La Newsletter di ESO
ISSUE 312

Aggiornare nel Recovery Plan il target 2030 per le misure climatiche

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Aggiornare nel Recovery Plan il target 2030 per le misure climatiche

È ben chiaro nell’impostazione europea, recepita nelle dichiarazioni programmatiche del presidente Draghi, che le misure climatiche avranno un ruolo importante nella transizione ecologica, pilastro di Next Generation EU, quindi del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza.

 

Gli indirizzi europei nell’utilizzo delle risorse finanziarie di Next Generation EU quantificano in almeno il  37% la quota di questi fondi europei da destinare a misure per il clima: per l’Italia significa circa 78 miliardi di euro.

 

L’Unione Europea ha definito e avviato un vasto programma di iniziative per il clima che comprende una Climate Law: un provvedimento di natura vincolante per i Paesi membri che stabilisce l’obiettivo della neutralità climatica al 2050 e un aumento del target di riduzione delle emissioni di gas serra dal 40 al 55% al 2030, rispetto a quelle del 1990.

 

La Climate Law europea è alla fase finale del suo iter che si dovrebbe concludere entro giugno con l’approvazione del Consiglio europeo. Il programma europeo prevede anche una revisione del meccanismo dell’ETS che applicherà il nuovo target, a livello europeo,  ai grandi impianti, grandi emettitori di gas serra (centrali termoelettriche, acciaierie, cementifici, industrie chimiche, cartiere, vetrerie, etc.) e che forse sarà reso più esteso.

 

Prevede inoltre un aggiornamento del meccanismo di ripartizione degli impegni fra i diversi Paesi europei, tenendo conto del loro livello economico e di emissioni, per arrivare anche con tutti gli altri settori (trasporti, edifici, servizi, agricoltura, piccole e medie imprese etc.) al target europeo del 55%.

 

In condizioni ordinarie, se non dovessimo far partire rapidamente un vasto programma di investimenti in misure climatiche, potremmo aspettare il completamento di tutti i provvedimenti europei e, solo dopo, provvedere al loro recepimento nel nostro ordinamento, modificando i target nazionali meno impegnativi, precedenti la revisione europea e, in particolare, il Piano nazionale per l’energia e il clima (PNIEC).

 

Definire e finanziare misure per il clima di ampia portata, avendo come riferimento target meno impegnativi e ormai superati sia per i grandi impianti e sia per tutto il resto, sarebbe tuttavia riduttivo e privo di una robusta prospettiva di medio termine, come si può comprendere chiaramente vedendo la Road map elaborata da Italy for Climate per il nuovo scenario col target del 55% al 2030.

 

Per esempio: occorre aumentare le rinnovabili elettriche, ma di quanto? Per arrivare al 65/70% di rinnovabili, necessario per il nuovo target europeo, servirebbero consistenti investimenti anche per la rete e gli accumuli. Di quanto andrebbero ridotte le emissioni di gas serra nei trasporti al 2030?

 

Sappiamo che è il settore in Italia più difficile, dove nei decenni passati non ci sono stati risultati significativi. Come si fa a valutare l’efficacia delle misure da finanziare con il PNRR se non c’è un’idea, anche approssimativa, del target da raggiungere al 2030? E che si deve fare per alcune produzioni – come per esempio alcuni settori della chimica, dell’acciaio primario, del cemento, della carta – dove i nuovi target europei imporranno cambiamenti rapidi di tecnologie di processo per abbattere le emissioni di gas serra.

 

Aspettiamo che siano in vigore le misure europee per accorgerci che non abbiamo previsto progetti di innovazione per decarbonizzare queste produzioni nel PNRR? Sappiamo che il recupero di alcuni gap di circolarità nell’industria manifatturiera comportano anche un corrispondente taglio delle emissioni di gas serra e che il recupero di questi gap di circolarità diventa necessario quando i target di decarbonizzazione diventano sfidanti.

 

Ma se operiamo con i vecchi target continueremo a ignorare, come abbiamo fatto finora, questa opportunità. Senza dimenticare che l’impatto climatico non riguarda solo gli investimenti per il clima, ma tutte le misure finanziate con il PNRR: se il target al 2030 diventa sfidante, è più incisivo anche per l’intero PNRR.

 

Pur non potendo recepire un pacchetto europeo che ancora non è in vigore, sappiamo con certezza che l’Unione Europea si è posta sulla via della neutralità climatica al 2050 e che aumenterà il suo target di riduzione dei gas serra al 55% al 2030, e che, per un utilizzo più efficace e strategico delle risorse di Next generation Eu, abbiamo bisogno di un quadro, aggiornato, per le misure climatiche al 2030.

 

Sarebbe quindi bene inserire nel Piano per la ripresa e la resilienza italiano, in fase di definizione, un quadro di riferimento aggiornato ai nuovi target climatici europei e individuare misure da finanziare che vadano verso il loro raggiungimento.

 

Edo Ronchi

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