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ISSUE 376

Unesco, salgono a 59 i siti italiani: entrano nella Lista i Gessi emiliano-romagnoli. Il Belpaese rimane al primo posto

UNCESCO, salgono a 59 i siti italiani: entrano nella lista i gessi Emiliano-Romagnoli. Il Belpaese rimane al primo posto

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Unesco, salgono a 59 i siti italiani: entrano nella Lista i Gessi emiliano-romagnoli. Il Belpaese rimane al primo posto

Salgono a 59 i siti italiani nella lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco. Il Comitato internazionale dell’Unesco riunito a Riad, in Arabia Saudita, ha dato il via libera all’ingresso dei Gessi e delle grotte dell’Appennino emiliano-romagnolo nella lista dei beni naturali del Patrimonio mondiale.

 

Un’area estesa quasi 3700 ettari che comprende le gotte di gesso salino più grandi del pianeta, le prime ad essere esplorate e studiate nella storia.

 

Il sito si trova in Emilia-Romagna ed è composto da sette aree distribuite nelle province di Reggio Emilia, Bologna, Ravenna e Rimini: l’Alta Valle Secchia (Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano), la Bassa Collina Reggiana (Paesaggio Protetto della Collina Reggiana), i Gessi di Zola Predosa (sito Natura 2000), i Gessi Bolognesi (Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa), la Vena del Gesso Romagnola (Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola), le Evaporiti di San Leo (sito Natura 2000) e i Gessi della Romagna Orientale (Riserva Naturale Regionale di Onferno). Oltre 900 grotte, alte fino a 250 metri, di cui al momento solo cinque sono visitabili.

 

La relazione tecnica dell’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) ha riconosciuto le caratteristiche di unità e unicità del sito, rilevando due possibili criticità: una riguarda un sito minerario situato vicino ai confini dell’area, ossia la miniera di sale di Monte Tondo, e un’altra la minaccia del “sovra-turismo”. In risposta alle obiezioni, la delegazione italiana ha spiegato che le uniche cinque grotte visitabili sono solo accessibili al pubblico su prenotazione e senza l’uso di luci artificiali, garantendo che la gestione dell’area non cambierà. Per quanto riguarda la miniera invece, le concessioni sono state bloccate da tempo e gli scavi termineranno nei prossimi anni per esaurimento della materia prima. Il comitato ha quindi approvato all’unanimità la candidatura.

 

Con questo nuovo ingresso, sono saliti a 59 i siti italiani del Patrimonio dell’Umanità Unesco. L’Italia si conferma ancora il primo paese per numero di siti, con due in più rispetto ai 57 della Cina, che negli ultimi anni ha insidiato il primato del Belpaese. Domenica scorsa Pechino aveva ottenuto il via libera alla candidatura delle Foreste di tè della montagna di Jingmai, Pu’er, Yunnan. In terza posizione la Germania con 52, con l’ingresso della Erfurt medievale ebraica.

 

Marco Nepi

 

 

 

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