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economiacircolare.com
Siamo all’ultimo miglio per l’approvazione di un sistema europeo di responsabilità estesa del produttore (EPR) per i prodotti tessili. I Consorzi italiani sono al lavoro da tempo col ministero dell’Ambiente (che ha da poco messo in consultazione uno schema di decreto ministeriale) e con le imprese. Proprio uno dei consorzi, Erion Textiles, qualche giorno fa ha organizzato un webinar (“A un passo dall’obbligo normativo: l’Europa e l’Italia si preparano all’EPR tessile”) dedicato all’argomento. Tra i partecipanti, Vincenzo Gente, funzionari della DG ambiente della Commissione UE, che ha descritto i pilasti di questa novità normativa introdotta attraverso l’aggiornamento della direttiva quadro sui rifiuti. Vediamoli.
I tempi
Il testo dell’accordo provvisorio sulla revisione della Direttiva quadro sui rifiuti deve ancora essere sottoposto ad alcuni passaggi procedurali – processo di revisione legale e linguistica – e manca ancora la ratifica formate da pare di Consiglio e Parlamento. “Non abbiamo chiaro il giorno in cui la direttiva emendata sarà adottata – ha spiegato Gente – ma diciamo che dovrebbe essere a cavallo della pausa estiva o più probabilmente dopo l’estate”.
Una volta pubblicata in Gazzetta Ufficiale europea, gli Stati membri avranno 20 mesi per accogliere le nuove norme nei rispettivi ordinamenti e 30 per attivare i sistemi EPR per il tessile.
EPR europeo, schemi nazionali
Gli emendamenti approvati dai colegislatori alla direttiva quadro sui rifiuti, come sappiamo, prevedono che gli Stati membri adottino schemi di responsabilità estesa dei produttori per i prodotti tessili. Ha ricordato Gente: “Abbiamo dato alcune regole generali su come lo schema di EPR dovrebbe funzionare a livello nazionale, ma gli schemi sono nazionali, quindi spetta agli Stati membri istituire gli schemi nazionali in conformità con le regole generali previste dalla direttiva”.
Microimprese incluse
Il funzionario della Commissione ha riflettuto su come il testo sia evoluto durante l’iter legislativo: “La principale differenza che si riscontra nelle disposizioni generali rispetto alla proposta della Commissione riguardano l’ambito di applicazione dell’EPR: i colegislatori hanno ampliato l’ambito di applicazione anche alle microimprese, che non erano presenti nella proposta originale della Commissione”. Questo ha ovviamente ampliato i produttori che saranno coinvolti nello schema EPR. Ma, sottolinea Gente, “ci sono anche alcune clausole per far sì che il contributo delle microimprese sia proporzionale al volume dei prodotti immessi sul mercato, così come alcuni obblighi minimi di rendicontazione”.
Fast fashion
Un altro aspetto importante che è cambiato rispetto alla proposta originale “è che ora i contributi dell’EPR possono essere basati anche su modelli di business, per affrontare la cosiddetta fast fashion e ultra-fast fashion”, ha ricordato Gente. Proprio per affrontare la questione fast fashion, la direttiva aggiornata(lo ricordiamo: in attesa dell’ok definitivo) prevede infatti che per consentire una corretta modulazione ecologica delle tariffe per la responsabilità estesa del produttore, “gli Stati membri potrebbero prendere in considerazione criteri quali l’ampiezza della gamma di prodotti, intesa come il numero di referenze di prodotto messe in vendita da un produttore, con soglie definite per segmento di mercato, o la frequenza delle offerte, intesa come il numero di referenze per segmento di mercato messe in vendita da un produttore in un determinato periodo”.
Contributo EPR ed ecodesign
Un altro obiettivo della revisione della direttiva è stato “incentivare i produttori a progettare i beni in modo più sostenibile”, ha sottolineato Gente. Obiettivo da raggiungere “collegando il contributo finanziario per le tariffe EPR a determinati criteri di sostenibilità, in particolare a quelli che saranno stabiliti nell’ambito dell’atto delegato da adottare per il Regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili (ESPR)”, il cosiddetto regolamento Ecodesign. Un fatto che rimarca lo stretto legame tra le due normative. Il funzionario ricorda che è un preparazione un atto delegato nell’ambito del Regolamento ESPR che “fornirà anche criteri sostenibili che potranno poi essere utilizzati per un altro atto, un atto di esecuzione che stabilirà i criteri su come calcolare l’eco-modulazione del contributo finanziario all’EPR”.
Informazione e ricerca
Il contributo economico dei produttori al sistema EPR dovrebbe anche contribuire alle campagna di sensibilizzazione “per informare gli utenti finali sull’impatto del settore tessile, in modo da essere più sostenibili quando i propri abiti”. E poi dovrà contribuire a sostenere ricerca e sviluppo di tecnologie specifiche per il riciclo dei prodotti tessili.
I tessili differenziati sono rifiuti
Gente ha ricordato una scelta centrale fatta dai legislatori europei: “I tessili raccolti separatamente saranno considerati rifiuti”. Indipendentemente dall’intenzione degli utenti. Questo, ha sottolineato, “è molto importante perché armonizzerà ciò che sta accadendo ora in Europa, dove c’è una diversa concezione di ciò che è un prodotto tessile usato e ciò che è un rifiuto tessile”. Inoltre, questa scelta “sarà anche un elemento essenziale per ridurre la spedizione illegale di rifiuti tessili”. Infatti, ha chiaristo, per spedire il prodotto usato, questo dovrà essere “sottoposto a un’operazione di cernita per stabilire che il tessile sia davvero idoneo all’uso, e questo deve essere fatto in modo professionale”.
I consorzi
L’aggiornamento della direttiva ponte particolare enfasi sul ruolo di quelli che in Italia chiamiamo i consorzi, le PRO-Producer responsibility organization. Se per la responsabilità estesa del produttore in altre filiere, come imballaggi e batterie ed esempio, l’adesione ad una consorzio non è obbligatoria, perché un produttore può adempiere all’obbligo EPR singolarmente, nel caso dei prodotti tessili, “vi è l’obbligo di aderire a un’organizzazione di responsabilità del produttore”, ha ricordato il funzionario della DG Ambiente alla Commissione UE. “Questo è stato deciso perché l’idea era istituire schemi EPR in modo collettivo, con uno sforzo collettivo di tutti i produttori, per implementare schemi efficienti a livello di Stati membri e in Europa”.
L’assenza di target
Gente ha ricordato come il legislatore europeo non abbia fissato obiettivi vincolanti relativi ai rifiuti tessili. Il motivo, ha spiegato, è legato al fatto che “gli Stati membri non sono tutti allo stesso livello, per cui sarebbe stato molto difficile fissare degli obiettivi: forse sarebbero stati troppo ambiziosi per alcuni Stati o poco ambiziosi per altri. Per cui si è preferito non fissare obiettivi in questa fase”. Ma, grazie alle clausole di revisione, “entro la fine del 2029 la Commissione europea dovrebbe valutare la possibilità di stabili obiettivi per il fine vita dei prodotti tessili. “Allora avremo più dati per vedere se è possibile o meno per gli Stati membri raggiungere alcuni obiettivi che in linea di principio dovrebbero essere ambiziosi”.
Daniele Di Stefano
Photo: mrsiraphol
Rassegna del 18 Aprile, 2025 |
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