La Newsletter di ESO
ISSUE 382

Ciao Massimo!

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Ciao Massimo!

La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile esprime il più sincero cordoglio per l’improvvisa  scomparsa di Massimo Scalia.

 

Padre dell’ambientalismo italiano, professore e politico a tutto tondo, Massimo Scalia, tra il 1980 e il 1990 è stato leader del movimento antinucleare legando il suo nome alle battaglie contro l’atomo. E’ stato uno dei protagonisti della vittoria del referendum del 1987 che ha portato alla fine dell’avventura del nucleare italiano da lui definito “un elemento marginale per l’Italia”. Ha dato anche un importante contributo al referendum del 2011 contro il tentativo di rilanciare il nucleare. Ha insegnato e fatto ricerca in Fisica Matematica per oltre 40 anni alla «Sapienza» di Roma, coniugando il metodo scientifico con lo spirito necessario nelle battaglie ambientaliste.

 

Cofondatore dei Verdi, proprio del neonato partito verde ha fatto parte, nel 1987, del drappello dei primi parlamentari del “Sole che ride” alla Camera dei Deputati. Parlamentare fino al 2001 ha promosso la legislazione su fonti rinnovabili e risparmio energetico (Leggi 9 e 10 del 1991) e sul bando dell’amianto (1992). E’ stato anche primo Presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Tra i fondatore di Legambiente, allora Lega per l’Ambiente, negli ultimi anni, finito l’impegno parlamentare, Massimo Scalia è rimasto un punto di riferimento soprattutto sui grandi temi delle energie pulite e della transizione energetica e ha lavorato con Giorgio Parisi, nella commissione scientifica sul decommissioning degli impianti nucleari.

 

Lo ricorda Edo Ronchi:

 

Massimo Scalia è venuto a mancare, aveva 81 anni. Ci eravamo incontrati, senza sospettare che sarebbe stata l’ultima volta,  il 1 dicembre, al Congresso di Legambiente. Siamo tornati a casa – abitiamo vicino – condividendo lo stesso taxi. Ci conoscevamo ed eravamo amici da molti anni. Come  accade, invecchiando, ci siamo visti di meno. Avevamo quindi molte cose da dirci: sulle nostre famiglie e su quello che facevamo. Inevitabilmente siamo finiti col parlare degli annunci fatti da esponenti del governo sul ritorno al nucleare. Massimo Scalia, insieme al suo inseparabile amico Gianni Mattioli, era un fisico e un profondo conoscitore delle problematiche dell’energia e del nucleare. Con Massimo si gustava un’ironia tagliente e si imparava sempre qualche informazione aggiornata e qualche numero utile. Se con la definizione di “ambientalismo scientifico” si intende connotare un approccio alle questioni ecologiche basato su robuste conoscenze, su studi seri e rigorosi, su dati e fatti, Massimo è stato un maestro di riferimento. Purtroppo ci accorgiamo quanto siamo stati fortunati a conoscere e frequentare alcune persone quando se ne vanno e avvertiamo un vuoto doloroso.

 

Ermete Realacci

Molti ricorderanno Massimo Scalia per l’impegno politico e civile, per il suo ruolo infaticabile di maestro e formatore, che l’ha portato a essere protagonista nei movimenti, nella battaglia antinucleare insieme all’inseparabile Gianni Mattioli, nella nascita di Legambiente e nella fondazione dei Verdi. È giusto e persino dovuto che sia così. Io però faccio fatica a separare l’impegno civile dall’amicizia. In tutti questi anni ho continuato, pur cambiando i ruoli, a chiamarlo “Boss”. Uno scherzo e una specie di parola d’ordine tra noi, che a lui piaceva. Mi rendo ora conto che questa amicizia, crudelmente interrotta, pur nella diversità di generazioni, dura da cinquant’anni. Nata da una condivisione politica e di valori a partire dal 1973 in quello che era il nucleo del Manifesto del dipartimento di Fisica a Roma, che aveva come nume tutelare Marcello Cini. Cresciuta in frequentazioni comuni, vacanze insieme con la tanto amata e fiammeggiante Adele, scomparsa nel luglio scorso. E poi confronti, incontri in tutta Italia, lunghissime e rissose partite a tennis: Massimo, al contrario del suo carattere nella vita, era un pallettaro, detto da me che non sono mai stato un interprete credibile del serve & volley.

L’apparente cinismo di Massimo nascondeva una sensibilità e una gentilezza straordinarie. Nel maggio scorso, in risposta a un mio pezzo sulla storia di Legambiente dopo l’incidente di Chernobyl, mi scrisse un commento, come sempre autoironico e brillante: “Sto diventando peggio degli alcolisti anonimi, con un sorso di vino mi commuovo a ogni refolo di epica”. E mi inviò un suo articolo apparso su Nuova Ecologia sulla nascita di Legambiente nel 1980 e sul ruolo avuto dal Comitato per il controllo delle scelte energetiche guidato da lui e Mattioli. Scriveva Massimo all’inizio di quest’anno: “Pci e Psi sperano, con l’operazione Lega per l’ambiente-Arci, di recuperare il dissenso sul nucleare. Poche settimane prima, a gennaio, si è tenuta a Venezia la Conferenza sulla sicurezza nucleare e neanche la “benedizione” di Edoardo Amaldi al “via” al piano nucleare del governo – i maligni sussurrano ottenuta a patto di non far eleggere Antonino Zichichi alla presidenza del Cern di Ginevra – è riuscita a cogliere l’obiettivo. Addirittura, reduce dalla Conferenza, il sindaco di Montalto ha emesso un’ordinanza di blocco dei lavori della centrale. Una vera patata bollente, e si profila lo scontro anche sulla caccia. Scelgono come segretario Chicco Testa, che ha dato buona prova di sé nella Fgci. Testa è un mittel-padano ma, allora non contaminato dall’attuale fissazione nucleare, ha vista lunga. Capovolgerà in poco tempo lo schema classico degli “organismi di massa” – se il segretario è comunista, allora il presidente ha da essere socialista, nella fattispecie Maurizio Sacconi – e, con ancora in mente la grande manifestazione a Roma dell’anno prima (con 40.000 persone in piazza, ndr), chiede al Comitato di “prestargli uno bravo”. Dopo un rapido confronto ci va, volentieri, Ermete Realacci. Le spese per manifesti e volantini, e, soprattutto, l’adesione alla critica dei piani energetici del governo – “I conti falsi del Pen” – sono la contropartita. La coppia, Chicco presidente Ermete segretario, vanificherà rapidamente gli intenti dei due partiti della Sinistra – niente “cinghia di trasmissione” – e farà della Lega la struttura stabile del movimento antinucleare, ereditando quasi ovunque i comitati per le scelte energetiche, regionali o locali che erano sorti un po’ in tutta Italia. Col crescere dell’associazione esporterà nel mondo ambientalista il gusto della proposta al di là della protesta, l’ambientalismo “scientifico” e l’attenzione alla società che c’è”.

L’ambientalismo scientifico è un ingrediente essenziale della cultura che porta Legambiente a essere protagonista nella fase calda della battaglia antinucleare. Eravamo dei pervertiti, passavamo nottate a discutere di energia e tecnologia, a fare conti e avanzare proposte, che si sono sempre rivelate più credibili di quelle dell’Enel e dei governi di allora. Era in campo un dream team di persone straordinarie: Pinchera, Cannata, Giovenale, Silvestrini e tanti altri. Ma avevamo anche una cultura di movimento, responsabilità, coraggio e un certo incosciente sprezzo del pericolo. Anche per questo l’Italia, su iniziativa di Legambiente, fu nel 1986, dopo Chernobyl (il 26 aprile), l’unico Paese europeo a portare in piazza (il 10 maggio a Roma) duecentomila persone e a bloccare tutti gli impianti nucleari il 10 ottobre. Premessa per la vittoria nel referendum antinucleare del 1987. E fu “l’attenzione alla società che c’è” che favorì anche l’incontro con Alex Langer, che giustamente diceva: “la conversione ecologica si potrà affermare solo quando sarà percepita come socialmente desiderabile”. E questo significa fare i conti con economia e lavoro, oltre che con aspirazioni e speranze condivise. Proprio Langer e Scalia furono i primi firmatari del più importante manifesto che porta alla nascita del Verdi.

Anche l’impegno parlamentare di Massimo è stato insieme intelligente e concreto. Penso per esempio alla nascita e alla sua presidenza della prima commissione parlamentare sul Ciclo dei rifiuti. L’origine di un percorso che ha portato, grazie alla spinta costante di Legambiente e soprattutto di Enrico Fontana, all’approvazione della legge sugli ecoreati, a mia prima firma.

Avevamo negli ultimi anni preso l’abitudine di vederci ogni tanto a pranzo con Massimo Serafini, amico fraterno, anche lui dotato di spiccata autoironia, talvolta con Fabio Renzi. Non un raduno di vecchie glorie ma un’occasione per parlare di presente e futuro, per coltivare la sana pianta dell’amicizia che dà piacere e scalda il cuore. In uno di questi incontri ho ricordato la chiusa dell’Ulisse di Tennyson, che amo molto: “Noi non siamo ora quella forza che in giorni antichi mosse terra e cieli, ciò che siamo, siamo; un’eguale indole di eroici cuori, fiaccati dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di combattere, cercare, trovare, e di non cedere.”

Il fato ci ha sottratto Massimo, ma il ricordo di ciò che è stato vive in noi.

Ciao Massimo, amico mio.

 

Stefano Ciafani

“Sono onorato”. Con queste due parole, dette con la sua voce inconfondibile, Massimo mi ha risposto un mese fa quando lo chiamai per chiedergli se avesse voglia di stare nella lista dei delegati, da eleggere in rappresentanza dei soci nazionali, al nostro XII congresso nazionale, tenutosi a Roma due settimane fa. Con la stessa generosità, la scorsa primavera mi rispose “sì, lo faccio volentieri” alla richiesta di scrivere per Nuova Ecologia il suo ricordo sulle tappe che portarono alla nascita dell’allora Lega per l’ambiente, dalle assemblee a “La Sapienza” alle manifestazioni anti nucleare. E che abbiamo inserito anche nella pubblicazione La nostra storia regalata agli ottocento delegati di Roma.

Massimo l’ho sempre conosciuto così: attaccato alla maglia associativa e sempre disponibile per l’associazione che aveva contribuito a fondare. È sempre stato un indomito difensore del “popolo inquinato” e del modello energetico libero dalle fossili e dal nucleare.

Ho alcuni ricordi di quando era presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul Ciclo dei rifiuti e della sua partecipazione alla nostra festa organizzata nel 2015 alla Casa del Jazz di Roma per salutare l’approvazione della legge con cui i delitti ambientali entravano nel codice penale, per cui anche lui si era battuto in Parlamento quando era deputato. Ricordo molti aneddoti di quando andavamo in giro per l’Italia per partecipare alle iniziative dell’associazione per fermare la seconda volta il nucleare col referendum del 2011. Ricordo anche l’ammirazione che provavo per i suoi interventi schietti, senza giri di parole, nel nostro direttivo nazionale, a partire dal 2007, quando ne entrai a far parte anche io.

Massimo è stato un grande legambientino. Sarà per sempre una colonna del Pantheon associativo. E ci mancherà davvero tanto.

 

Renata Ingrao

Ho conosciuto Massimo nel 1984, quando mi sono avvicinata a Legambiente lavorando a La Nuova Ecologia. È stato per me, come per tante altre e altri, un riferimento fondamentale – competente, affidabile, combattivo – nella battaglia sul nucleare e per l’ambientalismo scientifico e politico. Gli ho voluto tanto, proprio tanto bene. Alla sua intelligenza e serietà univa sempre il senso dell’ironia, con una simpatia naturale davvero irresistibile, e una sensibilità umana profonda. Ci eravamo persi di vista ma questa notizia tremenda mi ha gelato, lo vedo e lo sento vicino, e me lo porterò sempre nel cuore.

 

Lucia Venturi

Con molta tristezza scrivo queste righe per salutare Massimo con cui, come tanti altri in Legambiente, ho condiviso molte battaglie, ma in particolare quella contro il nucleare. Lo ricordo ai blocchi a Montalto di Castro, nelle assemblee per affermare un nuovo modello energetico basato sulle fonti pulite, quando era presidente della prima commissione sulle Ecomafie. Nelle lunghe interviste che gli ho fatto per Greenreport era insofferente a dover ripetere “sempre le stesse cose” riguardo al nucleare, ma riusciva sempre a contestualizzare con la sua grande ironia e sagacia. Anche quando gli ho chiesto di scrivere la prefazione per l’ultimo libro che ho scritto, La menzogna nucleare, la sua prima risposta è stata: “ancora?”. Ma poi lo ha fatto con la generosità che lo ha sempre contraddistinto e per me questo suo contributo rimarrà per sempre un ricordo prezioso della nostra storia.

Ciao Massimo, che la terra ti sia lieve.

 

Francesco Ferrante

Sono arrivato in Legambiente nell’autunno del 1987. Leggevo Scalia, con il suo “gemello” Mattioli, da prima. Anzi è stata anche “colpa” di quei loro articoli sul nucleare se feci quella scelta che ha segnato poi così tanto la mia vita. E Massimo è stato un “fratello maggiore”, un compagno di lotte e di impegno per il cambiamento, ma anche di tante risate. Un amico con un’energia davvero rinnovabile perché non si esauriva mai. Sarà strano non sentire più quella sua voce roca, a volte incazzata, spesso divertente, sempre intelligente.

 

Roberto Della Seta

Massimo Scalia è stato, con Ermete Realacci e Gianni Mattioli, l’altro “volto” principale del mio incontro, da obiettore di coscienza, con la Lega per l’Ambiente (allora si chiamava così). Arrivai all’inizio di aprile del 1986, dopo pochi giorni ci fu Chernobyl e comincio la stagione gloriosa delle mobilitazioni antinucleari culminata nei referendum del novembre 1987. Massimo era un leader indiscusso del movimento contro le centrali atomiche: scienziato e militante, per me una figura quasi mitica. Ma subito ho imparato che Massimo era anche una persona umanissima, di straordinaria ironia, che malgrado il suo prestigio non incuteva soggezione ma un’incontenibile simpatia. Su questa impronta – un intreccio inestricabile di considerazione per la sua intelligenza e attrazione per la sua affabilità – si è costruito negli anni il mio legame di amicizia con lui. Oggi che se n’è andato voglio ricordarlo come un uomo, appunto, tanto intelligente quanto divertente. Un uomo, anche questo mi piace ricordare, dalle battute fulminanti, che di sicuro ne avrebbe oggi una pronta per salutare se stesso.

 

Vittorio Cogliati Dezza

Ho dovuto far passare qualche giorno per scrivere di Massimo, non ero capace di dare ordine allo smarrimento emotivo e alla rabbiosa sensazione di perdita e impoverimento che pesa su questo nostro povero Paese. Non esagero! Certo nessuno è indispensabile ma qualcuno rappresenta, per la vita condotta e le scelte fatte, un valore in più. E Massimo è, era, una di quelle persone che rendono ricca e bella la nostra Italia. Perché quello che io leggo nella sua esperienza di vita sono due valori fondamentali: mai accomodarsi in posizioni di consenso, ma sempre all’erta e pronto a lottare scatenando il suo lucido ragionamento, anche se non sempre convincente, ma sempre scientificamente e politicamente argomentato, dietro a cui si indovinava una grande curiosità culturale e la passione per il paradosso, che aiuta a leggere la realtà.
E poi la coerenza etica di non inseguire ambizioni personalistiche. Difficile trovare uno come lui che ovunque stesse si metteva al servizio: al servizio della politica istituzionale o della collettività associativa, del movimento di lotta o della divulgazione scientifica.

Con me, che non sono entrato in Legambiente dalla porta centrale del movimento antinucleare o dell’ambientalismo scientifico, ha sempre avuto un rapporto sincero e di stima reciproca anche se non capiva certe, per lui, fantasiose elucubrazioni sull’educazione e la metodologia innovativa di cui allora il settore Scuola di Legambiente era alfiere, contro cui non si è fatto mancare qualcuna delle sue battute corrosive. Salvo poi richiedere la collaborazione mia e di Michela Mayer quando si è dovuto misurare con questi temi.

Ma questa “diffidenza” non gli ha impedito di lavorare insieme con reciproca stima nel coordinamento del Comitato scientifico di Legambiente o, più tardi, di accogliere la mia elezione a presidente di Legambiente con fiducia e di mettersi, come sempre, al servizio dell’associazione, convinto com’era che il ruolo degli individui conta, ma poi c’è uno spirito e una forza collettiva che pesa ancora di più. E infatti, tre anni dopo, in un delicato direttivo nazionale di Legambiente, dove dovevamo decidere che posizione prendere sul referendum antinucleare proposto da Italia dei Valori, non ebbe dubbi ad appoggiare la mia proposta di esserci e di provare a contare il più possibile. A mezzo secolo dal primo referendum si rimboccò le maniche per coprire a tappeto il Paese di iniziative e consapevolezza. E vincemmo, di nuovo!

Oggi, qui dentro, tra cuore e cervello, mi rimbomba tutta quella ricchezza e quella provocatoria ironica finezza che, a risentirla oggi, nella memoria, sembra così inadatta a quella voce roca, che ogni tanto si perdeva o virava in falsetto, senza retorica da applauso, come amici al bar. Non abbiamo avuto occasione di diventare amici, eppure ho la sensazione di aver perso un pezzo della mia vita collettiva, del mio essere parte di una collettività, che oggi ha perso una persona che la rendeva un po’ più bella.

 

Massimo Serafini

Di Massimo conserverò tanti ricordi, non solo la sua straordinaria preparazione che lo rese uno dei principali referenti delle lotte ambientaliste, antinucleari in testa. Ciò che mi mancherà ancora di più è la disarmante ironia dei suoi interventi sempre graffianti e incisivi. Ciao caro Massimo.

 

Gianni Silvestrini

Massimo era una persona preparata, disponibile, ironica e radicale. Preparata sul fronte dell’evoluzione delle tecnologie nucleari come degli scenari energetici alternativi. Disponibile nell’affrontare lunghi viaggi per partecipare a un convegno, per sostenere gli ambientalisti impegnati in una battaglia. Ironico, chi lo ha conosciuto ricorda l’efficacia delle sue battute fulminanti. Infine, radicale, poco disponibile ai compromessi e tenace nell’impegno contro le multinazionali fossili.

Ci mancherai moltissimo, caro Massimo.

 

Enrico Fontana

Caro Massimo, è difficile scriverti sapendo che avresti stroncato con una battuta e una parolaccia, detta di cuore, qualsiasi eccesso di retorica. Perché sei sempre stato così, ironicamente ruvido. Eppure ne abbiamo condivisi di momenti importanti, come quelli dei pochi, intensi mesi di attività della prima commissione d’inchiesta istituita dalla Camera dei deputati, grazie a una proposta di legge scritta insieme, sul Ciclo illegale dei rifiuti. E della relazione, approvata all’unanimità da quella commissione, grazie alla quale le denunce di Legambiente contro l’ecomafia, la descrizione del saccheggio operato dal clan dei casalesi del litorale Domitio flegreo tra le province di Caserta e Napoli, i primi dossier sulle navi dei veleni, sono diventati un atto d’accusa istituzionale.
L’amicizia è un mosaico di ricordi, dalle cene, dove non mancavano mai le tue risate, alle imprese condivise, come la rinascita di Qualenergia. Chi ti ha conosciuto, attraverso l’impegno con Legambiente e in politica, non può che conservare di te ricordi importanti. Scusa se mi sono permesso di condividere anche quelli in apparenza più banali. Come una battuta. O una “parolaccia”. Ma sono gli scherzi che fa l’amicizia. Un abbraccio grande.

 

Rossella Muroni

Caro Massimo, sei stato un maestro di impegno e competenza: dalla militanza al rigore scientifico che hai tramesso a Legambiente. Una postura intellettuale e una credibilità che sono diventate patrimonio collettivo. Sempre generoso, sempre presente. Grazie per quello che hai fatto per tutte e tutti noi, Legambiente continuerà a camminare anche grazie alle tue idee e continueremo a combattere le molte battaglie che ti hanno visto protagonista.

 

Totò Ferro

Ho conosciuto Massimo 46 anni fa, noi giovani antinucleare di Milano, lui professore universitario agli inizi della sua brillante carriera. Ho frequentato Massimo da sempre, lui mi considerava un ingegnere mancato che aveva poco famigliarità con la Fisica e le grandi questioni energetiche. Nonostante ciò, siamo stati sempre molto vicini. Al mio settantesimo compleanno, neanche due mesi fa, è venuto alla mia festa: eravamo pochi amici, si stava riprendendo dopo la perdita di Adele e aveva voglia di ricominciare. Infatti, quindici giorni dopo ci invitò a cena a casa sua e cucinò pure un buon roastbeef. Il mattino dell’inizio del nostro congresso nazionale mi chiamò per chiedermi di andare insieme all’Eur, gli dissi di sì e che però sarei andato in moto. Allora mi rispose che essendo una pippa, e anche lento alla guida, sarebbe andato con i mezzi pubblici…

Ho voluto ricordare l’uomo Scalia e non quello straordinario ambientalista e scienziato che ci ha sempre aiutato a capire le dinamiche energetiche. Al mio compleanno mi ha regalato un bellissimo libro sull’intelligenza artificiale. Lo leggerò con grande attenzione.

Ciao Massimo, riposa in pace con la tua adorata Adele. Mi mancherà molto la tua cultura, così come mi mancheranno i tuoi sfottò sulle mie origini sannite.

 

Pippo Onufrio

Ho conosciuto Massimo quando ero uno studente in Fisica, a una delle prime assemblee nazionali contro il nucleare nell’aprile del 1977, a Verona. In quegli anni si costruiva il movimento antinucleare, che ebbe un punto di forza proprio nelle università. Per alcuni come me, Massimo e Gianni (Mattioli, ndr) furono, da subito, un riferimento importante. Abbiamo fatto un lungo pezzo di strada nelle battaglie ecologiste e verdi. Ci ha sostenuto come consulente di parte per Greenpeace al processo per le proteste alla centrale di Porto Tolle, dov’ero tra gli imputati. E ho sempre avuto, anche se un po’ diradati, scambi di idee e documenti. L’ultima volta che ci siamo visti eravamo seduti accanto al congresso di Legambiente: sempre lucido, sagace e pieno di verve. Mi mancherà molto.

 

Carlo Degano

Ricordo la sua schiettezza, il suo modo di rapportarsi a volte irrituale. Certamente non una persona facile. Ma era anche una persona profondamente buona e gentile. Difficile accettare che se ne sia andato in quel modo. Sarà una perdita per molti.

 

Andrea Poggio

Caro Massimo addio. Mi mancherà la tua lucidità e franchezza, la tua battuta roca e il forte accento romano. Con te abbiamo imparato a ricostruire i “conti sbagliati” dei piani energetici nucleari dei governi degli anni Settanta ed Ottanta del secolo scorso. E poi con Legambiente a vincere insieme ben due referendum per far uscire l’Italia dal nucleare. Prima e con meno costi dell’Austria e della Germania e di tanti altri Paesi europei. Abbiamo partecipato al tentativo di formare un partito verde. Abbiamo continuato a tenere vivi curiosità, attenzione alla ricerca scientifica (nucleare e ambientale), correttezza nella comunicazione e sforzi nella divulgazione in Legambiente e nell’attività pubblica. Oggi siamo tristi e determinati a proseguire.

Umberto Mazzantini

Aver conosciuto Massimo Scalia è stato uno dei privilegi che la vita ti regala a qualche incrocio inatteso. Averci pranzato, insieme alla sua ironia caustica e a qualche decina di persone in una pizzeria affollata di Portici, è stata un’esperienza tanto divertente quanto istruttiva, anche perché alla fine ho scoperto che Scalia pensava ci fossero due “Umberto Mazzantini”: uno che scriveva su greenreport.it, e con il quale aveva avuto qualche rapporto per pubblicare interventi e articoli, e l’altro che partecipava ai direttivi nazionali di Legambiente dicendo cose che lui non sempre condivideva. Credo che per lui fossi uno dei tanti atomi conosciuti di una materia a volte incandescente di energia come Legambiente.
Ma Scalia, che con la sua voce rochissima e il suo portamento da cavallerizzo, sembrava sempre sceso da una qualche motocicletta, non abitava nella torre d’avorio degli scienziati, impastava le sue teorie con la vita delle persone, la trasformava in complicatissimi studi che era perfino in grado di far capire a un ignorante come me e impastava la materia, l’infinitesima materia della Terra, delle stelle e dell’universo, con l’intelligenza umana, producendo ironia e conoscenza, bellezza e lotta per un mondo migliore.
Un uomo complicato e completo, che ha scelto di non stare da parte ma di mettersi con una parte: quella giusta per lui e per noi. Una scelta coraggiosa e coerente, per la quale il movimento ambientalista e antinucleare gli deve moltissimo e che lo rende indimenticabile anche per chi, come me, lo ha conosciuto purtroppo troppo poco.

 

Giovanna Melandri

Con grandissimi dispiacere apprendo la notizia dell’incidente in cui ha perso la vita Massimo Scalia. Massimo è stato uno dei padri del movimento ambientalista italiano con cui ho condiviso anni di passione e militanza in Legambiente molto tempo fa. L’umanità, la passione civile e l’ironia di Massimo erano speciali. Non era necessario essere sempre d’accordo per desiderare però invece sempre un confronto schietto e allegro con lui. Che la terra ti sia lievissima Massimo. Mancherai tanto.

 

Cecilia Mastrantonio

Ho una tristezza profonda da quando ho saputo che Massimo non c’è più. L’avevo incontrato di recente al grande corteo del sindacato in ottobre e avevamo parlato di Adele e di altre cose. Ci eravamo aggiornati, dopo molto tempo che avevamo perso i contatti. Quasi non lo riconoscevo, dimagrito come era, ma sempre combattivo. Stava aspettando qualcuno per parlare del ponte sullo Stretto. Fra i tanti ricordi che mi affiorano, c’è sempre quello della lunga notte in cui io, incintissima, e lui combattivo e un po’ sfottente come al solito, entrambi portavoce nazionali delle nascenti liste verdi, ci ritrovammo sotto le colonne del Pantheon in piena notte a contrastare un tentativo maldestro di appropriazione di questa nuova esperienza politica. Ma, prima ancora, i blocchi a Montalto, i direttivi della Lega per l’ambiente, i referendum sul nucleare…

Noi, la generazione dei pionieri che facevamo le battaglie spinti solo dalle nostre convinzioni, sapevamo di dover trasmettere le nostre passioni e la nostra visione a chi ci seguiva, perché eravamo consapevoli che le nostre battaglie avrebbero avuto tempi lunghi. Quella sul nucleare l’abbiamo vinta, un piccolo miracolo del dopo Chernobyl, dove il suo lavoro e quello di Gianni Mattioli sono stati fondamentali nel persuadere l’opinione pubblica. Ricordo ancora la sua telefonata, in anticipo su qualsiasi annuncio ufficiale, per avvertirmi che si era diffusa una nube radioattiva sull’Italia: “Cecilia vai a comprare acqua, surgelati e pappe liofilizzate”. Uno scrupolo umano, prima ancora che politico, di chi sapeva quali rischi si correvano se avevi una bimba che ancora allattavi. Non siamo mai stati una generazione monastica e Massimo era proprio così: uno che amava la vita e i suoi piaceri, e non dimenticava mai il lato umano della politica. Per questo mi ha sorpreso cogliere in lui, nel nostro ultimo incontro, una rassegnazione malinconica, per la prima volta priva della consueta ironia.

Ma no, questo improvviso e ingiusto congedo dalla vita, non me l’aspettavo. Non da lui. Vorrei dirgli un’ultima cosa, anche a nome di tutti coloro che non conoscono la sua storia e l’importanza che ha avuto nell’ambientalismo italiano: grazie Massimo, ti sarò grata per sempre.

 

Fulvia Fazio

Sono tante le cose che si possono scrivere su Massimo Scalia. Certamente uno dei padri dell’ambientalismo scientifico. Ma io voglio ricordare la sua travolgente simpatia. Ancora oggi, con la mia amica Nicoletta, ridiamo delle sue battute irriverenti di quarant’anni fa. Mi dispiace che te ne sia andato, Massimo..

 

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(ndr) La ESO esprime le condoglianze per un uomo "illustre" come Massimo lo è stato, alla Famiglia e agli amici.

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