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ISSUE 417

Niente più rischio deforestazione per Brasile e Indonesia: parola di Unione europea

La lista dei Paesi ad alto rischio deforestazione prevista dal regolamento europeo Eudr escluderebbe i più colpiti: Brasile e Indonesia

valori.it

Niente più rischio deforestazione per Brasile e Indonesia: parola di Unione europea

Agli occhi dell’Unione europea, Brasile e Indonesia non sarebbero più ad alto rischio deforestazione. I dati del Global Forest Watch dicono che, sui 3,7 milioni di ettari di foresta tropicale primaria persi nel 2023, 1,14 erano in Brasile e 0,29 in Indonesia. Nonostante ciò, i due Paesi non figurano nella lista degli “osservati speciali” prevista dal regolamento europeo sulla deforestazione (Eudr).

 

Brasile e Indonesia non sono più ad alto rischio di deforestazione?

 

L’obiettivo della norma è quello di vietare la vendita entro i confini dell’Unione (o l’esportazione) di prodotti provenienti da terreni deforestati dopo il 2020. Per questo, impone a operatori e commercianti di effettuare la due diligence su cacao, caffè, soia, olio di palma, carne bovina, legno e gomma, più i loro derivati. Regole di tracciabilità che diventano più o meno stringenti a seconda del Paese d’origine.

 

Il processo di attuazione dell’Eudr prevede, dunque, di classificare i Paesi in tre categorie a seconda del rischio di deforestazione: alto, standard e basso. La pubblicazione dell’elenco è prevista entro la fine di giugno 2025. Intanto però Euractiv ha raccolto le voci di tre diplomatici europei secondo i quali soltanto Bielorussia, Corea del Nord, Myanmar e Russia figurerebbero nella lista dei Paesi ad alto rischio che dovranno fornire la geolocalizzazione delle coltivazioni da parte degli agricoltori, corredata da foto satellitari. Secondo quanto riportato da Euractiv, l’analisi negli ultimi due anni ha suscitato molti malumori diplomatici. Proprio per questo, i Paesi più polemici – Brasile, Indonesia e Malesia, appunto – sarebbero stati esclusi.

 

Il criterio adottato è tutt’altro che ambientale

 

Il criterio adottato sarebbe stato tutt’altro che ambientale. Guardando agli Stati classificati negativamente, salta agli occhi che subiscono già sanzioni da parte dell’Unione europea o dall’Onu. Che il criterio sarebbe stato questo era un’ipotesi già ventilata da una serie di documenti che la Commissione ha prodotto lo scorso anno. Facendo insorgere 40 organizzazioni non governative che hanno chiesto che la classificazione «rifletta oggettivamente i reali rischi per i diritti umani e per l’ambiente».

 

Global Witness ha criticato la lista trapelata e definito deplorevole l’assenza del Brasile. Sottolineando che «la crisi della deforestazione sta colpendo foreste essenziali per il clima in Amazzonia». Alain Karsenty, ricercatore del centro di ricerca francese Cirad, ha dichiarato a Novethic che i criteri europei derivano dal contesto generale di indebolimento delle normative ambientali. E di ricerca di alleanze più salde, viste anche le politiche commerciali aggressive degli Stati Uniti.

 

Secondo lo studioso, l’interesse principale in questo momento è evitare contrasti con i partner principali. Tra questi proprio gli Stati Uniti che, insieme a Brasile e Germania, hanno sempre criticato la proposta di regolamento. Proprio queste pressioni hanno portato al rinvio di un anno dell’attuazione, prevista ora per il 30 dicembre 2025 per le imprese medie e grandi e per il 30 giugno 2026 per quelle micro e piccole.

 

Rita Cantalino

 

Photo: wirestock on freepik.com

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