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ISSUE
323
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Rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, oltre ai benefici climatici e ambientali, porterebbe un plus anche all’economia del settore energetico: con politiche climatiche efficaci e stringenti aumenterebbero i posti di lavoro del settore energetico globale entro il 2050, dagli attuali 18 milioni per arrivare a 26 milioni.
Lo afferma un’approfondita analisi dei posti di lavoro del sistema energetico globale e dell’impatto delle diverse politiche climatiche ed energetiche, realizzata da Rff-Cmcc European Institute on Economics and the Environment in collaborazione con University of British Columbia, Vancouver e Chalmers University of Technology, Gothenburg.
E l’occupazione nel settore delle fonti fossili? La tanto temuta ondata verso la quale anche il Ministero della Transizione ecologica metteva in guardia?
La maggior parte dei posti di lavoro nel settore dei combustibili fossili – oggi oltre 12 milioni di persone lavorano nei settori energetici del carbone, del petrolio e del gas naturale – andrebbe persa ma, in molti Paesi questa perdita potrebbe essere compensata dalle nuove opportunità di lavoro offerte dal settore delle energie rinnovabili.
Trasformare completamente l’industria energetica, sebbene sia tecnicamente possibile, resta una questione politica che deve affrontare i tempi e i metodi del passaggio: uno dei principali fattori a influenzare il supporto alle politiche climatiche, in particolare nei Paesi ricchi di combustibili fossili, è l’impatto che queste ultime potrebbero avere sui posti di lavoro di questo comparto.
8 milioni di posti di lavoro grazie alle rinnovabili
Lo studio Meeting well-below 2°C target would increase energy sector jobs globally, appena pubblicato sulla rivista One Earth, mostra come politiche climatiche stringenti porterebbero a 8 milioni di posti di lavoro in più nel settore energetico globale entro il 2050, principalmente per gli aumenti nelle industrie del solare e dell’eolico, se rispettassimo il target di limitare l’aumento della temperatura globale a 2°C previsto dall’Accordo di Parigi.
I ricercatori hanno messo a punto un nuovo database globale di fattori occupazionali per 50 Paesi per tecnologia e categoria lavorativa, e avvalendosi di un modello di valutazione integrata (Iam) hanno preso in esame l’impatto degli obiettivi climatici globali per rimanere ben al di sotto dei 2°C sull’occupazione nel settore energetico, considerando le diverse tecnologie e fonti energetiche, le tipologie di lavoro e le diverse regioni.
In particolare, la loro analisi si è focalizzata sull’impatto delle variazioni del sistema energetico sui lavori diretti, ovvero su quei lavori che sono legati ad attività chiave per le catene di approvvigionamento energetico e che sono più strettamente correlati con la crescita e il declino delle tecnologie energetiche.
Come evidenziano i risultati dello studio, nel 2050, della totalità dei posti di lavoro del comparto energetico per lo scenario ben al di sotto dei 2°C, l’84% sarebbe nel settore delle energie rinnovabili, l’11% in quello dei combustibili fossili e il 5% nel nucleare.
Inoltre, mentre i posti di lavoro nel settore dei combustibili fossili, in particolare quelli del settore estrattivo, che costituiscono l’80% degli attuali posti di lavoro del settore, diminuirebbero molto rapidamente, sarebbero compensati da un aumento del numero di posti di lavoro nei comparti dell’energia solare ed eolica.
Una grossa fetta (pari a 7,7 milioni nel 2050) della crescita del numero di nuovi posti di lavoro nel solare e nell’eolico sarebbero nel comparto manifatturiero, che non è soggetto a vincoli geografici e che pertanto potrebbe portare a una competizione tra i Paesi per accaparrarsi questi nuovi posti di lavoro.
I risultati dello studio mostrano, a livello regionale, nell’Unione europea, un generale incremento dei posti di lavoro rispetto a oggi (sia per lo scenario 2°C che per lo scenario di riferimento), ma la sua entità dipende dal percorso Ssp (Shared Socioeconomic Pathways) adottato.
Medio Oriente, Nord Africa e Stati Uniti potrebbero invece essere interessati da un notevole aumento complessivo dei posti di lavoro del settore energetico, con l’espansione delle energie rinnovabili, mentre la Cina potrebbe subire una sostanziale perdita di posti di lavoro con il declino del settore del carbone.
Photo: kalhh
Rassegna del 06 Agosto, 2021 |
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