sono davvero molto circoscritti”.

 

L’esempio della Germania

 

In Germania ci sono stati diversi fattori che hanno fatto sì che le alluvioni fossero così drammatiche. Innanzitutto, sembra che il livello di saturazione del suolo prima dell’arrivo di quelle piogge fosse già molto elevato, e questo è un aspetto importante. Se il territorio è già saturo, non è in grado di assorbire ulteriore acqua in caduta. Le piogge sono state evidentemente intense, ma soprattutto durature, perché la bassa pressione presente era quasi stazionaria.

 

Il calore e l’umidità sono i combustibili di un temporale. - Serena Giacomin, presidente di Italian climate network -

 

Inoltre, “si arrivava da un periodo di anomalie termiche molto significative, anche nel territorio della Lapponia e del mare del Nord. E questo è quello che ci deve far riflettere di più forse, cioè il fatto che se tu hai delle anomalie termiche anche di 10-15 gradi in più in Lapponia, quest’aria così calda non fa altro che dare energia alle perturbazioni in arrivo, sapendo tra l’altro che l’aria calda riesce ad immagazzinare una quantità di umidità superiore rispetto a quella fredda. Il calore e l’umidità sono i combustibili di un temporale. Questo è forse il legame più stretto che si può trovare fra l’intensità di un evento meteo e il riscaldamento globale”, chiarisce Serena Giacomin.

 

I cambiamenti climatici causano anche delle modifiche nelle correnti oceaniche e atmosferiche. Senza contare che la distruzione di ecosistemi fondamentali per i cicli idrogeologici del Pianeta, come l’Amazzonia, sta alterando profondamente gli schemi delle precipitazioni.

 

E in Italia?

 

Umidità e calore. Sono proprio due motivi per cui la penisola italiana è a rischio. “L’Italia è un paese morfologicamente difficile, dove fenomeni idrogeologici violenti sono all’ordine del giorno: abbiamo le due catene montuose più alte d’Europa, le Alpi e gli Appennini, e le montagne hanno un ruolo fondamentale nella circolazione atmosferica e quindi, spesso, sono sede di fenomeni meteorologici violenti. Abbiamo il Mediterraneo, che è un mare caldo, che fornisce energia all’atmosfera. Non a caso, l’Italia è il paese europeo in cui si registra il maggior numero di tornado”, prosegue Paolo Corazzon.

 

Per quanto riguarda le zone da monitorare, nessuno si salva. Il nord effettivamente resta la zona in cui eventi piovosi di particolare intensità sono più frequenti, trovandosi a metà strada fra il cosiddetto clima temperato mediterraneo e quello europeo, ma episodi simili hanno interessato, a più riprese, tutti gli angoli della nostra Italia.

 

Spaventarsi va bene, ma non basta

 

Gli scienziati svizzeri che hanno previsto l’intensificarsi dei fenomeni meteo estremi hanno sfruttato, per i loro modelli, lo scenario peggiore perché in effetti, nonostante le politiche adottate per il clima, i livelli di CO2 nell’atmosfera non sono ancora scesi. Con una diminuzione rapida e immediata delle emissioni, il rischio si riduce dell’80 per cento.

 

La rinuncia è non fare niente, la rinuncia è avere a che fare con questi fenomeni, non è cambiare un po’ le nostre abitudini. Se una soluzione a tutto è difficile da trovare, migliorare si può sempre, tutti i giorni. - Serena Giacomin, presidente di Italian climate network -

 

Dobbiamo accoglierlo come un dato positivo: “Non è più sufficiente interpretare i dati unicamente come dei messaggi d’allerta”, conclude Giacomin. Un atteggiamento simile può portare all’empirismo o addirittura al negazionismo, perché la società non ha voglia di accollarsi un problema come quello dei cambiamenti climatici. “Al contrario, dobbiamo utilizzare i dati scientifici come strumento per poter prendere delle decisioni: va bene spaventarsi, ma serve poi agire”.

 

Come? Gli esperti ce lo dicono da tempo: mitigando e adattando. Cioè riducendo l’inquinamento e adattando il territorio alla nuova climatologia. Le nostre città sono state costruite con il clima di un tempo, ma ormai le cose sono cambiate. Pertanto, devono evolversi anche i centri abitati.

 

Sicuramente un aiuto grosso lo sta dando la meteorologia e sarà sempre più fondamentale nel futuro. - Paolo Corazzon, meteorologo di 3bmeteo.com -

 

Climatologi e meteorologi devono fare fronte comune in questa battaglia. I climatologi sono indispensabili per mettere a punto politiche di adattamento. I meteorologi diventeranno sempre più fondamentali nelle situazioni di emergenza che, sempre più spesso, ci troveremo ad affrontare. A fronte di previsioni del meteo accurate, si possono prevedere fenomeni intensi e quindi mettere in allerta i territori e la popolazione, salvando delle vite.

 

Noi dobbiamo fare la nostra parte, e fra le azioni più efficaci che possiamo intraprendere ci sono la riduzione del nostro consumo di carne e la scelta di investimenti sostenibili. È bello però sapere che abbiamo degli esperti a cui affidarci: anziché vederli come “portatori di sventura”, impariamo a vederli come coloro che possono davvero salvarci.

 

Elisabetta Scuri

 

 

Photo: LucyKaef

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