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ISSUE
381
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sustainability-lab.net
Transformers Foundation, ha recentemente pubblica to il report dedicato all’industria del denim “Towards A Collective Approach: Rethinking Fashion’s Doomed Climate Strategy”.
Lo studio presenta considerazioni interessanti e che possono stimolare parecchie riflessioni:
la responsabilità per l’azione climatica nella moda non è condivisa equamente all’interno della filiera, ma viene affrontata in gran parte come un problema dei fornitori. Questo approccio non solo è ingiusto, è impraticabile e destinato a fallire.
La maggior parte dei brand che adottano i criteri SBT fissano obiettivi che coprono le emissioni dell’intera catena di approvvigionamento (dove si concentra la maggior parte delle emissioni), ma senza fornire supporti alla filiera. In pratica, ci si aspetta che i fornitori non solo svolgano la maggior parte del lavoro per ridurre le emissioni e decarbonizzare i processi, ma che se ne assumano i costi (anche quando non sono possibili ritorni finanziari).
Cambiare questo approccio e pensare diversamente ai rapporti con la propria supply chain andrebbe nella direzione indicata dall’Accordo di Parigi sulla necessità di una transizione equa e giusta.
In sostanza gli SBT non devono alimentare le disuguaglianze all’interno della filiera della moda gravando sugli anelli più deboli della catena del valore ma diventare al contrario uno strumento di crescita ed emancipazione per le imprese più deboli.
Si sollecita quindi il settore a esplorare un approccio differenziato alla definizione degli obiettivi – che tenga conto del contesto, della fattibilità, dell’equità, dei supporti finanziari e di altre condizioni abilitanti – come parte della soluzione.
Su questo punto il rapporto è molto chiaro:
‘Il primo passo verso un’azione collettiva è separare la questione “chi fa” da quella “chi paga”. In altre parole, solo perché un’azienda ha bisogno di decarbonizzarsi profondamente per raggiungere obiettivi climatici collettivi, non significa che sia automaticamente responsabile di pagare il conto. Questi due pezzi del puzzle – dove deve essere svolto il lavoro e chi paga – devono essere risolti separatamente. I contributi dovrebbero essere legati alla capacità di pagare e potrebbero tenere conto, ad esempio, dell’equità, dei margini e delle emissioni storiche. Ciò richiede il trasferimento della responsabilità per l’azione a favore del clima dai fornitori a un responsabile condiviso lungo tutta la catena del valore dell’abbigliamento’.
Ma i brand che nei bilanci di sostenibilità citano obiettivi di riduzione dei GHG se non addirittura neutralità carbonica, saranno disposti ad abbracciare questa visione?
Il rapporto può essere scaricato qui
Aurora Magni
Photo: Rio Lecatompessy
Rassegna del 8 Dicembre, 2023 |
20 di 25 della rassegna... |
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