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ISSUE 375

Sei sfumature di greenwashing. Breve glossario per riconoscere le nuove trappole

Greenlabelling, greenlighting o greencrowding: il greenwashing si fa sempre più insidioso e per difendersi è necessario sapersi orientare tra i diversi termini che lo caratterizzano. Qui un breve glossario in cui ve ne spieghiamo sei

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Sei sfumature di greenwashing. Breve glossario per riconoscere le nuove trappole

Se abbiamo preso confidenza con il termine greenwashing non ci sorprenderà scoprire che questa forma di ecologismo di facciata può manifestarsi in molti modi, più o meno evidenti. È quindi probabile che molto presto sentiremo usare sempre più spesso termini come greenlabelling, greenlighting o greencrowding. Ma cosa significano esattamente? E in che modo possono aiutarci come consumatori, ma anche come aziende o investitori, a capire le azioni che sono davvero volte alla sostenibilità?

 

Ecco un breve glossario, tratto dal report Greenwashing Hydra del think tank Planet Tracker, e utile per orientarsi in un mondo, quello del greenwashing, sempre più insidioso e sofisticato.

 

Greencrowding

 

La prima tipologia di greenwashing che Planet Tracker prende in esame è il cosiddetto greencrowding. Questo si basa sulla pratica di “nascondersi tra la folla” per evitare che il proprio impatto o le proprie mancanze in tema di sostenibilità vengano scoperte. È un metodo utilizzato soprattutto nell’ambito di ampie collaborazioni, in cui vengono fuori grandi numeri che rischiano di essere fuorvianti perché non lasciano intendere il reale impegno (e impatto) delle singole organizzazioni. 

 

In pratica, secondo i ricercatori, se si stanno sviluppando politiche di sostenibilità, è probabile che il soggetto interessato – un’azienda ma anche un governo – “si muova alla velocità del più lento”, e che rallenti quindi il processo di cambiamento.

 

“Il greencrowding è una strategia particolarmente intelligente, – scrivono ancora nel report – poiché gli investitori e i media sono naturalmente attratti dai grandi numeri associati a questi gruppi”. Il consiglio è quindi quello di monitorare i reali progressi verso gli obiettivi dichiarati dei singoli soggetti interessati.

 

Il greenlighting si verifica quando un’azienda, attraverso pubblicità o comunicazione, mette in evidenza un aspetto, per quanto piccolo, legato ad un prodotto o un’azione che presuppone un certo grado di sostenibilità al fine di distogliere l’attenzione da attività dannose per l’ambiente condotte in altre aree. Si tratta quindi oscurare il reale impatto ambientale dell’azienda, mettendo in luce l’unica e, a volte insignificante, azione sostenibile. 

 

“Quando Total – scrivono sul report – è stata ribattezzata TotalEnergies nel 2021, ha promosso il fatto di aver cambiato nome su Twitter usando l’hashtag #MoreEnergiesLessEmissions e facendo riferimento a come si stava adattando per affrontare la sfida del clima”. 

 

“Poiché – aggiungono – ha in programma di mantenere la produzione di petrolio e di aumentare quella di gas, questo atto di greenlighting ha portato ad un’azione legale contro l’azienda per violazione del divieto di pratiche ingannevoli ai sensi della Direttiva europea sulle pratiche sleali dei consumatori. L’azione legale congiunta sostiene che TotalEnergies ha in programma di produrre più combustibili fossili da qui al 2050, rendendo irraggiungibile il suo obiettivo net zero”.

 

L’azione legale cui fa riferimento Planet Tracker risale al 2022 ed è portata avanti da un gruppo di organizzazioni no-profit, guidate da Greenpeace, Friends of the Earth, Notre Affaire à Tous e ClientEarth. A questa TotalEnergies ha risposto di essere sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050, mettendo in dubbio la metodologia di calcolo del report di Greenpeace.

 

Greenshifting

 

Il greenshifting si verifica quando c’è una colpevolizzazione del consumatore, su cui viene di fatto scaricata la responsabilità puntando sui consumi del singolo o sulle buone pratiche che può intraprendere: un modo per smarcare le aziende, specie le grandi aziende, dal ruolo decisivo che stanno avendo all’interno dei processi legati alla crisi climatica.

 

Un esempio riportato da Planet Tracker rimanda a novembre 2020, quando Shell, la major del petrolio e del gas, ha chiesto ai suoi clienti cosa le persone fossero disposte a fare per contribuire a ridurre le emissioni di carbonio nel mondo. In risposta, la deputata statunitense Alexandria Ocasio-Cortez ne ha sottolineato l’audacia, sostenendo che l’azienda fosse consapevole da decenni dei danni che le emissioni stavano causando. 

 

In questo caso è una pratica piuttosto facile da individuare: basta avere la consapevolezza della sproporzione che passa tra le azioni di un singolo cittadino – senza dimenticare l’importanza delle buone pratiche – e quelle di un colosso.

 

“Prevediamo – scrivono nel report – che le agenzie pubblicitarie che lavorano per conto delle aziende saranno più caute nell’adottare questa strategia in futuro”.

 

Greenlabelling

 

Il greenlabelling, che potremmo tradurre come “etichettatura verde”, è una pratica di marketing che prevede che un prodotto o un servizio venga promosso o pubblicizzato come verde, sostenibile o attraverso uno dei tanti sinonimi –  bio, naturale, ecologico –, senza effettivamente esserlo o essendolo solo in parte.

 

Secondo il report il greenlabelling sembra essere la forma più diffusa di greenwashing. Motivo per cui anche la Commissione europea si è concentrata su questo problema osservando che “oggi è difficile per i consumatori, le imprese e gli altri attori del mercato dare un senso alle numerose etichette ambientali e alle iniziative sulle prestazioni ambientali di prodotti e aziende”.

 

“La Commissione europea –  scrivono – sostiene che ci sono più di 200 etichette ambientali attive nell’UE e più di 450 in tutto il mondo; ci sono più di 80 iniziative e metodi di rendicontazione ampiamente utilizzati per le sole emissioni di carbonio”.

 

Inoltre la Commissione europea non è l’unica organizzazione che cerca di definire questi termini: la Federal Trade Commission statunitense indaga per stabilire “l’accuratezza di vari claim ambientali”.

 

Greenrinsing

 

Il greenrinsing si riferisce a quando un’azienda cambia regolarmente i propri obiettivi ESG prima di raggiungerli.

 

“Negli ultimi anni – denunciano – abbiamo assistito a un’esplosione di metodi di misura, claim e obiettivi di sostenibilità, ma molti di questi non sono comprovati o sembra improbabile che vengano raggiunti”. 

 

A questo proposito, Net Zero Tracker ha rilevato che tra le prime 2.000 società quotate in borsa per fatturato, solo 702 hanno obiettivi net zero. Di queste, solo il 65% (456 su 702) soddisfa gli standard minimi di rendicontazione procedurale. Inoltre, circa la metà delle oltre 700 aziende ha inserito gli obiettivi di zero emissioni nei documenti strategici aziendali o nelle relazioni annuali, mentre le restanti hanno solo annunciato la volontà di perseguire tali obiettivi.

 

Planet Tracker sostiene di aver assistito a questa strategia da parte di Coca-Cola e PepsiCo: “Negli ultimi 5 anni, PepsiCo ha modificato i propri obiettivi di riciclo tre volte, mentre Coca-Cola lo ha fatto due volte”.

 

Oltre agli obiettivi in continua evoluzione, per entrambi sono stati identificati un ampio numero di ostacoli per cui potrebbero non essere in grado di raggiungere i loro obiettivi: 47 per Coca-Cola e 13 per PepsiCo.

 

Greenhushing

 

Il termine greenhushing si ha quando un’azienda non dichiara le proprie performance di sostenibilità nella speranza di eludere il controllo da parte degli investitori.

 

Si tratta di una delle strategie di greenwashing più sofisticate. Ad esempio, le aziende potrebbero puntare ad ottenere un aumento della valutazione di sostenibilità senza sottoporsi ad un’adeguata verifica da parte degli investitori, suggerendo che le performance di sostenibilità dell’azienda siano maggiori di quanto appaiono ufficialmente sulla carta.

 

Gli investitori possono così cedere al greenhushing, in quanto suggerisce che l’azienda è più sostenibile di quello che in molti credono, e quindi sottovalutata. 

 

Photo: Ulysse Pointcheval

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