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Rassegna del 21 marzo 2019
    

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Nigel Tapper: “Le città possono essere il centro della bellezza”


Nigel Tapper: “Le città possono essere il centro della bellezza”

Intervista al climatologo e premio Nobel per la pace: “I maggiori problemi derivano da un’espansione urbana dilagante che consuma i paesaggi. Si tratta di un processo ostile all’ambiente, che si propaga in modo informale e incontrollato”.

Il cambiamento climatico cambierà il nostro modo di abitare e di vivere i territori. Alcuni si stanno già trasformando rapidamente, a causa dell’innalzamento delle temperature, della desertificazione e dei fenomeni meteorologici estremi, e stanno alimentando grandi flussi migratori, di cui solo una piccola parte arriva in Europa. In Africa e in Asia, ad esempio, stanno sorgendo città sempre più grandi, a causa dei processi di inurbamento della popolazione. È possibile rendere le città sostenibili, anche a fronte degli sconvolgimenti climatici a cui stiamo assistendo? Se sì, in che modo? L’abbiamo chiesto a Nigel Tapper, climatologo e premio Nobel per la pace, esperto di processi di urbanizzazione e resilienza climatica.

Durante il boom economico la popolazione si spostò massicciamente dalla campagna alle città. Ora, a causa dell’alto livello di inquinamento e della cementificazione, le città non sono ambienti sempre ottimali per l’uomo. In che modo l’urbanizzazione, primo simbolo del progresso, ha reso l’uomo schiavo dei suoi errori? Quali sono stati gli aspetti che abbiamo sottovalutato in questo processo?
In qualche modo, le città sono una testimonianza dello sviluppo umano, dell’intelligenza e della creatività e possono essere il centro della bellezza, così come accade nelle città storiche d’Italia. Dobbiamo ricordare che le città sono il risultato dei nostri desideri, in quanto umani, di vivere all’interno di comunità, per cercare protezione, interazione sociale e opportunità economiche. Tuttavia, i maggiori problemi derivano da un’espansione urbana dilagante che consuma i paesaggi podologici, si tratta di un processo ostile al paesaggio naturale, che si propaga in modo informale e incontrollato.

È possibile immaginare una città sostenibile e a dimensione umana? Se sì, quali misure dovranno essere intraprese nei prossimi anni? Ci sono esempi virtuosi che possiamo citare?
Credo che sia possibile indirizzare virtuosamente sia le città esistenti che quelle “di nuova costruzione”, grazie all’incorporazione di elementi che rispecchino più fedelmente l’ambiente naturale. Questo è più facile da realizzare nei “nuovi edifici” o nei cosiddetti “greenfield”. Pur non essendo perfetti, in varie parti del mondo si stanno facendo diversi tentativi, ad esempio in alcune delle città di nuova costruzione della Cina e degli Stati del Golfo, dove sono disponibili fondi monetari specifici. In Cina le “Sponge Cities” sono quelle città in cui l’assetto idrico è realizzato per riflettere un’idrologia di tipo naturale, Kunshan ne è un esempio perfetto. Tuttavia, anche molte delle città europee, dove le dimensioni e l’altezza degli edifici sono limitate, c’è abbondanza di spazi verdi e opportunità per il trasporto sostenibile, costituiscono buoni esempi in tal senso.

I cambiamenti climatici trasformeranno sempre più i diversi aspetti che fanno parte della vita quotidiana dell’uomo. Sempre più spesso parliamo di adattamento, ma quali sono i costrutti sociali che renderanno l’adattamento davvero possibile? Siamo sulla buona strada o il nostro atteggiamento dovrebbe cambiare drasticamente? Come?
L’adattamento è un processo guidato dalla necessità; a volte avviene come un processo adattativo naturale, a volte deve essere guidato per garantire che sia appropriato, adatto allo scopo e possa essere garantito. Ad esempio, il processo di rendere le nostre città più fresche ridisegnando lo spazio pubblico è costoso e può essere finanziato solo a livello municipale o statale. Laddove le persone riconoscono i benefici dell’adattamento, di solito non ci sono forme di rifiuto. Ad esempio, aumentare la quantità di vegetazione in una città la abbellisce, la raffresca e fornisce una serie di altri benefici - la maggior parte delle persone quindi abbraccia di buon grado progetti simili. I veri problemi sono legati alla necessità di convincere coloro che devono investire soldi pubblici o di altro tipo che questa è una spesa utile, rispetto ad altri investimenti. Spesso il modo migliore per farlo è quello di produrre un’analisi economica costi-benefici.

Lei ha chiarito che il cambiamento climatico può anche essere un’opportunità di business, eppure ci sono ancora pochissime aziende che decidono di muoversi in questa direzione. Per lei, quale scenario dovrebbe essere creato per facilitare questa transizione?
Non posso parlare per l’Italia, ma in Australia, nonostante un governo nazionale che è stato ostile ai cambiamenti climatici, ci sono molte aziende che stanno sviluppando queste opportunità. I migliori esempi sono costituiti dalle società di energia rinnovabile, che stanno fornendo impianti fotovoltaici al settore privato e residenziale. L’Australia è ora un leader mondiale nell’installazione di energia solare in abitazioni private. Tutto ciò si sta verificando nel paese a causa delle necessità climatiche ed è facilitato da interventi di base a livello privato e municipale, dove sono stati riconosciuti dei benefici alle aziende che decidono di investire in tal senso.

I paesi più colpiti dall’aumento delle temperature sono quelli che meno contribuiscono al cambiamento climatico. Combinando elementi economici, politici e geografici, pensa che il cambiamento climatico contribuirà a peggiorare questa situazione o ci sono elementi chiave in questa erosione del modello energetico tradizionale che potrebbero contribuire a una distribuzione più equa delle risorse e della ricchezza?
Concordo sul fatto che gli impatti dei cambiamenti climatici cadano in modo ineguale, ma come ottimista voglio pensare che ci sia un’enorme buona volontà in tutto il pianeta atta a sostenere l’azione sul cambiamento climatico e gli sforzi dei paesi più poveri e vulnerabili per adattarsi. La più grande minaccia a questa speranza è costituita dall’ascesa del nazionalismo in tutto il mondo. Spero sinceramente che questo possa essere un problema a breve termine e che la visione del mondo propugnata da alcuni paesi (ad esempio dall’ Europa) e dalle Nazioni Unite possa tornare ad affermarsi nuovamente.

 

Fonte: La Stampa, 19 marzo 2019




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