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ISSUE 383

Tre ragazze e una boa tech per eliminare la plastica dagli oceani

La tesi di laurea in Product Design di tre ex studentesse ventenni dello IED di Milano: Rebecca Raho, Emanuela Tarasco e Caterina Favella. Dalla loro idea è nata la startup Jelter

repubblica.it

Tre ragazze e una boa tech per eliminare la plastica dagli oceani

Hanno inventato una boa a forma di medusa per frenare la proliferazione delle microplastiche nei mari. Loro sono tre ragazze di 22 anni, colleghe universitarie che si sono appena diplomate allo IED, l'Istituto Europeo di Design di Milano. Dalla loro idea, contenuta nella loro tesi di laurea in Product Design, è nata la startup Jelter.

 

Fin da piccola Rebecca Raho, una delle tre artefici del progetto, apprende dai suoi genitori l'amore e il rispetto per l'ambiente, soprattutto del mare. "Sono cresciuta - racconta Rebecca - con mio papà che mi portava a raccogliere le conchiglie, a fare le immersioni e ad ammirare i paesaggi marini: mi sono sempre sentita molto vicino al mare e ai suoi abitanti. Oltre alla passione per il mare, loro mi hanno trasmesso anche l'amore per il design e l'arte. Sicuramente il mio percorso di studi universitario è stato molto stimolante, spronato da persone altrettanto interessanti che fin da subito ci hanno supportate nel nostro progetto, soprattutto perché il tema della sostenibilità è molto sentito all'università. È stato avvincente unire la progettazione, l'arte e il design con la sostenibilità e l'amore verso l'ambiente".

 

Jelter nasce ad ottobre del 2022 dopo una serie di ricerche sul tema della sostenibilità. Rebecca racconta:

 

Amo il mare e vederlo distrutto a causa della plastica - continua Rebecca - fa un certo effetto. È proprio ciò che non vediamo che sta annientando gli ecosistemi degli oceani, ovvero le microplastiche. I progetti attualmente esistenti si contano sulle dita di una mano, per questo abbiamo deciso di intervenire nel cercare una soluzione attiva che avesse un vero impatto sui mari. Oltre a questo, il nostro obiettivo è anche quello di fare tanta sensibilizzazione sull'argomento per rendere le persone più consapevoli.

 

Il progetto è gestito, anche dopo la tesi, da Rebecca e dalle sue colleghe, Emanuela Tarasco e Caterina Favella. "L'idea di creare una boa - sottolinea Rebecca - ci piace fin da subito per due motivi. Cercavamo innanzitutto un elemento da integrare all'infrastruttura marina che non andasse ad inquinare, anche a livello visivo, l'ambiente. Un'altra ragione deriva dalla decisione di ancorare la boa al fondale per evitarne la dispersione in mare. La nostra soluzione è quindi un sistema di filtraggio autosufficiente grazie ai pannelli solari, all'interno abbiamo sviluppato un sistema il cui elemento principale è una pompa che permette al flusso d'acqua di entrare e poi riuscire come acqua filtrata. Ad oggi abbiamo realizzato un prototipo, il primo ad essere stato testato a Fiumicino. Ci abbiamo messo circa 6 mesi per ultimarlo".

 

Le tre ragazze sono molto determinate nel portare avanti il loro progetto. Nell'ambito di Cop28, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, le tre ragazze hanno aderito alla call Prototypes for Humanity 2023, rivolta neolaureati di tutte università per progetti innovativi ad impatto sociale. "Partecipiamo - aggiunge Rebecca - ad eventi e fiere non solo per divulgare il nostro progetto, ma soprattutto per mobilitare le persone sul tema delle microplastiche nei mari. Al momento utilizziamo bandi e concorsi per finanziarci ma siamo in cerca di investitori e a breve apriremo un crowdfunding, Ci è sembrata una splendida opportunità e per questo abbiamo deciso di aderire.

 

"Prototypes for Humanity 2023" rispecchia perfettamente i nostri valori e pensiamo che il nostro progetto abbia buone probabilità di classificarsi. Al momento ci stiamo occupando esclusivamente di Jelter per cercare di rendere al massimo e migliorare il primo prototipo per poi eseguire altri test in zone inquinate".

 

Rebecca pone l'accento sul tema dell'inquinamento, non solo dei mari. "Che il pianeta - conclude Rebecca - sia in pericolo è una cosa di cui ormai siamo tutti a conoscenza. Il grande problema deriva dal fatto che, essendoci nati, continuiamo a darlo per scontato senza davvero renderci conto delle condizioni critiche in cui si trova. Il modo migliore per fare dei cambiamenti è partire dalle piccole cose e cercare di cambiare abitudini sbagliate. Questo è quello che cerco di fare anch'io nel mio piccolo".

 

Agostina Delli Compagni

 

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