La Newsletter di ESO
ISSUE 329

Così le imprese virtuose ci traghetteranno verso una nuova era

Presidente del Csr Manager Network, promotore del Salone della Csr e dell'innovazione sociale (12-13 ottobre), Marisa Parmigiani, anche responsabile sustainability del gruppo Unipol, ci conduce in un interessante viaggio nel mondo che verrà

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Così le imprese virtuose ci traghetteranno verso una nuova era

Head of sustainability and stakeholder management del Gruppo Unipol, Marisa Parmigiani è indubbiamente una delle figure di spicco in Italia nell’ambito della responsabilità sociale d’impresa (Csr), con esperienze maturate in diversi ambiti, ultimo in ordine di tempo quello assicurativo, che, come racconta, «è partito in ritardo, cinque, sei anni fa, ma sta recuperando le posizioni perdute con potenzialità molto elevate di accompagnare a un reale sviluppo sostenibile».

 

Con lei, che è anche presidente del Csr Manager Network, che ha come obiettivo quello di creare un network virtuoso fra realtà aziendali e professionisti impegnati nella Csr, promotore anche del Salone della Csr e dell’innovazione sociale (quest’anno 12-13 ottobre all’Università Bocconi di Milano in presenza per un numero limitato di persone, ma con gli eventi trasmessi anche in streaming), un interessante viaggio nel mondo della Csr e degli inevitabili (e auspicabili) scenari futuri che ci attendono.

 

“Rinascere sostenibili” è il leitmotiv del Salone della Csr e dell’Innovazione sociale di quest’anno. Quali i temi più importanti che verranno toccati nel corso dell’evento?

 

Ruoteranno intorno a tre C: concretezza, coerenza e collaborazione, vale a dire la capacità di tradurre in azioni concrete, contro ogni retorica, gli impegni presi in ambito sostenibilità, un impegno che è in grado allo stesso tempo di garantire che l’azienda possa rimanere in piedi e in salute sul mercato; senza dimenticare la collaborazione con i vari stakeholder, l’unico modo per creare valore condiviso, con i clienti certo, ma anche con la comunità, le altre aziende e tutti i propri interlocutori.

 

Che è anche, quest’ultima, proprio una delle mission del vostro Network. Quali sono le priorità della sua presidenza?

 

Esattamente, perchè un buon network che collabora e condivide stimola comportamenti virtuosi. Riguardo le priorità, direi innanzitutto garantire la qualità e la formazione dei Csr manager in un momento in cui sta crescendo sempre di più l’attenzione ai temi della sostenibilità. Questo si fa attraverso un buon network appunto e prevedendo momenti di aggiornamento e formazione in un contesto in cui in molti si improvvisano esperti di sostenibilità…

 

Il Salone della Csr e dell’innovazione sociale si tiene quest’anno il 12 e 13 ottobre presso l’Università Bocconi di Milano con accesso limitato del pubblico e i vari eventi trasmessi in diretta streaming sulla piattaforma dedicata.

 

Di cosa secondo lei oggi le aziende, soprattutto le Pmi che sono lo zoccolo duro del sistema produttivo italiano, hanno più bisogno?

 

Hanno bisogno di alfabetizzare i loro imprenditori alle nuove esigenze del mercato e dei consumatori, per le quali ormai non si può più prescindere dalla sostenibilità; di accompagnare una nuova generazione imprenditoriale a guardare al cambiamento sia all’esterno dell’azienda che al suo interno. È fondamentale, quindi, una forte azione di sensibilizzazione a questi temi per la costruzione di una nuova cultura di consapevolezza.

 

C’è anche un deficit di comunicazione molto spesso: alcune realtà, anche molto virtuose e con progetti super interessanti, non comunicano in modo adeguato ciò che di buono fanno…

 

È vero, difficoltà a comunicare, ma anche tanta difficoltà a farsi ascoltare, le due cose sono collegate. Purtroppo di fronte alle notizie positive c’è spesso la tendenza a considerarle pubblicità occulta, come un tentativo di dire “quanto sono bello, quanto sono bravo”, ma non sempre è così. Il problema è che le notizie negative catturano di più l’attenzione delle persone e fanno più audience.

 

La pandemia ci ha insegnato qualcosa o si sta rivelando un’occasione sprecata? Sembra che si stia riprendendo esattamente come prima, con l’unica premura di dimenticare il più presto possibile, un po’ a tutti i livelli, ciò che abbiamo vissuto nell’ultimo anno e mezzo…

 

Non sono d’accordo. Credo che le imprese abbiano imparato essenzialmente due temi: hanno toccato con mano quanto sia attuale e concreta l’interconnessione tra i diversi trend, un qualcosa che fino a qualche tempo fa veniva solo discusso teoricamente ma non se era percepito l’impatto potenziale. Si è capito profondamente, con la pandemia, quanto ogni cosa sia strettamente connessa e quanto sia importante l’impatto che ciascuno di noi, aziende comprese, ha sul pianeta: se l’ambiente è malato peggiora lo stato di salute di ogni singolo componente di questo sistema interconnesso, azienda inclusa. Tra questi sicuramente c’è più attenzione alla tutela della biodiversità.

 

Sostenibilità e mondo bancario e assicurativo, settore dal quale lei viene, a che punto sono? Quale lo stato dell’arte?

 

C’è da fare ancora tantissimo, il mondo assicurativo si è mosso tardi e si sta impegnando in modo sostanziale soltanto da cinque o sei anni, ma le potenzialità di accompagnare un reale sviluppo sostenibile sono molto elevate e per fortuna ci si sta muovendo nella giusta direzione, l’impegno del settore su questo tema è oggi altissimo.

 

Con la Fondazione Unipolis che tipo di progetti promuovete?

 

Lavoriamo essenzialmente su quattro aree: cultura, benessere, lavoro, mobilità, e proprio su quest’ultimo tema abbiamo realizzato, insieme con Cittadinanzattiva, un progetto molto interessante che ha coinvolto 1.863 studenti di 14 città metropolitane.

 

Tutti insieme hanno predisposto un loro manifesto della mobilità sostenibile che racchiude il punto di vista e le richieste dei giovani, adulti del domani, per una mobilità sostenibile, che riduca le emissioni e al tempo stesso garantisca anche la sicurezza sulle strade e la salute delle persone, per esempio tramite mezzi di trasporto che agevolino anche il movimento e l’attività fisica degli individui.

 

Come in generale le aziende italiane potrebbero diventare un po’ più sagge, “wise” appunto?

 

Imparando a confrontarsi sempre più e meglio con la società civile. Ci vogliono aziende che sappiano includere il punto di vista dei giovani, perché è importante avere uno sguardo intergenerazionale sulle cose. Questo dà una maggiore capacità di includere le nuove generazioni nei processi decisionali, di valorizzarle, di coglierne gli spunti, le idee, gli slanci, che sono senz’altro preziosi e utili per tutti.

 

Vincenzo Petraglia

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