La Newsletter di ESO
ISSUE 430

L’Europa chiede aiuto alle lobby dei Pfas per scrivere le regole sui Pfas

L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) si affida a una società di consulenza che lavora anche per le lobby dei produttori di Pfas

valori.it

L’Europa chiede aiuto alle lobby dei Pfas per scrivere le regole sui Pfas

I consulenti europei sulla pericolosità dei Pfas lavorano per le lobby dei produttori di Pfas. Non avete letto male. L’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) sta lavorando alla revisione del regolamento Reach che, entro la fine del quarto trimestre del 2025, dovrebbe mettere al bando quasi del tutto le sostanze per- e polifluoroalchiliche, usate da decenni in centinaia di prodotti industriali. I Pfas sono ribattezzati “inquinanti eterni” perché permangono nell’ambiente e nell’organismo e sono associati a gravi rischi sanitari.

 

Per preparare la proposta, l’Echa ha richiesto il supporto di una società di consulenza: Ramboll. La stessa Ramboll, però, ha lavorato per la lobby dei principali produttori europei di Pfas. La notizia è venuta fuori alla fine dell’estate, quando l’Echa ha pubblicato un aggiornamento anomalo e abbastanza inatteso. Mentre il dibattito sulla pericolosità e la pervasività di queste sostanze si arricchisce di nuove prove, l’Agenzia ha scritto in una nota che alcuni Pfas potrebbero restare in uso, seppur «a condizioni rigorose».

 

Chi aveva fornito all’Echa un parere tanto discordante con gran parte delle evidenze scientifiche? L’ong Aria ha studiato i registri e i documenti prodotti dall’Agenzia e ha individuato Ramboll come società di consulenza. La società danese, che ha ottenuto un contratto con l’Unione europea nel 2020, ha contribuito a un rapporto di Echa e Commissione che raccomandava un periodo di transizione per eliminare definitivamente i Pfas dalle schiume antincendio. L’intervallo di tempo suggerito, 10 anni, è stato inserito nella legge finale adottata dall’Unione europea.

 

 

Photo: ArtPhoto_studio - freepik.com

 

Lavorare per le lobby dei Pfas e per le autorità che li devono regolamentare

 

Tra il 2022 e il 2023, però, Ramboll ha lavorato per Gujarat Fluorochemicals, produttore indiano di Pfas, e per le giganti statunitensi Honeywell e 3M. La società è stata anche consulente per Plastics Europe, uno dei gruppi di pressione più attivi a livello europeo per influenzare le disposizioni sui Pfas.

 

Una lettera pubblica inviata all’Echa denuncia questo evidente conflitto di interessi, scoperto da Aria e riportato dal Financial Times. Il testo, sottoscritto da diverse organizzazioni europee tra cui Transparency International, sottolinea che Ramboll «potrebbe aver esercitato un’influenza dannosa sulla bozza di regolamento» proprio in virtù dei suoi legami con l’industria dei Pfas.

 

La replica della Commissione europea e di Ramboll al Financial Times

 

In risposta, la Commissione europea ha dichiarato al Financial Times di «mantenere la trasparenza, l’integrità e l’imparzialità in tutti i nostri impegni con consulenti e appaltatori esterni». Criteri che avrebbero guidato anche la selezione di Ramboll. A sua volta l’azienda ha dichiarato che la lettera degli attivisti «non riflette accuratamente» il lavoro svolto sui Pfas per i diversi clienti. Diversi clienti che sono, ricordiamo, quelli che i Pfas li producono e quelli che devono scrivere le leggi per vietarli. Nonostante questo, la società ha risposto alla testata di «evitare i conflitti di interesse percepiti assicurandosi che le conclusioni e le opinioni siano basate su una valutazione obiettiva e trasparente delle prove scientifiche provenienti da fonti affidabili».

 

Perché, allora, lavorare sia per le lobby Pfas sia per i decisori politici? La società ha spiegato al Financial Times di esaminare i contratti per evitare di occuparsi dello stesso tema per clienti diversi. E per i Pfas? «Ove appropriato, stabilisce muri etici per prevenire i conflitti di interesse», aggiunge. Il Financial Times riferisce che Ramboll è stata consulente del produttore di sigarette Reynolds American, contribuendo alle relazioni del 2014 e del 2017 che mettevano in dubbio il rischio di dipendenza dalle sigarette al mentolo. Ancora, nel curriculum vanta collaborazioni con l’American Petroleum Institute, che ha contestato la classificazione dei gas di scarico dei motori diesel come cancerogeni per l’uomo. Nei registri delle lobby europee Ramboll è indicata come soggetto attivo sia sui dossier dell’American Chemistry Council sia per enti ambientali come la Nature Positive Initiative.

 

Quando i conti non tornano: l’affaire Tfa

 

Nel 2023 Ramboll ha pubblicato uno studio per Honeywell che contesta apertamente le conclusioni dell’Echa sulla pericolosità di una molecola Pfas. Si tratta del trifluoroacetico, persistente nell’acqua e collegato a malattie del fegato e riduzione della fertilità. Secondo l’Agenzia chimica europea, «le concentrazioni di Tfa nelle acque dolci continuerebbero ad aumentare fino a raggiungere inevitabilmente un livello di tossicità». Una conclusione che lo studio di Ramboll per Honeywell mette in dubbio.

 

Hans Peter Arp, docente di chimica ambientale dell’Università norvegese di scienza e tecnologia, sottolinea però che la società di consulenza ha condotto quest’analisi sottovalutando di almeno 5 volte i livelli emissivi di Tfa di un refrigerante usato per le automobili. E appoggiandosi a modelli che non considerano il rilascio diretto delle sostanze nei corsi d’acqua da parte delle fabbriche. «Non è uno studio convincente – ha concluso Arp – e certamente non avrebbe superato un processo di peer review per una pubblicazione scientifica». Dal canto suo, Ramboll sostiene di aver usato stime più aggiornate e che in ogni caso la portata del rapporto sarebbe stata fraintesa.

 

Come l’Unione europea sta aprendo le porte alle lobby

 

Perché un’importante agenzia europea non si è resa conto di servirsi del parere e delle consulenze di chi lavora per le lobby sui Pfas? Com’è possibile, dopo anni passati a lavorare da entrambe le parti, che appena un anno fa Ramboll abbia ottenuto l’assegnazione di un nuovo contratto, valido fino a sei anni e con un budget massimo di un milione di euro? Con la possibilità di essere coinvolta anche nell’elaborazione della prossima direttiva sulle acque?

 

Secondo i pareri riportati dal Financial Times, parte del problema sta nel fatto che sia la Commissione sia le diverse agenzie di regolamentazione lottano con un carico di lavoro ingente dovuto all’agenda verde dell’Unione. Solo nel 2023 più di un miliardo di euro ha finanziato valutazioni d’impatto, studi di fattibilità, valutazioni politiche.

 

Già nel 2022 la Corte dei Conti europea aveva sollevato il rischio di eccessiva dipendenza da consulenti esterni e i possibili di conflitti di interessi. Rischio che pare concretizzarsi, guardando a quanto è accaduto. Nel 2024 proprio l’Echa ha pubblicato una relazione sui Pfas in cui invitava la Commissione a rivedere i propositi di divieto totale, a favore di opzioni di restrizioni diversificate. Le ragioni? Tutelare «gli usi e i settori» dove un divieto potrebbe avere «impatto socio-economico spropositato». Un’argomentazione che apparentemente esula dal mandato dell’Echa, il cui compito è valutare i rischi chimici, non gli effetti socio-economici delle restrizioni.

 

Trasparenza sulle lobby e stop ai Pfas: lo chiede un’interrogazione alla Commissione europea

 

Come riportato da Il Salvagente, l’eurodeputata Cristina Guarda, eletta nelle liste di Alleanza Verdi Sinistra, ha annunciato il deposito di un’interrogazione alla Commissione europea. «È inaccettabile – ha dichiarato – che chi consiglia le istituzioni europee sulle regole per vietare i Pfas sia lo stesso soggetto che lavora per chi ha tutto l’interesse a rallentare queste regole. La Commissione di Ursula von der Leyen e l’Echa devono chiarire subito ogni rapporto contrattuale e dire come intendono garantire che le valutazioni scientifiche siano svolte in piena indipendenza».

 

«Se confermato sarebbe un caso emblematico di come le lobby riescano a influenzare le decisioni pubbliche, con impatti diretti sulla salute dei cittadini», ha continuato Guarda. «Ho predisposto un’interrogazione urgente per chiedere trasparenza totale, l’applicazione del principio di precauzione e un divieto universale dei Pfas, dal commercio alla produzione, che non può più essere rinviato. La salute pubblica non può essere messa a rischio per gli interessi economici di qualche multinazionale del settore chimico».

 

Rita Cantalino

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