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ISSUE 375

Monouso o riutilizzo? L’impatto sul clima degli imballaggi nello studio di Zero Waste Europe

Uno studio di Zero Waste Europe calcola le emissioni di gas serra prodotte dai diversi tipi di imballaggi. Il peggiore? Il cartone della pizza

economiacircolare.com

Monouso o riutilizzo? L’impatto sul clima degli imballaggi nello studio di Zero Waste Europe

Mentre l’Italia è concentrata sull’opposizione al regolamento sugli imballaggi, è di questi giorni la notizia che il voto in commissione Ambiente (Envi) del Parlamento europeo slitta al 23-24 ottobre. In questo modo il testo del regolamento potrebbe approdare in plenaria durante la seconda sessione di novembre. Col forte rischio che il provvedimento voluto dall’Unione europea per riscrivere, migliorandole, le regole sulla produzione degli imballaggi e la gestione del loro fine vita ( insieme a un policy framework sulle bioplastiche) possa essere rinviato alla prossima legislatura e, probabilmente, venire affossato. Ecco perché le associazioni di settore e quelle ambientaliste stanno pressando le istituzioni comunitarie per accelerare i tempi.

 

Ne è prova ulteriore l’ultimo studio, redatto da Zero Waste Europe, Reloop e TOMRA e prodotto da Eunomia Research & Consulting Eunomia, in cui gli imballaggi da asporto riutilizzabili dimostrano il loro potenziale per una significativa riduzione delle emissioni di gas serra rispetto alle alternative monouso. Lo studio esamina vari tipi di imballaggio, tra cui tazze, scatole per hamburger, ciotole, scatole per pizza e contenitori per sushi, evidenziando il potenziale di riduzione delle emissioni con efficienti sistemi di restituzione e lavaggio. Con l’orizzonte temporale del 2030 lo studio prevede una raccolta, un lavaggio e una ridistribuzione efficienti degli imballaggi riutilizzabili, sottolineando la riduzione delle emissioni e l’importanza della progettazione, incoraggiando sperimentazioni su larga scala per la convalida e il perfezionamento.

 

Quali imballaggi danneggiano di più il clima?

 

Nello studio diffuso sul sito di Zero Waste Europe ci si concentra sull’impatto climatico dei diversi tipi di imballaggi. È stata così prevista una modellizzazione per misurare le emissioni di gas serra, in modo da mettere a confronto gli imballaggi monouso con gli equivalenti imballaggi riutilizzabili. La ricerca ha anche simulato un sistema di riutilizzo che impiega reti logistiche per gestire il riutilizzo efficiente dei contenitori da asporto.

 

Per far comprendere da subito l’approccio utilizzato, lo studio fa un esempio concreto. “Quando un consumatore acquista un caffè da asporto – si legge nel report – sono già stati emessi alcuni gas serra per estrarre le materie prime, trasformarle nella tazza attraverso la produzione e distribuirla. Altri gas serra verranno emessi quando la tazza sarà gestita come rifiuto a fine vita. Una tazza utilizzata una sola volta contiene tutte le emissioni derivanti dalla sua produzione, distribuzione e gestione a fine vita. Può essere riciclata, anche se i contenitori da asporto monouso vengono spesso gettati via, e alcuni finiscono come rifiuti a causa di una gestione inadeguata degli stessi. In un sistema riutilizzabile, invece, ogni contenitore viene utilizzato per più porzioni di cibo e bevande (si hanno cioè più eventi di consumo). Per ogni evento di consumo vengono utilizzate meno materie prime e meno contenitori devono essere utilizzati”.

 

Il solito sospetto del cartone della pizza

 

Come detto in precedenza, si passano poi in rassegna i vari tipi di imballaggi per bevande e cibo. Si nota così che le potenzialità maggiori di riduzione per le emissioni di gas serra risiedono nei bicchieri mentre, sostiene lo studio di Zero Waste Europe, “alcuni tipi di contenitori, come le scatole per la pizza, necessitano probabilmente di ulteriori miglioramenti progettuali per sfruttare appieno i vantaggi del riutilizzo”. 

 

Dato che un sistema esteso ed efficace di riutilizzo nei 27 Stati membri dell’Ue praticamente non esiste, lo studio ipotizza da sé alcune condizioni: l’energia necessaria, la percentuali di viaggi in auto, il rendimento del processo di lavaggio professionale e i tassi di restituzione/rotazione del riutilizzo. È stato valutato anche il design, e ciò ha dato i risultati più significativi, ancora una volta, proprio nel caso del cartone della pizza. “La sua massa grande e ingombrante – ammette lo studio di ZWE – la rende l’articolo più difficile da riutilizzare. I risultati mostrano che diminuendo il peso del cartone della pizza riutilizzabile del 20% (85 grammi) si può ridurre l’impatto sui gas serra di un sistema riutilizzabile al di sotto di un sistema monouso”. Seppur buonissima per chi la mangia, dunque, la pizza è tra gli alimenti più difficili da digerire per il Pianeta.

 

In conclusione, se è vero che lo studio testimonia come il riutilizzo sia più conveniente dal punto di vista climatico rispetto al monouso, è altrettanto innegabile che si parla ancora di potenzialità. Nel senso che è ora di passare dalle sperimentazioni e dagli studi a un vero e proprio cambio di paradigma. Da una parte le scelte di chi consuma, certamente, ma dall’altra serve una precisa volontà politica.

 

 

Photo: Hans 

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