La Newsletter di ESO
ISSUE 368

Riprendersi da un disastro. Il modo in cui gestiamo il nostro rapporto con la natura determinerà il nostro futuro

Riduzione del rischio di catastrofi: compiuti progressi deboli e insufficienti

greenreport.it

Riprendersi da un disastro. Il modo in cui gestiamo il nostro rapporto con la natura determinerà il nostro futuro

Proprio mentre l’Italia viveva il dramma dell’alluvione della Romagna, dal 17 al 19 maggio al palazzo di vetro dell’Onu a New York si tenevano l’High-Level Meeting on the Midterm Review of the Sendai Framework e il Risk Reduction Hub.  I delegati hanno adottato una dichiarazione politica che chiede di migliorare i meccanismi nazionali per condividere dati e analisi sui rischi di catastrofi, anche a livello regionale e internazionale.

 

Il Risk Reduction Hub, co-ospitato dall’United Nations Office for Disaster Risk Reduction (UNDRR), Dall’United Nations environment programme (UNEP) e dalla Partnership for Environment and Disaster Risk Reduction (PEDRR), ha organizzato l’evento “Working with Nature for Resilience” al quale hanno partecipato esperti, ONG e governi che hanno discusso di salvaguardia della biodiversità, soluzioni basate sulla natura e approcci basati sugli ecosistemi.

 

Jamil Ahmad, direttore affari intergovernativi dell’ufficio di New York dell’Unep, ha sottolineato che «Il modo in cui gestiamo il nostro rapporto con la natura determinerà il nostro futuro. Per il 2050,  il gap finanziario per l’attuazione di soluzioni basate sulla natura (NbS) sarà vicino a 4,1 trilioni di dollari. Gli investimenti per le NbS devono triplicare».

 

Diversi Paesi hanno descritto le sfide integrate natura-disastri-clima che stanno affrontando. La ministra del territori e dell’ambiente del Mozambico, Ivete Maibaze, ha ricordato che «11 cicloni hanno colpito il Mozambico dal 2015. I piani nazionali armonizzati sono stati essenziali».

 

Trevor Bhupsingh, di Public Safety Canada, ha descritto  la stagione eccezionale di incendi che ha colputo il suo Paese,  facendo notare che «Le First Nation Indigenous Peoples lo avevano previsto da tempo, ma che la loro conoscenza non era stata mobilitata e dovrebbe esserlo».

 

In un panel sulla riduzione del rischio degli investimenti e sulla riconfigurazione del sistema finanziario globale, i relatori hanno sottolineato il notevole potenziale di innovare l’architettura finanziaria. Uno dei partecipanti ha sottolineato che «Il ruolo della finanza è evidenziato nel Sendai Framework, nell’Accordo di Parigi, nel Global Biodiversity Framework, eppure il sistema finanziario globale, che è allineato su un aumento della temperatura di 3 gradi Celsius, sta contribuendo al nostro fallimento nel raggiungere questi obiettivi e target».

 

Un altro panel sulla previsione strategica e sull’accelerazione dell’attuazione dell’Agenda 2030  ha  discusso della tecnologia come soluzione e come rischio, come l’intelligenza artificiale, nonché l’integrazione dei dati, la previsione e la comunicazione del rischio.

 

Raul Salazar, a capo dell’Ufficio regionale dell’UNDRR per le Americhe, una regione che rappresenta il 53% delle perdite economiche globali legatealle catastrofi e con alti tassi di mortalità, ha detto a UN News che «Dall’uragano Ivan in Giamaica nel 2004 ai terremoti in Perù nel 2007 e ad Haiti nel 2010, l’UNDRR ha sviluppato un’acuta comprensione dell’impatto dei disastri e di cosa si può fare per evitarli o prevenirli. Siamo continuamente confrontati con una realtà che ci mostra che i disastri, o i rischi associati ai disastri, sono più complessi di quanto avessimo mai pensato. Ad esempio, abbiamo sviluppato quello che chiamiamo un “sistema di governance” per la riduzione del rischio di disastri nei Paesi. Le agenzie si occupano dei rischi, delle risposte o dei meccanismi di risposta alle emergenze nel contesto dei pericoli naturali legati al clima, ai terremoti o alla geologia, ai vulcani, agli uragani e ai tornado. Ma la realtà ci mostra che è più complesso. Ad esempio, il Covid-19, che è una forma di coronavirus che esiste dai primi anni 2000, era un rischio biologico. Quando nel 2015 il Sendai Framework è stato adottato, non si trattava solo di pericoli naturali, ma piuttosto di una comprensione più ampia di cosa significa rischio – dai disastri provocati dall’uomo ai pericoli biologici – come nel caso del terremoto del 2010 in Giappone e del disastro nucleare a Fukushima. Nasce così l’idea di un quadro centrale, che deve tener conto di tutti questi rischi e di tutti gli effetti a cascata che possono avere. Costruiamo noi stessi disastri nel modo in cui scegliamo di dirigere il nostro sviluppo. Se prendiamo decisioni urbanistiche, dobbiamo chiederci come utilizzeremo il nostro territorio, come progetteremo le città o come costruiremo opere pubbliche, ospedali e scuole. Dobbiamo anche integrare questi problemi nella pianificazione futura, tanto più che quasi il 32% della popolazione della regione vive in condizioni di povertà ed è a rischio di essere direttamente colpito dai pericoli naturali».

 

La vicesegretaria generale dell’Onu Amina Mohammed, ha avvertito che « La gestione del rischio non è un’opzione, ma un impegno globale. Il nostro mondo è a un punto decisivo della storia. Mentre rivediamo il nostro viaggio a metà strada verso il 2030, dobbiamo riconoscere che i progressi sono stati deboli e insufficienti, mettendo a rischio gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) del 2030. Poiché i Paesi non hanno rispettato gli impegni in materia di clima e sviluppo sostenibile, i disastri naturali che avrebbero potuto essere prevenuti hanno causato centinaia di migliaia di vittime e costretto milioni di persone allo sradicamento, principalmente donne, bambini e altri gruppi vulnerabili».

 

Una situazione è stata esacerbata dalla pandemia di Covid-19, dalla “triplice crisi” del cambiamento climatico, dalla perdita di biodiversità e dall’inquinamento, dall’aumento del costo della vita, dalle disuguaglianze alle stelle e dalla guerra in Ucraina. Ulteriori minacce vengono dai gap di governance strutturale all’interno dei sistemi bancario e finanziario globale, mentre gli scienziati avvertono degli impatti a cascata e irreversibili dell’allarme globale. La Mohammed ha sottolineato che «Affrontare queste sfide significa cambiare la nostra risposta al rischio attraverso il pensiero sistemico, l’azione collaborativa e l’implementazione intelligente e agile delle risposte per prevenire, gestire e mitigare i rischi globali».

 

Mami Mizutori, a capo dell’UNDRR, ha però fatto notare che «Dal 2015 non ci sono state solo tempeste e conflitti.  Ad esempio, un numero crescente di governi ha istituito o aggiornato sistemi nazionali di contabilità delle perdite e si è registrato un aumento significativo del numero di Paesi con strategie nazionali per la riduzione del rischio di catastrofi.  Tuttavia, il progresso rimane diseguale. Inoltre, i rischi che si trasformano in disastri continuano a colpire in modo sproporzionato i Paesi meno sviluppati del mondo, i piccoli Stati insulari in via di sviluppo, i Paesi africani e in via di sviluppo senza sbocco sul mare, nonché i Paesi a reddito medio. Poiché i rischi non vengono gestiti, i disastri si stanno materializzando più velocemente, superando la nostra capacità di far fronte, con conseguenze sempre più disastrose per le persone, i mezzi di sussistenza, la società e gli ecosistemi da cui dipendiamo. Oggi, l’imperativo di realizzare il risultato, gli obiettivi  e i target del Sendai Framework è più importante che mai. E’ necessario passare dalla gestione dei disastri alla gestione del rischio di disastri, investendo nella gestione del rischio e comprendendo la governance del rischio. Bisogna stanziare maggiori risorse nazionali per garantire che la DRR sia integrata nei processi di bilancio pubblico, spesa, investimenti e appalti, sviluppando incentivi per gli investimenti privati ​​nella DRR e integrando la DRR nel lavoro delle autorità finanziarie, affrontando i fallimenti del mercato».

 

Un punto che è stato ulteriormente sottolineato dal 23enne studente universitario  Mustafa Kemal Kılınç, sopravvissuto al devastante terremoto che a febbraio ha colpito la Turchia facendo più di 50.000 vittime  persone.  Mustafa ha raccontato che quando ha colpito il terremoto lui era ad Hatay per visitare la sua famiglia e ha detto che «Oggi sono qui perché il nostro edificio non è crollato. Questo perché il nostro appaltatore aveva applicato standard elevati per rendere il nostro edificio resistente ai terremoti. Non possiamo prevedere i disastri naturali. Ma possiamo certamente essere preparati ogni volta e ovunque si verifichino. Spero che, grazie al vostro lavoro, ci saranno meno vittime di disastri come me in tutto il mondo».

 

Il presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, Csaba Kőrösi, ha concluso:«La revisione intermedia è stata la nostra ultima possibilità prima del 2030 per cambiare rotta collettivamente, C’è la necessità fondamentale di agire.  Otto anni dopo, dobbiamo ammettere che i nostri progressi non hanno tenuto il passo con l’urgenza dei nostri giorni. Dal 2015, il numero noto di persone colpite da disastri è aumentato di 80 volte. Occorre comprendere le interdipendenze tra acqua, energia, cibo, salute, commercio, sistema finanziario e ambiente, nonché la natura dinamica del rischio. E’ necessario allontanarsi da un pensiero reattivo e a breve termine per andare verso politiche proattive che affrontino vulnerabilità e incertezze. Se non ci prepariamo, ci prepariamo a fallire. Gli Stati devono sviluppare capacità permanenti di valutazione e gestione del rischio al più alto livello nazionale entro il 2030 e istituire una struttura per la riduzione del rischio nel sistema finanziario».

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