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ISSUE 334

Scacco matto alle rinnovabili: senza cambiare le regole del gioco, in Italia niente impianti

Continuando così raggiungeremo i target Ue al 2030 nel 2100

greenreport.it

Scacco matto alle rinnovabili: senza cambiare le regole del gioco, in Italia niente impianti

Legambiente: «Se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta arrivasse al termine dell’iter autorizzativo, la nostra Penisola avrebbe già raggiunto gli obiettivi climatici europei»

 

Mentre il clima italiano si surriscalda a velocità più che doppia rispetto alla media globale, gli impianti per ricavare energia dalle fonti rinnovabili avanzano a passo di lumaca almeno dal 2014 e non accennano ad accelerare, neanche col Governo dei Migliori al comando.

 

Il nuovo report della più diffusa associazione ambientalista italiana, Legambiente, parla senza mezzi termini di scacco matto alle rinnovabili, ostacolate «da una burocrazia farraginosa, ma anche da blocchi da parte di amministrazioni locali e regionali, da comitati Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato) senza dimenticare il ruolo del ministero della Cultura e delle Sovrintendenze. A metterle sotto scacco matto – spiega il Cigno verde – sono normative obsolete, la lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, la discrezionalità nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, blocchi da parte delle sovrintendenze, norme regionali disomogenee tra loro a cui si aggiungono contenziosi tra istituzioni. E la poca chiarezza è anche causa delle opposizioni dei territori che devono districarsi tra regole confuse e contraddittorie».

 

Il caos è tale che anche alcuni circoli di Legambiente portano avanti battaglie di retroguardia sui territori locali, nonostante la rotta indicata con forza dal Cigno verde nazionale.

 

«I pesanti rincari in bolletta dovuti all’eccessivo consumo di gas in Italia – dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – si affrontano in modo strutturale, non con l’aumento della produzione nazionale dei pochi idrocarburi presenti nel sottosuolo e nei fondali marini italiani o con un surreale ritorno al costosissimo nucleare, ma con lo sviluppo delle rinnovabili, l’innovazione industriale e politiche di efficienza energetica in edilizia. È urgente snellire le procedure per i nuovi progetti».

 

Basta vedere cosa sta accadendo lungo lo Stivale per soppesare la profondità dello stallo. Per offrire uno spaccato nel merito, Legambiente ha censito 20 diverse storie di drammatica normalità: ad esempio quella dell’impianto eolico offshore di Taranto, 10 turbine proposte nel 2008 a largo del porto della città, che vede l’avvio dei lavori dopo ben 12 anni di opposizioni, prima da parte della Regione e della sovrintendenza in difesa del bellissimo “paesaggio dell’ex Ilva” e poi dell’Amministrazione tarantina.

 

«Al momento – spiega Katiuscia Eroe, responsabile Energia di Legambiente – le attuali regole e procedure portano i tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esempio, a 5 anni contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Tempi infiniti per le imprese, ma soprattutto per la decarbonizzazione che ha bisogno di un quadro normativo, composto da regole chiare, e semplici da applicare, e che dia tempi certi alle procedure. Inoltre è fondamentale mettere al centro le esigenze dei territori, passando per una partecipazione attiva e costruttiva degli stessi, in grado di far realizzare 9 GW di fonti rinnovabili l’anno da qui al 2030.  Il paesaggio è un bene comune e inevitabilmente sarà trasformato dalla presenza delle rinnovabili, ma questa trasformazione deve avere un valore positivo, con rinnovabili ottimamente integrate che è quello che tutti auspichiamo, e con ciminiere e gruppi di centrali termoelettriche che verranno smantellati».

 

Eppure tutti gli ostacoli stanno di fatto mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi europei climatici che prevedono una riduzione del 55% delle emissioni, al 2030, rispetto ai livelli del 1990 e una copertura da rinnovabili del 72% per la parte elettrica.

 

Un obiettivo preciso per mantenere la temperatura al di sotto del grado e mezzo e che l’Italia con i suoi 0,8 GW di potenza media annua installata negli ultimi 7 anni rischia di veder raggiunti non prima del 2100.

 

Un vero e proprio paradosso, dato che «se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta arrivasse al termine dell’iter autorizzativo, la nostra Penisola avrebbe già raggiunto gli obiettivi climatici europei». Mentre gli impianti non si installano, i progetti per provare a realizzarli crescono: analizzando i dati Terna in tema di richieste di connessione pendenti e in attesa di rispostasi nota che solo fra il 2018 e il 2020 c’è stato un incremento del 250%, fino ad arrivare – limitando l’osservazione a fotovoltaico ed eolico – a 95 GW di richieste (fra approvate e ancora in sospeso), per la connessione alla rete elettrica nazionale di trasmissione in alta tensione, a cui si aggiungono ulteriori 10 GW ai distributori locali di energia in media e bassa tensione.

 

Che fare per sbloccare la situazione? Nel report Legambiente ricorda che tra le prime criticità che investono lo sviluppo delle fonti rinnovabili c’è la mancanza di un quadro normativo unico e certo in grado di mettere ordine e di ispirare le decisioni di tutti gli attori coinvolti nei processi di valutazione e autorizzativi. Il principale riferimento è il Decreto interministeriale del 10 settembre 2010, un testo ormai obsoleto, che necessità di una revisione congiunta da parte di Mite, Mise e ministero della Cultura.

 

Urge dunque i«l varo di un Testo Unico che semplifichi gli iter di autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato e dia tempi certi alle procedure.  Inoltre a fianco a processi di semplificazione dei processi, di trasparenza e certezza dei tempi è necessaria una maggiore partecipazione dei territori sia nell’individuazione delle strategie da attuare per il raggiungimento degli obiettivi climatici sia nella realizzazione e individuazione dei siti dove questi devono essere collocati», concludono da Legambiente.

 

Luca Aterini

 

 

Photo: succo

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