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ISSUE 388

Non ci sono “rifiuti” alla Milano Fashion Week

nonsoloambiente.it

Non ci sono “rifiuti” alla Milano Fashion Week

Tra collezioni di upcycling e installazioni provocatorie, la settimana della moda milanese ha parlato di sostenibilità sulle passerelle.

 

Una Milano Fashion Week che ha fatto della sostenibilità il suo vessillo. La settimana della moda donna conclusasi lo scorso 26 febbraio è stata, almeno nelle forme di protesta e nella comunicazione, fortemente improntata a messaggi di sostenibilità ambientale e umana. La manifestazione è partita con la provocatoria installazione – realizzata da Factanza Media e Fondazione CESVI – che rappresentava un’auto demolita da chicchi di grandine giganteschi. Su tutto campeggiava la scritta Climate change doesn’t exist: un messaggio che non ha bisogno di molte spiegazioni.

 

Sostenibilità, know-how e nuove generazioni

 

Ma sono state le passerelle il luogo in cui si è avvertita maggiormente l’impronta ambientalista. From trash to flash è la collezione che Afro Fashion ha portato alla Milano Fashion Week e, già dal titolo, lascia presagire un forte orientamento green. La capsule collection parte dal denim riciclato per arrivare al cashmere e ribadire la necessità di un ponte che unisca sostenibilità e dimensione sartoriale. In realtà, questa collezione è un’esperienza più ampia e articolata che precede la presentazione dei capi. Un progetto che si è basato sul coinvolgimento di studenti e studentesse dell'Accademia del Lusso e dell'Accademia di Belle Arti LABA Douala. L’esperienza ha avuto inizio proprio a Douala, città del Camerun, dove i giovani designer hanno selezionato i capi in denim raccolti nei mercatini. Come già visto con esperienze virtuose di aziende e associazioni sui territori, rivolgersi ai più giovani con attività di sensibilizzazione è essenziale. Significa dare profondità e coerenza al tema ambientale, ma anche avere a che fare con una cassa di risonanza sociale. Non solo: il coinvolgimento delle nuove generazioni si ammanta di un’ulteriore valenza simbolica. Equivale a mettere in comunicazione territori e tradizioni, passaggio di testimone metaforico tra l’artigianato e le tecnologie del presente.

 

L’upcycling contro l’idea del “rifiuto”

 

Non è la prima collezione che passa dalla Milano Fashion Week e si basa sulla sostenibilità umana e ambientale. Lo scorso anno, ad esempio, Prism ha portato in passerella la sua idea di moda circolare. Mentre le presentazioni 2024 hanno visto lo show del brand Avavav svolgersi su una passerella coperta di rifiuti. Una sfilata che ha acceso i riflettori sulla polisemia del rifiuto, facendolo diventare allegoria dell’odio social. È stato inevitabile, però, pensare alla contraddizione tra il mondo patinato della moda e la quantità di rifiuti che esso produce. Anche sul fronte delle collezioni maschili, Simon Cracker continua il suo lavoro di recupero dei materiali. Con l’ultima collezione presentata lo scorso gennaio si dichiara la centralità dell’upcycling nella sua essenza di essere “un mezzo, ma non un fine”. Il brand, infatti, continua a sovvertire la retorica legata al riuso, collocando i materiali in una posizione preminente e sradicando il concetto di “scarto”.

 

Moda e proteste

 

Spesso, le settimane della moda di tutto il mondo sono l’occasione per far alzare un grido di protesta. Denunce portate avanti in modo spettacolare, capaci di attirare l’attenzione di media e singoli partecipanti per far arrivare un messaggio in modo più capillare e incisivo. La settimana della moda berlinese, che si è svolta dal 5 all’8 febbraio, ha visto scendere in piazza Greenpeace per protestare contro il sistema moda. Gli attivisti hanno portato con sé 4.6 tonnellate di vestiti: le stesse che ogni settimana vengono conferite in Ghana e negli altri Paesi vittime del fast fashion occidentale. Un problema che non è solo ambientale, ma anche sociale e politico, la cui risoluzione richiede un rallentamento nei ritmi produttivi e nelle attitudini di distribuzione e acquisto.

 

Incentivare l’acquisto di capi in base alla loro stagionalità, però, è proprio l’essenza della Milano Fashion Week e delle settimane della moda di tutto il mondo. Manifestazioni che non esauriscono con questo il loro impulso alla iper-produzione di capi di abbigliamento. Anzi: le fashion week si accompagnano, come se non bastasse, a un turbinio di eventi dedicati ad appassionati e addetti ai lavori.

 

Presentazioni collaterali e feste, inevitabilmente, si traducono in una rassegna di outfit pensati per queste occasioni esclusive. Insomma, già ripensare la moda al di là delle collezioni stagionali appare futuristico. Il sistema è ben più articolato di ciò che appare come punta dell’iceberg e immaginare di rivoluzionarlo in pochi e semplici passaggi risulta quantomeno ingenuo. Perciò, ben vengano i messaggi forti in passerella, accompagnati da provocazioni e installazioni che non lascino indifferenti. A patto, però, di agire davvero, dopo.

 

Letizia Dabramo

 

Photo: Michael Lee

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Rassegna del 15 Marzo, 2024

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