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ISSUE 315

Piano Biden, obiettivo elettricità senza emissioni di carbonio al 2035

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Piano Biden, obiettivo elettricità senza emissioni di carbonio al 2035

Il presidente americano Biden ha presentato il 31 marzo un piano di rilancio per uscire dalla crisi causata dalla pandemia da Covid-19 che fissa anche l’obiettivo di produrre elettricità 100% senza emissioni di carbonio al 2035.

 

Si tratta di una rivoluzione energetica che avrà effetti rilevanti per il clima (porta a tagliare circa 1,7 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2), che affianca l’iniziativa dell’Unione Europea e rafforza quella internazionale per il clima in vista della COP 26 di Glasgow.

 

Nel 2019, prima della pandemia, – secondo il rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia, WEO 2020 – gli Usa hanno prodotto 4.371 miliardi di Kilowattora (TWh): il 25% col carbone, il 37% col gas naturale, il 19% con il nucleare, l’1% con l’olio combustibile e solo il 18% con fonti rinnovabili (il 6% idroelettrico, il 7% eolico, il 2% solare e il 2% con biomasse e l’1% geotermico).

 

Il Piano Biden prevede, nel quadro della decarbonizzazione dell’elettricità, anche un aumento del ricorso al nucleare. Secondo il citato rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, con i programmi in corso prima del Piano Biden, compresa la costruzione di 2 nuovi reattori AP1000, negli Usa la potenza nucleare installata, per l’arresto di vecchie centrali non sostituite, diminuirebbe dai 101 GW attuali a 91GW nel 2030 e la percentuale dell’elettricità fornita dalle centrali nucleari scenderebbe dal 19% del 2019 al 16% al 2030.

 

Date le difficoltà di localizzazione e di autorizzazione, gli alti costi, le difficoltà di finanziamento e i tempi lunghi di costruzione, quanto potrà aumentare il nucleare negli Usa nei prossimi 15 anni? Il Piano Biden non fornisce indicazioni per valutare la dimensione di questa crescita.

 

Il Piano Biden prevede, inoltre, anche un grosso sforzo per la cattura della CO2, sia negli impianti di generazione, sia dall’atmosfera. Le tecnologie di cattura del carbonio hanno fino ad ora incontrato problemi sia di costi (energetici oltre che economici) sia di efficacia e sicurezza (per gli stoccaggi geologici) sia tecnologici (per le tecniche di utilizzo del carbonio catturato). Un consistente impegno di ricerca e un aumento degli investimenti potrà probabilmente generare novità per l’uso delle tecnologie di cattura, ma è improbabile che queste possano essere applicate, entro i prossimi 15 anni, in modo consistente alle numerose centrali americane alimentate con combustibili fossili: con una potenza equivalente a 800 centrali termoelettriche da 1.000 MW che generano il 63% dell’elettricità prodotta.

 

La gran parte di quelle centrali a carbone e a gas, entro il 2035, dovrà quindi essere chiusa e non dovrà essere sostituita con altre alimentate con combustibili fossili. Anche applicando misure di efficienza energetica, i consumi, per i maggiori impieghi  di elettricità, aumenteranno al 2035.

 

L’obiettivo dell’elettricità 100% priva di emissioni di carbonio richiederà quindi di moltiplicare i 768 TWh di elettricità da fonte rinnovabile, prodotti nel 2019 negli Usa, almeno per 3 o 4 volte, anche ipotizzando un aumento del nucleare e un successo  delle tecnologie di cattura del carbonio.

 

I costi delle rinnovabili sono già diminuiti notevolmente e sono ormai competitivi con i fossili. Una simile enorme crescita delle rinnovabili comporterà un gigantesco sforzo industriale per la produzione e l’ installazione di un gran numero di impianti e rilevanti investimenti nelle reti e negli accumuli che, infatti, godono di notevoli risorse nel Piano Biden. Tutto ciò genererà anche una grande quantità di nuova occupazione che compenserà ampiamente quella che si perderà nella chiusura delle centrali a carbone e a gas.

 

Edo Ronchi

 

 

Photo: Egor Shitikov

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