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ISSUE 388

Ecocidio: cos’è la norma europea che introduce il reato di crimini contro la natura

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Ecocidio: cos’è la norma europea che introduce il reato di crimini contro la natura

Di fatto, l’Unione Europea ha introdotto il reato di ecocidio nel diritto comunitario. La nuova direttiva, concordata a novembre dagli organi dell’UE, è stata approvata con 499 voti favorevoli, 100 contrari e 23 astensioni. Ora, chi commette alcuni crimini contro la natura rischia fino a 10 anni di reclusione. Per ecocidio, secondo una delle definizioni esistenti, si intende un illecito a spese di ecosistemi marini e terrestri, alla loro flora e fauna e l’impatto che ne deriva. Nella fattispecie, rientreranno crimini quali il commercio illegale di legname, l’esaurimento delle risorse idriche e le gravi violazioni della legislazione in materia di sostanze chimiche. E ancora: la gestione illecita dei rifiuti pericolosi e dei materiali radioattivi, il commercio illegale di specie selvatiche e la contaminazione delle acque. Chi si macchierà di queste e altre tipologie di reati ambientali – ha reso noto Bruxelles – sarà punibile con la reclusione, a seconda della durata, della gravità e della reversibilità del danno. Successivamente alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’UE, gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepire le norme nel diritto nazionale.

 

Una vittoria per l’ambiente e per tutti quei movimenti che da anni chiedono una revisione in questo senso della vecchia direttiva UE sui crimini ambientali. L’introduzione del reato di ecocidio era infatti tra le richieste di molti movimenti ecologisti e per la tutela dei territori anche in Italia. Tuttavia, va specificato che quello che è stato introdotto nella giurisdizione europea è il concetto di ecocidio e non il termine in sé. Per comprendere come si è arrivati a questo punto, bisogna ripercorrere i punti salienti dell’iter legislativo comunitario. Un anno fa, l’UE aveva approvato un primo testo che puntava al riconoscimento del crimine di ecocidio, però poi i negoziati sono rimasti fermi al palo per molto tempo. Solo a novembre 2023, grazie ad una proposta della presidenza di turno spagnola del Consiglio dell’UE, è stata trovata una via d’uscita. Ovvero, la revisione della direttiva relativa alla protezione dell’ambiente non avrebbe più citato esplicitamente il termine “ecocidio”, ma avrebbe introdotto un’infrazione definita “qualificata” allo scopo di incriminare i reati ambientali più gravi. Con l’approvazione definitiva avvenuta di recente, che si tratti di persone fisiche e rappresentanti d’impresa, questi reati qualificati saranno punibili con un massimo di otto anni. Chi causerà la morte di una persona rischierà fino a 10 anni e, per tutti gli altri reati, cinque anni. Per quanto riguarda le sanzioni, gli Stati membri potranno optare tra sanzioni ad importi fissi o su percentuale del fatturato globale dell’impresa. In generale, le sanzioni sono state tutte inasprite, incluso l’obbligo di ripristinare l’ambiente danneggiato, l’obbligo di risarcire il danno irreversibile, l’esclusione dall’accesso a finanziamenti pubblici, procedure di gara, sovvenzioni e concessioni, così come il ritiro di permessi e autorizzazioni.

 

Precauzione, azione preventiva, correzione alla fonte dei danni causati all’ambiente e “chi inquina paga”: sono questi i principi cardine che hanno ispirato la revisione della direttiva sui reati ambientali. Le nuove norme fissano anche la soglia qualitativa o quantitativa che è necessario oltrepassare affinché una determinata condotta costituisca reato, punendo solo condotte intenzionali o commesse con colpa grave. È però considerata reato anche la condotta autorizzata, laddove l’autorizzazione sia stata ottenuta in modo fraudolento, con corruzione, estorsione o coercizione. Il responsabile sarà inoltre punibile anche se l’autorizzazione, rilasciata in modo legale, vada in palese contrasto con “i pertinenti requisiti giuridici sostanziali, o il titolare non rispetti tutti gli obblighi previsti dall’autorizzazione o altri obblighi giuridici pertinenti non contemplati dall’autorizzazione”. Degna di nota poi l’introduzione del reato di immissione sul mercato di un prodotto il cui impiego su vasta scala comporti lo scarico, l’emissione o l’introduzione di un quantitativo di materiali, sostanze, energia o radiazioni ionizzanti nell’aria, nel suolo o nelle acque e possa provocare danni rilevanti all’ambiente o alla salute umana. Infine, tolleranza zero per i reati ambientali commessi dalla criminalità organizzata e per quelli realizzati attraverso forme di corruzione con le istituzioni, e con la tolleranza delle stesse.

 

Il termine “ecocidio” fa la sua comparsa negli anni Settanta nel corso della Conferenza sulla guerra e la responsabilità nazionale di Washington. La paternità del termine viene riconosciuta al biologo statunitense Arthur Galston, il quale lo utilizzò nel 1970 per descrivere i danni causati dal cosiddetto “agente arancio”, un defoliante che l’esercito USA sparse in enormi quantità sulle foreste tropicali durante la guerra del Vietnam. Tre anni dopo, Richard Falk, docente di Diritto internazionale, contestualizzò il termine a livello legale per la prima volta, definendo ecocidio “la distruzione consapevolmente perpetrata di un ambiente naturale“. Più di recente, grazie ad un gruppo di lavoro formato da avvocati e legali internazionali riuniti nella coalizione Stop Ecocide International, la definizione giuridica di ecocidio ha preso la forma attuale, ovvero, “atti illegali o sconsiderati compiuti con la consapevolezza di una significativa probabilità che tali atti causino danni all’ambiente gravi e diffusi o di lungo termine”. Contestualmente alla definizione del reato, il gruppo ha anche chiesto che l’ecocidio venga aggiunto ai crimini di cui si occupa la Corte penale internazionale dell’Aja, insieme ai crimini di guerra, ai crimini contro l’umanità e ai genocidi. Perché, d’altronde, è questa la differenza fondamentale tra un semplice reato ambientale ed un ecocidio. Quest’ultimo introduce infatti un nuovo principio morale per cui i danni gravi alla natura sono sullo stesso livello dei danni gravi alle persone. Ma per l’organizzazione Stop Ecocide International, il crimine internazionale di ecocidio permetterebbe anche di arrestare e rendere perseguibili penalmente le persone accusate di «finanziare, permettere o causare gravi danni ambientali». Una questione decisamente spinosa, a maggior ragione in fase applicativa. Ad oggi, infatti, molte attività notoriamente deleterie per l’ambiente sono del tutto legali, come è il caso dell’estrazione petrolifera mediante fratturazione idraulica. In generale, che il nuovo reato trovi effettivamente la strada spianata per perseguire chi danneggia gravemente l’integrità ecologica del Pianeta è tutt’altro che scontato. L’UE, d’ora in poi, sarà un sorvegliato speciale.

 

Simone Valeri

 

 

Photo: 12019 

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