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ISSUE 383

Il monito del presidente Mattarella per il 2024: «Crisi ambientale sempre più minacciosa»

«I giovani si sentono fuori posto, disorientati dal vedere un mondo che disconosce le loro attese. Immani differenze di retribuzione tra pochi superprivilegiati e tanti che vivono nel disagio»

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Il monito del presidente Mattarella per il 2024: «Crisi ambientale sempre più minacciosa»

In occasione dell’arrivo del nuovo anno, il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha rivolto al Paese un messaggio di grande intensità che ha toccato molti degli aspetti che l’Italia è chiamata ad affrontare per approcciare il 2024 nel segno di uno sviluppo realmente sostenibile, sotto il profilo ambientale, sociale ed economico. Riportiamo di seguito uno stralcio del discorso, disponibile integralmente qui.

 

Vorrei rivolgermi ai più giovani. Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l’amore non è egoismo, dominio, malinteso orgoglio. L’amore – quello vero – è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità.

 

Penso anche alla violenza verbale e alle espressioni di denigrazione e di odio che si presentano, sovente, nella rete.

 

Penso alla violenza che qualche gruppo di giovani sembra coltivare, talvolta come espressione di rabbia.

 

Penso al risentimento che cresce nelle periferie. Frutto, spesso, dell’indifferenza; e del senso di abbandono.

 

Penso alla pessima tendenza di identificare avversari o addirittura nemici. Verso i quali praticare forme di aggressività. Anche attraverso le accuse più gravi e infondate. Spesso, travolgendo il confine che separa il vero dal falso.

 

Queste modalità aggravano la difficoltà di occuparsi efficacemente dei problemi e delle emergenze che, cittadini e famiglie, devono affrontare, giorno per giorno.

 

Il lavoro che manca. Pur in presenza di un significativo aumento dell’occupazione. Quello sottopagato. Quello, sovente, non in linea con le proprie aspettative e con gli studi seguiti. Il lavoro, a condizioni inique, e di scarsa sicurezza. Con tante, inammissibili, vittime.

 

Le immani differenze di retribuzione tra pochi superprivilegiati e tanti che vivono nel disagio. Le difficoltà che si incontrano nel diritto alle cure sanitarie per tutti. Con liste d’attesa per visite ed esami, in tempi inaccettabilmente lunghi.

 

La sicurezza della convivenza. Che lo Stato deve garantire. Anche contro il rischio di diffusione delle armi.

 

Rispetto allo scenario in cui ci muoviamo, i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere; e di cui non condividono andamento e comportamenti.

 

Un disorientamento che nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese. Debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa. Incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale.

 

In una società così dinamica, come quella di oggi, vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle speranze che coltivano. Della loro capacità di cogliere il nuovo.

 

Dipende da tutti noi far prevalere, sui motivi di allarme, le opportunità di progresso scientifico, di conoscenza, di dimensione umana.

 

Quando la nostra Costituzione parla di diritti, usa il verbo “riconoscere”.

 

Significa che i diritti umani sono nati prima dello Stato. Ma, anche, che una democrazia si nutre, prima di tutto, della capacità di ascoltare.

 

Occorre coraggio per ascoltare. E vedere – senza filtri – situazioni spesso ignorate; che ci pongono di fronte a una realtà a volte difficile da accettare e affrontare.

 

Come quella di tante persone che vivono una condizione di estrema vulnerabilità e fragilità; rimasti isolati. In una società pervasa da quella “cultura dello scarto”, così efficacemente definita da Papa Francesco.

 

Cui rivolgo un saluto e gli auguri più grandi. E che ringrazio per il suo instancabile Magistero.

 

Affermare i diritti significa ascoltare gli anziani, preoccupati di pesare sulle loro famiglie, mentre il sistema assistenziale fatica a dar loro aiuto.

 

Si ha sempre bisogno della saggezza e dell’esperienza. E di manifestare rispetto e riconoscenza per le generazioni precedenti. Che, con il lavoro e l’impegno, hanno contribuito alla crescita dell’Italia.

 

Affermare i diritti significa prestare attenzione alle esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie.

 

Significa rendere effettiva la parità tra donne e uomini: nella società, nel lavoro, nel carico delle  responsabilità familiari.

 

Significa non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti.

 

Ma ascoltare significa, anche, saper leggere la direzione e la rapidità dei mutamenti che stiamo vivendo. Mutamenti che possono recare effetti positivi sulle nostre vite.

 

La tecnologia ha sempre cambiato gli assetti economici e sociali.

 

Adesso con l’intelligenza artificiale che si autoalimenta, sta generando un progresso inarrestabile. Destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali.

 

Ci troviamo nel mezzo di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona – e nella sua dignità – il pilastro irrinunziabile.

 

Viviamo, quindi, un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci.

 

Con la partecipazione attiva alla vita civile.

 

A partire dall’esercizio del diritto di voto.

 

Per definire la strada da percorrere,  è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social.

 

Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà.

 

Libertà che, quanti esercitano pubbliche funzioni – a tutti i livelli -,  sono chiamati a garantire.

 

Libertà indipendente da abusivi controlli di chi, gestori di intelligenza artificiale o di  potere, possa pretendere di orientare  il  pubblico sentimento.

 

Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione. O dall’indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli.

 

Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità  è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro.

 

Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte.

 

Significa contribuire, anche fiscalmente. L’evasione riduce, in grande misura, le risorse per la comune sicurezza sociale. E ritarda la rimozione del debito pubblico; che ostacola il nostro sviluppo.

 

Contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della Patria, non può che suscitare orgoglio negli italiani.

 

Ascoltare, quindi; partecipare; cercare, con determinazione e pazienza, quel che unisce.

 

Perché la forza della Repubblica è la sua unità.

 

Unità non come risultato di un potere che si impone.

 

L’unità della Repubblica è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale. Uno stato d’animo; un atteggiamento che accomuna; perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace.

 

I valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza. E che appartengono all’identità stessa dell’Italia.

 

di Sergio Mattarella, presidente della Repubblica italiana

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