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ISSUE 361

La ricerca dell’università USA sui rifiuti spaziali per applicare l’economia circolare nell’atmosfera

economiacircolare.com

La ricerca dell’università USA sui rifiuti spaziali per applicare l’economia circolare nell’atmosfera

Uno studio dell’università di Southampton si propone di verificare le potenzialità dell’economia circolare su resti di satelliti e detriti di missioni. "Se il valore finanziario del recupero dei detriti spaziali è sufficientemente elevato, l'investimento nella tecnologia per farlo è giustificato"

 

Tra le stelle e i pianeti non circolano solo i nostri sogni ma anche tonnellate di rifiuti spaziali. Ora una ricerca dell’università di Southampton prova ad applicare l’economia circolare a questa enorme mole di spazzatura spaziale, con l’obiettivo di rimuoverla, riutilizzarla o riciclarla. Per far ciò lo studio realizzato dai ricercatori Ryan Leonard e Ian D. Williams sviluppa un metodo che prova con rigore scientifico a calcolare il valore e la massa di questi detriti che galleggiano nell’atmosfera. Per poi calcolare il valore finanziario di questo recupero circolare.

 

Lo studio si intitola Viability of a circular economy for space debris e si propone appunto di verificare le potenzialità dell’economia circolare nello spazio. Pubblicato online sulla nota rivista Science Direct e su carta sul giornale Waste Management, lo studio è la dimostrazione di una possibilità praticabile per salvaguardare il futuro delle infrastrutture spaziali e rendere sostenibile l’esplorazione dello spazio. Anche perché in attesa di poter vivere nel cosmo, l’abbiamo già riempito di rifiuti. E si tratta dell’ennesimo regalo poco gradito alle future generazioni. Diventa dunque necessario e urgente affrontare il problema, prima che diventi irrisolvibile.

 

Detriti spaziali e calcoli stellari

 

La ricerca dell’università statunitense stima che ci siano miliardi, potenzialmente trilioni, di dollari di materiali riciclabili, tipicamente detriti di missioni precedenti e resti di satelliti defunti, ancora in orbita attorno alla Terra. Sapere cosa c’è “là fuori” consentirà di perseguire soluzioni praticabili al crescente problema in modo efficace e giustificato. La spazzatura spaziale costituisce infatti una forma di inquinamento che rappresenta una doppia minaccia: da una parte per la futura esplorazione spaziale e per i futuri satelliti, dall’altra per il pericolo di collisione tra questi oggetti volanti (e spesso identificati) e le conseguenze sulla vita nel pianeta.

 

“A gennaio 2021 – si legge nello studio – la rete di sorveglianza spaziale degli Stati Uniti ha segnalato 21.901 oggetti artificiali in orbita attorno alla Terra, inclusi quasi 4.500 satelliti funzionanti. Ma questi sono solo gli oggetti abbastanza grandi da essere rintracciati. Si stima inoltre che ci siano più di 128 milioni di pezzi di detriti più piccoli di un centimetro, più di 900mila pezzi che misurano da 1 cm a 10 cm e 34mila pezzi più grandi di 10 cm”.

 

Da ciò deriva l’esigenza di una conoscenza più specifica. I ricercatori Williams e Leonard hanno sviluppato un metodo per stimare il valore e la massa dei detriti orbitali, fornendo un caso di studio per l’applicazione dei principi dell’economia circolare. Il metodo è stato ideato utilizzando i dati degli oggetti detriti dal set di dati DISCOS dell’Agenzia spaziale europea, classificati poi tramite un albero decisionale.

 

“Se il valore finanziario del recupero dei detriti spaziali è sufficientemente elevato, l’investimento nella tecnologia per farlo è giustificato” ha affermato il professor Williams. Attraverso la loro ricerca, i ricercatori Usa hanno calcolato che il riutilizzo della spazzatura spaziale potrebbe avere un valore netto compreso tra 570 miliardi di dollari e 1,2 trilioni di dollari. Ciò equivale a un riuso di una mole imponente che è compresa tra le 5.312 e le 19.124 tonnellate di rottami metallici.

 

Detriti spaziali e soluzioni circolari 

 

Ma come si possono applicare le soluzioni di economia circolare nello spazio? Alcune soluzioni le abbiamo già individuate in un altro articolo. Altre le suggerisce lo stesso studio statunitense. Partendo da un’ipotesi interna, cioè la rimozione attiva dei detriti da effettuare attraverso il propulsore al plasma inventato dal professor Minkwan Kim dell’università di Southampton, progettato per deorbitare in sicurezza i satelliti a fine vita.

 

“Lo sviluppo di servizi in orbita, come l’estensione della vita dei satelliti inattivi o il progresso della rimozione attiva dei destriti – si legge ancora nello studio – sarà cruciale per risolvere il problema dei detriti orbitali. Ma, con questo, una futura economia circolare per lo spazio potrebbe essere finanziariamente fattibile, con conseguenze potenzialmente benefiche per: la riduzione del rischio, l’efficienza delle risorse, l’occupazione aggiuntiva di alto valore, la conoscenza del cambiamento climatico, la scienza, il monitoraggio e i dati di allerta precoce”.

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