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ISSUE 380

Cosa prevede l’accordo UE per contrastare l’esportazione di rifiuti di plastica

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Cosa prevede l’accordo UE per contrastare l’esportazione di rifiuti di plastica

A due anni dalla proposta della Commissione per la revisione del regolamento sulle spedizioni di rifiuti, il Consiglio e il Parlamento hanno firmato un accordo provvisorio sull’export verso i Paesi non OCSE. Ma mancano riferimenti precisi sulla Turchia, il più grande importatore di rifiuti di plastica dell’UE.

 

A volte le notizie positive arrivano nel fine settimana: è il caso dell’accordo trovato venerdì tra la Commissione, il Parlamento e il Consiglio dell’UE, con il quale le tre istituzioni europee affrontano la pratica dannosa del commercio di rifiuti di plastica, nel contesto della revisione del regolamento sulle spedizioni di rifiuti.

 

Si tratta di un accordo politico provvisorio che stabilisce procedure e regimi di controllo per garantire che le spedizioni internazionali di rifiuti non rappresentino una minaccia per la salute umana e l’ambiente e per promuovere l’uso dei rifiuti come risorsa in un’ottica di economia circolare all’interno dei 27 Stati membri dell’Unione. L’accordo firmato venerdì dovrà comunque essere adottato formalmente dal Parlamento europeo e dal Consiglio nelle prossime settimane.

 

“Meglio tardi che mai” è, in sostanza, il commento di esperte e di esperti del settore. Seppur migliorabile, infatti, l’accordo finalmente tenta di porre fine alla pratica del ricorso all’estero, espediente spesso utilizzato dagli Stati membri per poter esibire poi dati notevoli, spesso “gonfiati”, rispetto agli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclo degli imballaggi. Il commercio di rifiuti di plastica provoca danni significativi all’ambiente e alla salute umana, aggravati dal traffico illecito di rifiuti. L’UE resta uno dei maggiori produttori di rifiuti di plastica pro capite ed è allo stesso tempo uno dei maggiori esportatori di rifiuti di plastica al mondo, con politiche di salvaguardia ancora non adeguate.

 

“L’UE si assumerà finalmente la responsabilità dei propri rifiuti di plastica vietandone l’esportazione verso i paesi non OCSE” ha commentato la relatrice della proposta, la deputata danese del gruppo del Partito Popolare Europeo Pernille Weiss.  “Ancora una volta, seguiamo la nostra visione secondo cui i rifiuti sono una risorsa quando sono gestiti correttamente, ma non dovrebbero in nessun caso causare danni all’ambiente o alla salute umana”.

 

La tutela sui rifiuti verso i Paesi non OCSE

 

È il 17 novembre 2021 quando la Commissione presenta la proposta per riformare le norme dell’Unione Europea sulle spedizioni di rifiuti, stabilendo procedure e misure di controllo per la spedizione di rifiuti, a seconda della loro origine, destinazione e percorso di trasporto, del tipo di rifiuti spediti e del tipo di trattamento dei rifiuti effettuato una volta giunti a destinazione. Si deve arrivare al 17 gennaio 2023, poi, per ottenere il voto del Parlamento europeo sulla proposta della Commissione, con una larghissima maggioranza che ha votato una posizione negoziale più stringente rispetto alla proposta iniziale. Ed è stata quest’ultima versione la base di partenza dell’accordo trovato il 17 novembre tra il Consiglio e i negoziatori del Parlamento.

 

Il perno centrale del testo riguarda il divieto di esportazione di rifiuti plastici non pericolosi verso Paesi non OCSE, cioè quei Paesi che non fanno parte dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico e che sono stati finora i luoghi preferiti dove esportare i rifiuti prodotti all’interno dei confini europei, spesso con pochi controlli e verifiche sugli impatti ambientali.

 

Ad esempio, nel 2022 l’UE ha esportato più di un milione di tonnellate di rifiuti di plastica verso Paesi in cui le importazioni di rifiuti di plastica sono state gestite male, scaricate o bruciate apertamente: il 50% di questi è andato a paesi non OCSE come Malesia, Vietnam, Indonesia e Tailandia, mentre il 33% è stato spedito solo in Turchia.

 

Il nuovo testo approvato prevede la possibilità per i Paesi non appartenenti all’OCSE di presentare, non prima di cinque anni dall’entrata in vigore del regolamento, una richiesta alla Commissione che indichi la loro disponibilità a importare rifiuti di plastica dell’UE, se soddisfano rigorosi standard di gestione dei rifiuti. In caso di esito positivo della valutazione di tale richiesta, la Commissione adotterà un atto delegato per revocare il divieto per questi Paesi.

 

Il testo vieta inoltre le spedizioni di tutti i rifiuti destinati allo smaltimento all’interno dell’UE, tranne se consentiti e autorizzati secondo le rigorose condizioni della procedura di notifica e approvazione preventiva scritta (“PIC”) e in casi ben giustificati. Continueranno invece a essere consentite le spedizioni intra-UE di rifiuti per operazioni di recupero seguendo la procedura meno stringente prevista dagli obblighi generali di informazione (“rifiuti della lista verde”).

 

L’accordo prevede infine una deroga per le spedizioni di rifiuti esplicitamente destinati ad analisi e esperimenti di laboratorio se tali rifiuti non superano i 250 kg. In questo caso, la spedizione di tali rifiuti dovrà seguire gli obblighi generali di informazione previsti dal regolamento.

 

Dove è possibile migliorare l’export di rifiuti?

 

Al di là delle prevedibili dichiarazioni ottimistiche da parte delle istituzioni europee, il testo approvato non è comunque esente da difetti. Ad esempio l’alleanza Rethink Plastic e la rete Break Free From Plastic plaudono alla storica decisione di porre fine alle esportazioni di rifiuti di plastica verso i paesi non OCSE, parlando di “fine del colonialismo dei rifiuti”, ma si rammaricano che le istituzioni europee non abbiano accettato di fermare l’esportazione dei propri rifiuti di plastica verso tutti i Paesi. I dettagli dell’accordo, d’altra parte, devono ancora essere pubblicati.

 

Non fa ben sperare, ad esempio, il fatto che l’accordo provvisorio firmato dal Consiglio e dai negoziatori del Parlamento si limiti a invitare gli Stati membri a prevedere “sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per le violazioni delle disposizioni previste dalla normativa”. Spesso, infatti, è proprio in questo ambito che i controlli si inceppano. Qualche dubbio sorge pure sull’obbligo per gli Stati membri di “garantire che il regolamento venga effettivamente applicato stabilendo meccanismi di cooperazione efficaci a livello nazionale e tra Stati membri attraverso lo scambio di informazioni pertinenti e buone pratiche”, perché anche in questo caso la cooperazione finora non ha dato i frutti sperati. Più fiducia, invece, c’è sulla proposta della Commissione di “istituire un gruppo di controllo sulle spedizioni di rifiuti che faciliterebbe e migliorerebbe la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri, al fine di prevenire e individuare le spedizioni illegali”.

 

Per Sedat Gündoğdu, ricercatore di microplastiche presso l’Università Çukurova della Turchia, “il divieto delle esportazioni di rifiuti di plastica verso i paesi non OCSE è una decisione significativa, tuttavia è deludente non vedere un divieto totale di esportazione sulle spedizioni, e nemmeno un divieto sui rifiuti di plastica pericolosi e misti, verso la Turchia, che è allo stesso tempo il più grande importatore di rifiuti di plastica nell’UE e membro dell’OCSE. Sappiamo dalle pratiche passate che divieti parziali e controlli inefficaci sui contenuti non impediscono la circolazione illegale dei rifiuti di plastica. Sebbene questa decisione rappresenti un passo avanti nella giusta direzione, queste nuove normative implicano che la Turchia potrebbe essere esposta a una maggiore quantità di rifiuti di plastica nell’UE”.

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