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ISSUE 342

Termovalorizzatori, quanti sono in Italia (e come funzionano)

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Termovalorizzatori, quanti sono in Italia (e come funzionano)

In Italia sono operativi 37 termovalorizzatori, ovvero, impianti di incenerimento che trattano rifiuti urbani e rifiuti derivanti dal trattamento degli stessi quali rifiuti combustibili, frazione secca  e bioessiccato: è quanto emerge dall’ultimo rapporto elaborato dal Centro nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare, dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra).

 

Lo studio, pubblicato nel 2021, fotografa lo stato degli impianti al 2020.

 

Il numero dei termovalorizzatori attivi in Italia è di gran lunga inferiore rispetto alla Germania (96) o alla Francia (126). In sette anni, dal 2013 al 2020, gli impianti nel nostro Paese sono diminuiti di 11 unità e, in particolare, nelle regioni del Centro Italia si osserva una riduzione di 7 impianti. Il parco impiantistico è prevalentemente localizzato nelle regioni del Nord (26 impianti).

 

Gli impianti in Italia

 

In Lombardia e in Emilia Romagna sono presenti rispettivamente 13 e 7 impianti: nel 2020, hanno trattato complessivamente circa 2,8 milioni di tonnellate di rifiuti urbani che rappresentano il 74,5% di quelli inceneriti nel nord.

 

Al Centro e al Sud sono operativi, rispettivamente, 5 e 6 impianti che hanno trattato oltre 532 mila tonnellate e più di un milione di tonnellate di rifiuti urbani.

 

Secondo il «Libro bianco» sull’incenerimento dei rifiuti urbani – uno studio realizzato nel 2021 per conto di Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) dai Politecnici di Milano e di Torino e dalle Università di Trento e di Roma Tor Vergata – nel 2019 gli inceneritori presenti in Italia hanno trattato complessivamente 5,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e rifiuti speciali da urbani, producendo 4,6 milioni di MWh di energia elettrica e 2,2 milioni di MWh di energia termica. Questa energia (rinnovabile al 51%) è in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,8 milioni di famiglie.

 

La Ue ha fissato al 2035 gli obiettivi del riciclaggio effettivo pari al 65% e della riduzione del ricorso alla discarica al di sotto del 10%: «La tecnologia del recupero di energia tramite incenerimento delle frazioni non riciclabili – si rileva nello studio – può fornire un valido contributo, riconosciuto anche dalle pronunce della Commissione europea sul tema».

 

Da questa ricerca emerge, quindi, che dagli impianti di incenerimento «arriva un contributo fondamentale per l’economia circolare».

 

Le emissioni

 

In termini di emissioni climalteranti, la discarica «ha un impatto 8 volte superiore a quello del recupero energetico. Diversi flussi di rifiuti, se non recuperati energeticamente, hanno come alternativa il solo smaltimento in discarica». Inoltre, «per gli inceneritori ci sono limiti molto stringenti alle emissioni che non hanno eguali nel panorama delle istallazioni industriali. Relativamente alle Pm 10, il loro contributo è pari allo 0,03% contro il 53,8% delle combustioni commerciali e residenziali».

 

Come funzionano i termovalorizzatori

 

Ma come funziona nel dettaglio un termovalorizzatore? I rifiuti non riciclabili vengono conferiti all’inceneritore e scaricati nella vasca di raccolta e miscelazione. Da lì vengono caricati nelle caldaie delle tre linee di combustione, la cui temperatura è regolata a oltre 1.000 gradi, per l’ossidazione completa dei rifiuti. Il calore prodotto dalla combustione genera vapore ad alta pressione, che viene immesso in un turbogeneratore per la produzione di energia elettrica e, successivamente, utilizzato per scaldare l’acqua che alimenta la rete del teleriscaldamento della città.

 

Ogni linea di combustione ha un trattamento fumi dedicato. Già nella camera di combustione i fumi vengono trattati con ammoniaca, per abbattere gli ossidi di azoto. Successivamente passano attraverso un sistema catalitico per l’ulteriore riduzione degli ossidi di azoto e di ammoniaca. In uscita dal circuito della caldaia, arrivano a un sistema di depurazione e filtrazione, che trattiene i microinquinanti, tra cui metalli pesanti, diossine e furani.

 

I fumi depurati passano attraverso filtri a maniche, che trattengono tutte le polveri in sospensione, e quindi convogliati al camino.

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